Negli Stati Uniti (e non solo, come vedremo), la prospettiva di un’Unione Europea dotata di uno strumento efficace e credibile di Difesa comune solleva perplessità in alcuni ambiti della politica e del mondo accademico. Qualche settimana fa, su Foreign Policy, un articolo di Jakub Grygel, professore universitario ed ex consigliere senior dell’ufficio di pianificazione politica del Dipartimento di Stato sotto l’amministrazione Trump, affermava senza mezzi termini che “una strategia comune tra i 27 membri (dell’UE n.d.r.) è una fantasia, e renderà l’Europa meno propensa ad affrontare la Russia”.
La riflessione, lapidaria, prende le mosse dalla considerazione che gli Stati Uniti hanno da anni richiesto più impegno agli alleati europei (della NATO) per aumentare il bilancio statale della Difesa (la famosa soglia del 2% del PIL), ma solo pochi hanno dato ascolto alle “suppliche” statunitensi, mentre la maggior parte delle nazioni europee “continua a tergiversare”. Inoltre, secondo l’autore, c’è un divario “ampio e crescente” nella retorica degli europei sul contrasto alle ambizioni territoriali della Russia e la loro capacità di fare effettivamente qualcosa al riguardo.
Grygel ha il pregio di affermare che una soluzione a questa problematica potrebbe essere l’assunzione di un ruolo di sicurezza più importante da parte dell’UE, mettendo in comune le risorse, centralizzando gli appalti per la Difesa e definendo una strategia comune, ovvero qualcosa che dalle colonne di InsideOver stiamo dicendo da anni, almeno da quando è emersa la necessità di avere “autonomia strategica”, che ha anticipato di poco proprio la frettolosa e molto poco coordinata ritirata statunitense dall’Afghanistan, la quale ha innescato il processo di istituzione di un sistema comune di Difesa dell’UE.
Se questo processo dovesse completarsi, l’Unione Europea avrebbe quindi il massimo indicatore di una politica sovrana moderna: la fornitura e la gestione della sicurezza nazionale.
L’autore, però, afferma con non poca sicumera che sia improbabile che il desiderio di più Europa negli affari militari aumenti la sicurezza europea. Al contrario, potrebbe essere dannoso per essa, per due motivi. In primo luogo, non esiste una valutazione condivisa della minaccia tra i 27 Stati membri dell’UE, quindi opinioni ampiamente divergenti sui fini e sui mezzi della politica di sicurezza produrrebbero inevitabilmente una serie di compromessi annacquati o una distribuzione inefficace delle risorse. In secondo luogo, anche se l’UE riuscisse a gestire una seria politica di Difesa, non vi è alcuna garanzia che sarebbe solida nella sua opposizione alla Russia e ad altre potenze revisioniste. Pertanto Grygel afferma che un’unione più stretta che incorpori la Difesa potrebbe quindi essere incompatibile con una migliore sicurezza nel continente.
Si legge inoltre che l’altro motivo per cui elevare l’Unione Europea ad attore di sicurezza (ovvero attore militare) sarebbe dannoso per la stabilità del continente è che alcuni dei singoli Stati membri dell’UE potrebbero spingere l’intero blocco a perseguire una grande strategia di pacificazione. Grygel forse dimentica che pacificazione non significa arrendevolezza e che l’UE, nonostante visioni diverse tra Stati diversi, ha comunque espresso un unico sostegno all’Ucraina esattamente come la NATO: le sanzioni alla Russia e i fondi elargiti per il sostegno economico a Kiev sono già stati dimenticati?
Tralasciando la considerazione che se non si potesse avere una visione diversa non ci sarebbe più la democrazia, e ammettendo che serva più coesione all’interno dell’UE per avere una Difesa comune, e quindi una politica estera comune, le parole dell’autore appaiono come un monito per noi europei: un monito per proseguire lungo la strada segnata con la nascita della Expedition Force nel 2021.
Sì, perché nonostante tutti i limiti dati da politiche diverse, da industrie concorrenti, da protezionismo a corrente alternata, da bilanci rivedibili (e aumentabili) e da lungaggini burocratiche, l’unica strada percorribile per noi europei per tornare a essere considerati attori globali è quella di esprimere capacità militari collettive credibili ed efficaci. L’autonomia strategica citata dal presidente francese Emmanuel Macron, all’indomani della crisi pandemica, si ottiene solamente in questo modo e tutti in Europa dovrebbero lavorare per ottenerla.
Ovviamente il sistema deve essere equo (ma non paritario) e considerare non solo gli equilibri (ed equilibrismi) della politica, ma anche il peso reale delle nazioni sotto il profilo militare. Dalle nostre colonne più di una volta abbiamo affermato che un ulteriore passo avanti per la gestione della (futura) Difesa comune potrebbe essere la nascita di un Consiglio di Sicurezza europeo, che dovrebbe affiancarsi a un sistema industriale riorganizzato in “hub” strategici a seconda delle “vocazioni” delle singole industrie della Difesa nazionali.
In buona sostanza, se negli Stati Uniti qualcuno si preoccupa per la possibilità di un’Europa sovrana militarmente, significa che la strada intrapresa è giusta, ed è credibile.
Una strada sicuramente in salita e costellata di avversari anche interni. Uno di essi è proprio l’ormai ex Segretario generale della NATO Jens Stoltenberg, che recentemente si è scagliato contro gli sforzi di difesa dell’UE che, secondo lui, duplicano o competono con l’alleanza militare guidata dagli Stati Uniti. Stoltenberg ha affermato a chiare lettere che ciò che l’UE non dovrebbe fare è iniziare a costruire strutture di difesa alternative, ad esempio la forza di intervento rapido di 5mila uomini (la Expedition Force). “I Paesi (europei n.d.r.) possono avere solo un set di obiettivi di capacità, non possono averne due. Questa è responsabilità della NATO. Un set di standard, un set di obiettivi di capacità, una struttura di comando. E questa è la NATO”, ha detto perentoriamente l’ex Segretario generale.
Ci saremmo stupiti se Stoltenberg avesse avuto una posizione diversa, considerando la sua provenienza e la sua gestione del segretariato dell’Alleanza. Ma nelle sue considerazioni resta un fondo di verità: la duplicazione dei comandi è dispendiosa e macchinosa, ma in questa fase embrionale della Difesa europea è un male necessario.
FONTE: https://it.insideover.com/difesa/uneuropa-capace-di-difendersi-negli-usa-qualcuno-non-la-vuole.html
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