La recente visita dei ministri degli Esteri Jean-Noel Barrot e Annalena Baerbock in Siria rappresenta un momento cruciale per la politica estera europea e per il futuro di una regione devastata da anni di guerra civile. La caduta del regime di Bashar al-Assad, avvenuta l’8 dicembre 2024, ha creato un vuoto di potere che l’Europa sembra intenzionata a colmare, cercando di ristabilire una forma di dialogo con i nuovi leader del Paese, nonostante la loro controversa natura. Questo incontro non è solo un atto diplomatico, ma un calcolo politico estremamente rischioso.
Un approccio pragmatico o compromesso morale?
La scelta di Barrot e Baerbock di incontrare Abu Mohammad al-Jolani, al secolo Ahmad al-Sharaa, leader di Hayat Tahrir al-Sham (HTS), è carica di implicazioni. L’HTS, un gruppo classificato come terroristico dall’Unione Europea, è riuscito a prendere il controllo del Paese grazie a un’offensiva militare rapida e coordinata. Tuttavia, i dubbi sulla capacità dell’HTS di trasformarsi in un attore politico moderato e inclusivo restano enormi. La visita può essere letta come un tentativo di sfruttare un’apertura politica, ma rischia di legittimare un gruppo con un passato segnato da violenze e ideologie estremiste. In questo contesto, l’approccio europeo riflette una strategia pragmatica. Dopo anni di marginalizzazione politica e di sanzioni, l’UE sembra riconoscere che ignorare la nuova leadership siriana potrebbe precludere qualsiasi forma di influenza sul futuro del Paese. Tuttavia, questa scelta solleva interrogativi morali: è giustificabile dialogare con un attore come l’HTS pur di garantire la stabilità regionale e la sicurezza europea?
Le implicazioni geopolitiche
Questa mossa arriva in un momento di estrema complessità geopolitica. La fuga di Assad in Russia pone Mosca in una posizione ambigua: privata di un alleato chiave in Medio Oriente, ma potenzialmente pronta a sfruttare il caos per rinegoziare il proprio ruolo nella regione. La visita dei due ministri segna un tentativo di consolidare la presenza europea in Siria, in un momento in cui gli Stati Uniti sembrano concentrati su altre priorità globali, come la competizione con la Cina e il contenimento della crisi in Ucraina.
Inoltre, la Germania e la Francia sono sotto pressione interna per affrontare la questione dei rifugiati siriani. Con quasi un milione di cittadini siriani in Germania, molti dei quali con status di rifugiato, un processo di stabilizzazione politica in Siria potrebbe rappresentare un primo passo verso il rimpatrio volontario di parte di questa popolazione. Tuttavia, il blocco delle richieste di asilo imposto da Berlino subito dopo la caduta di Assad dimostra che l’Europa intende adottare una linea dura, nonostante le promesse di inclusività .
Un delicato gioco di equilibri
Barrot e Baerbock hanno cercato di bilanciare le esigenze di sicurezza con quelle di giustizia, visitando il carcere di Saydnaya, simbolo delle atrocità del regime di Assad. La loro condanna delle violazioni dei diritti umani e la richiesta di distruggere gli arsenali chimici ereditati evidenziano un tentativo di porre condizioni concrete per l’avvio di un dialogo costruttivo. Tuttavia, queste richieste rischiano di essere percepite come ingerenze dai nuovi leader siriani, complicando ulteriormente la già fragile relazione.
Conclusione
La visita dei ministri francese e tedesco è un passo significativo ma rischioso. L’Europa cerca di posizionarsi come un attore chiave nella ricostruzione siriana, ma la scelta di dialogare con un gruppo come l’HTS rischia di alienare alleati e compromettere la propria credibilità morale. In un Medio Oriente sempre più frammentato, ogni mossa diplomatica deve essere calcolata con estrema attenzione per evitare di alimentare ulteriormente le tensioni.
FONTE: https://it.insideover.com/politica/sdoganare-al-jolani-la-rischiosa-diplomazia-europea-in-siria.html
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