La Siria, osservata dal punto di vista del sistema internazionale, rappresenta un caso emblematico di come le dinamiche globali e regionali si intersechino per creare un microcosmo geopolitico di straordinaria complessità. In una prospettiva comparativa, è possibile analizzare il conflitto siriano attraverso alcune chiavi di lettura che ne mostrano le implicazioni strategiche per il Medio Oriente e per l’ordine globale.
Un confronto interessante emerge tra il conflitto siriano e la guerra in Ucraina, due crisi che, pur avendo radici differenti, rivelano somiglianze profonde nel loro impatto sull’equilibrio geopolitico globale. Entrambe sono diventate teatri di scontro tra grandi potenze: in Siria, la Russia e l’Iran sostengono il regime di Assad contro l’influenza occidentale e turca; in Ucraina, la Russia affronta direttamente l’Occidente. In questo senso, la Siria ha anticipato le dinamiche che oggi vediamo in Ucraina: l’uso di territori terzi come campi di battaglia indiretti (proxy wars), la centralità delle strategie energetiche e il peso della propaganda globale. Tuttavia, mentre l’Ucraina ha catalizzato l’attenzione del sistema internazionale, la Siria resta relegata a un ruolo marginale, nonostante la sua rilevanza strategica.
Il cosiddetto “asse della resistenza”, che comprende Iran, Siria, Hezbollah e altri attori minori, può essere paragonato ad altri blocchi regionali emersi in contesti simili. Come il patto di Shanghai rappresenta un contrappeso all’influenza occidentale in Asia, così l’alleanza tra Damasco e Teheran mira a ridisegnare il potere in Medio Oriente, sfidando apertamente Israele, Arabia Saudita e gli Stati Uniti. In questo senso, la Siria non è solo un alleato strategico per l’Iran, ma un laboratorio per il consolidamento di una politica regionale anti-occidentale. Gli esperimenti militari, tecnologici e infrastrutturali condotti nel Paese con il supporto dell’Iran e della Russia riflettono una strategia più ampia, volta a rendere questa alleanza capace di resistere alle pressioni esterne.
L’economia di guerra siriana, dominata dal traffico di Captagon e da attività criminali su larga scala, è un elemento distintivo del conflitto, ma non unico. Questo fenomeno può essere confrontato con quanto accaduto in altri teatri di crisi, come l’Afghanistan e la Colombia. In tutti e tre i casi, l’economia illecita ha finito per sostituirsi alle strutture economiche legali, finanziando sia i gruppi armati che i regimi al potere. Tuttavia, la Siria presenta un elemento di novità: il coinvolgimento diretto del regime di Assad nella gestione di questi traffici, che non è solo tollerato ma sfruttato come una risorsa strategica. Questo modello, se non contrastato, potrebbe essere replicato in altre aree di conflitto, consolidando l’intersezione tra politica, guerra e criminalità organizzata.
La relazione tra Siria e Libano rappresenta un esempio unico di dipendenza e interconnessione politica. Il Libano, devastato da una crisi politica ed economica senza precedenti, si trova in una posizione di debolezza rispetto alla Siria, che usa Hezbollah come strumento di controllo regionale. Questo rapporto è paragonabile alla relazione tra Iran e Iraq dopo il 2003, dove la Repubblica Islamica ha utilizzato le milizie sciite per mantenere la propria influenza. La differenza, tuttavia, risiede nella capacità della Siria di sfruttare il Libano non solo come avamposto politico, ma anche come piattaforma economica per aggirare le sanzioni internazionali. Questo modello, unico nella sua specificità, mostra come i conflitti regionali possano generare ecosistemi geopolitici complessi e interdipendenti.
Infine, la Siria deve essere vista come una cartina di tornasole per il futuro del Medio Oriente. Come l’Afghanistan ha rappresentato il crocevia delle tensioni tra URSS e Stati Uniti durante la Guerra Fredda, la Siria potrebbe diventare un simbolo della transizione dall’ordine unipolare a un sistema multipolare. Le potenze regionali e globali che oggi si contendono il suo controllo stanno ridefinendo le regole del gioco, testando strategie che potrebbero essere applicate altrove.
La Siria non è solo un teatro di conflitto, ma un vero e proprio laboratorio geopolitico dove si sperimentano nuovi equilibri di potere, nuove forme di economia di guerra e nuove alleanze strategiche. La comunità internazionale, se vuole evitare che questo modello si consolidi, deve affrontare le cause profonde del conflitto, combinando interventi umanitari con un approccio strategico che tenga conto delle dinamiche regionali e globali. In questo contesto, la Siria non è una periferia del sistema internazionale, ma uno specchio dei suoi cambiamenti più profondi. L’attenzione deve quindi spostarsi dalla gestione delle crisi all’elaborazione di una visione a lungo termine che riconosca il ruolo cruciale di questo Paese nella ridefinizione del Medio Oriente e, più in generale, dell’ordine mondiale.
FONTE: https://it.insideover.com/guerra/siria-il-laboratorio-delle-guerre-moderne.html
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