Il 4 aprile a Samarcanda, antica città di seta e sabbia, si è tenuto un vertice che potrebbe segnare un momento di svolta per la diplomazia economica europea. L’Unione Europea ha incontrato, per la prima volta in un contesto multilaterale strutturato, i cinque Paesi dell’Asia Centrale, cioè Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan, siglando una nuova partnership strategica incentrata su commercio, energia e risorse critiche.
Un incontro che potrebbe sembrare marginale nell’intricata scacchiera geopolitica contemporanea, ma che in realtà riflette due tra le urgenze più drammatiche della politica estera europea: emanciparsi dalla dipendenza energetica dalla Russia e affrancarsi, almeno parzialmente, dall’espansione pervasiva della Cina nella regione eurasiatica.
A Samarcanda l’Ue si è presentata con i suoi pezzi da novanta: Ursula von der Leyen, Antonio Costa, la presidente della BERD Odile Renaud-Basso e una delegazione della BEI. In valigia, un pacchetto da 12 miliardi di euro targato Global Gateway, la risposta europea alla Belt and Road cinese, e la promessa di accelerare lo sviluppo del Corridoio di Trasporto Trans-Caspico (TCTC), rotta commerciale lunga 6.500 km che collega la Cina all’Europa passando per l’Asia Centrale e il Caucaso, aggirando la Russia.
Non è un caso se l’interesse europeo esplode proprio ora. La guerra in Ucraina ha infranto l’illusione di una Russia affidabile e prevedibile; la Cina, con la sua espansione silenziosa ma costante, ha lasciato poco spazio di manovra in Africa, Asia e persino in America Latina. L’Asia Centrale – snodo strategico tra Mosca e Pechino, sede di immense risorse minerarie e crocevia energetico – è diventata improvvisamente l’anello mancante nella strategia di “diversificazione geopolitica” di Bruxelles.
I leader locali da parte loro mostrano disponibilità ma non entusiasmo. Come ha sottolineato il vicepremier kirghiso Edil Baisalov, è un momento “storico”, ma segnato da realismo. Le aspettative nei confronti dell’Europa restano caute: il passato insegna che l’UE è spesso generosa nei proclami e timida nei trasferimenti di fondi concreti.
Il corridoio Trans-Caspico rappresenta il cuore logistico della cooperazione. Un’infrastruttura ancora fragile, con porti sottodimensionati e confini poco funzionali, che necessita di massicci investimenti per diventare davvero l’alternativa alla via settentrionale russo-cinese. Il presidente uzbeko Mirziyoyev ha proposto un piano d’azione congiunto per rafforzare il corridoio e sincronizzarlo con la strategia europea. Il messaggio è chiaro: per avere accesso alle risorse, Bruxelles dovrà pagare in anticipo, e bene.
E di risorse si parla. Il Kazakistan ha appena scoperto un nuovo giacimento di metalli rari da un milione di tonnellate. L’intera regione custodisce tesori energetici e minerari vitali per la transizione ecologica europea. Ecco perché, nel contesto del vertice, l’Ue ha firmato una dichiarazione d’intenti con l’Uzbekistan sui materiali critici, e ha annunciato l’apertura di un ufficio regionale della BEI a Tashkent. Non è cooperazione, è corsa all’oro, quello tecnologico.
Ma il nodo politico non si scioglie così facilmente. I Paesi dell’Asia Centrale restano strettamente intrecciati con Mosca, sia per ragioni economiche che di sicurezza. E, come ricordano alcuni analisti, sono stati spesso utilizzati come canali di elusione delle sanzioni europee contro la Russia. La diplomazia delle merci vietate ha fatto gola a molti governi della regione. E anche la Cina, nonostante il raffreddamento retorico, resta il primo partner commerciale per la maggior parte di questi Paesi.
L’Europa può diventare un terzo polo, ma deve fare in fretta e con convinzione. Non bastano le conferenze stampa e i fondi stanziati: servono infrastrutture, visione strategica e continuità. Altrimenti, il Corridoio Trans-Caspico resterà solo un tratto di sabbia tra due imperi.
Nel frattempo, qualcosa si muove anche sul fronte interno alla regione. Kirghizistan, Tagikistan e Uzbekistan hanno finalmente siglato un trattato sui confini, risolvendo una disputa post-sovietica che per anni ha alimentato tensioni e scontri locali. Un segnale importante: se l’Asia Centrale inizia davvero a fare sistema, allora il suo valore geopolitico aumenterà, e con esso anche il peso delle scelte da compiere. Tra Russia, Cina e Unione Europea, la partita è appena cominciata.
FONTE: https://www.notiziegeopolitiche.net/ue-il-sogno-del-terzo-polo-colloqui-con-lasia-centrale/
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