Tutto ebbe inizio nel luglio del 2011, quando mio padre, di ritorno in auto dal mare, mi consigliò vivamente di iniziare a scrivere di musica. In un primo momento, per una mia questione caratteriale, ero piuttosto titubante. Poi, grazie al suo sprone e alla generosità, alla stima e all'affetto di Nando Perrone, giornalista di grande esperienza, ho cominciato a scrivere sul suo portale ManduriaOggi principalmente proprio di musica, jazz nello specifico. Ma c'è un'altra figura fondamentale che ha contribuito enormemente alla mia nascita e crescita professionale: il critico musicale Daniele Camerlengo. Lui, ormai oltre dieci anni fa, mi ha sempre invogliato a scrivere e a occuparmi di jazz a livello professionale. In realtà, ci sono anche tanti altri colleghi che credevano e credono in me, ma la lista sarebbe troppo lunga. Daniele, però, è stato di vitale importanza. Il giornalismo sportivo, invece, è una passione immensa, mentre l'ufficio stampa specializzato in jazz è un vero e proprio lavoro, esattamente come il giornalismo musicale. La vera motivazione è sempre la stessa da tredici anni: una passione smisurata che mi permette di smuovere mari e monti.
Nell’ambito musicale, collabori principalmente con artisti e realtà legati al mondo del jazz. Cosa ti ha fatto appassionare a questo genere musicale?
Diciottenne, mi imbattei in un video in "Piano Solo" di Oscar Peterson, uno fra i più grandi pianisti jazz di sempre. Nacque tutto da lì. Ricordo come fosse ieri che rimasi letteralmente folgorato dal suo pianismo, dal suo travolgente senso dello swing, dalla sbalorditiva padronanza strumentale, dalla sua enciclopedica conoscenza della grammatica jazzistica. Poi, negli anni successivi, ho approfondito l'ascolto di altri giganti come Bill Evans, Thelonious Monk, John Coltrane, Herbie Hancock, McCoy Tyner, Charlie Parker, Miles Davis, Chet Baker, Freddie Hubbard, Keith Jarrett, ma giusto per fare un elenco immediato. Anche in questo caso, la lista sarebbe infinita.
Hai lavorato e lavori con musicisti jazz importanti, sia quelli conosciuti a livello nazionale, internazionale ed emergenti. Quali ritieni che siano le collaborazioni più interessanti, o importanti per te, sia a livello strettamente musicale che personale?
Faccio una doverosa premessa: soprattutto quando lavoro in qualità di ufficio stampa, per me i musicisti non sono mai "clienti". Sono artisti. Con tutti cerco sempre di instaurare un rapporto umano fondato sulla sincerità, generosità, sul rispetto reciproco, in modo tale che anche sul piano professionale si possa viaggiare sulla stessa lunghezza d'onda. Sia i jazzisti blasonati a livello internazionale, nazionale, così come gli emergenti, mi hanno sempre gratificato appieno sia sotto l'aspetto lavorativo che dal punto di vista umano. Ad oggi, dopo tredici anni di lavoro, posso ritenermi davvero soddisfatto di tutte le esperienze che ho vissuto.
Come ufficio stampa hai seguito diversi e importanti artisti, sia come freelance che collaborando con importanti agenzie musicali come la Red&Blue Music Relations. Parlaci un po’ di queste esperienze
Da ufficio stampa mi occupo anche della comunicazione e della promozione di svariati e prestigiosi festival jazz: Francavilla è Jazz, Termoli Jazz e Gaiajazz Musica & Impresa rappresentano le collaborazioni più longeve. Con Alfredo Iaia e Roberto Passaro, il primo direttore artistico di Francavilla è Jazz, il secondo responsabile organizzativo del festival, ho un rapporto idilliaco che dura da dieci anni. Anche con Michele Macchiagodena, deus ex machina di Termoli Jazz, ho costruito nel tempo una bella amicizia. Stessa identica cosa per Gaiajazz Musica & Impresa, festival diretto artisticamente da Antonio Faraò, uno fra i più grandi pianisti jazz italiani in ambito mondiale con il quale sono felice di avere uno splendido rapporto. Per questa rassegna veneta devo ringraziare calorosamente anche Laura Finotto, presidente dell'Associazione Culturale Dotmob che organizza Gaiajazz Musica & Impresa. Senza togliere assolutamente nulla agli altri festival con cui ho avuto felicemente modo di collaborare, queste tre realtà, anche umanamente, sono per me motivo di orgoglio. Quanto alla Red&Blue Music Relations, è stata un'esperienza molto interessante e formativa per diversi aspetti.
Il jazz è raramente rappresentato nell’odierno mainstream musicale, ma tuttavia gode di una sempre viva popolarità e un crescente interesse da parte di cultori e appassionati di musica. Qual è la tua opinione sull’attuale stato che interessa proprio questa musica?
Il jazz viene considerato un genere elitario, ma in realtà non è esattamente così. Negli Stati Uniti, ad esempio, è molto più diffuso di quanto si possa solo lontanamente immaginare. Ma lo è anche in Francia, in Olanda e non solo. In Italia, invece, sta crescendo il numero di festival, rassegne e kermesse. Però, purtroppo, spesso le scelte scellerate e scriteriate di alcuni sedicenti direttori artistici, specie nel nostro Paese, stridono fortemente con ciò che dovrebbe essere e rappresentare davvero il jazz. Ad ogni modo, senza fomentare polemiche pleonastiche, guardando il bicchiere mezzo pieno, ritengo che tutto sommato si possa registrare una lieve crescita in fatto di divulgazione della cultura jazzistica. In Italia, ovviamente.
Cos’è per te il jazz e quanto ritieni importante la musica, anche a livello personale?
Per me è fonte di gioia, è nutrimento emozionale. Il jazz è un genere musicale che ti pervade fino a toccare e scaldare le corde interiori, quelle più recondite.
Quali sono i tuoi artisti preferiti e quali reputi siano le realtà più interessanti al giorno d’oggi?
Alcuni li ho citati prima. Oggi, nel mondo, ci sono tanti jazzisti di valore assoluto. Credo che ci siano molti giovani musicisti jazz di puro talento che, nell'arco dei prossimi cinque-dieci anni, potranno veramente imporsi ad alti livelli sia sui palchi nazionali che su quelli internazionali. Stavolta non faccio nomi. Preferisco così.
Oltre alla musica, ti occupi anche di calcio. Parlaci di quest’altra tua passione
Come dico sempre, per fare una battuta, ho iniziato prima a vedere partite di calcio che a leggere e scrivere. Scherzi a parte, il calcio è una passione inesauribile che mi accompagna dal 1993. E per me, nato nel 1987, è una vita. Mi è stata trasmessa in particolare dal mio adorato nonno paterno. Poi, negli anni, è cresciuta sempre più, tanto da occuparmene in veste di giornalista sportivo. Così come il jazz, il calcio è la mia vita.
Quali sono i calciatori che reputi maggiormente degni di nota, sia attuali e soprattutto storici?
Senza dubbio alcuno, Alessandro Del Piero è stato il mio amore calcistico più grande in assoluto. Anche in questo caso, ci sono troppi giocatori che mi hanno fatto innamorare di questo sport. Per cui, è letteralmente impossibile menzionare tutti quelli che ho profondamente amato. Ma su Del Piero, senza pensarci nemmeno una frazione di secondo, ribadisco quello che ho detto: lui, per me, è il calcio!
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