Il Parlamento Europeo ha approvato oggi con 425 voti a favore, 131 contrari e 63 astensioni una risoluzione – presentata dai partiti che appoggiano la maggioranza di Ursula von der Leyen -, in cui si richiede ai Paesi membri di «revocare immediatamente le restrizioni all’uso dei sistemi d’arma occidentali consegnati all’Ucraina contro obiettivi militari legittimi sul territorio russo». La risoluzione non ha carattere vincolante, ma costituisce certamente un ulteriore passo in avanti verso la concessione all’Ucraina di colpire il suolo russo con i missili consegnati dai Paesi europei. Criticando la diminuzione del volume degli aiuti militari bilaterali all’Ucraina da parte dei Paesi dell’UE, l’Europarlamento ha inoltre sottolineato che le forniture insufficienti di munizioni e le restrizioni sul loro uso rischiano di annullare l’impatto degli sforzi compiuti finora, ribadendo la necessità che tutti i Paesi UE e della NATO debbano impegnarsi a fornire a Kiev un sostegno militare annuale non inferiore allo 0,25% del loro PIL.
Il passaggio centrale della risoluzione, sostenuto dai gruppi dei popolari, liberali e socialisti in seguito a un’articolata negoziazione tra le forze politiche che compongono il Parlamento Europeo, è il punto 8, in cui si invitano gli Stati membri dell’UE a «revocare immediatamente le restrizioni all’uso di sistemi d’arma occidentali consegnati all’Ucraina contro legittimi obiettivi militari sul territorio russo», le quali «ostacolano la capacità dell’Ucraina di esercitare pienamente il suo diritto all’autodifesa secondo il diritto internazionale» e la lasciano «esposta ad attacchi alla sua popolazione e alle sue infrastrutture». Lo specifico paragrafo è passato con 377 voti a favore, 191 contrari e 51 astenuti. Al punto 5, poi, si invitano tutti gli Stati membri ad «aumentare i loro finanziamenti per l’Ucraina e ad astenersi dal diminuire i loro contributi» e si evidenzia «la ferma convinzione che la Russia debba fornire un risarcimento finanziario per i danni causati in Ucraina». Per tale ragione, la risoluzione «accoglie con favore la decisione del Consiglio di destinare le entrate straordinarie derivanti dai beni statali russi immobilizzati al Fondo di assistenza per l’Ucraina e allo Strumento per l’Ucraina» e quella del G7 di «offrire all’Ucraina un prestito di 50 miliardi di dollari garantito da beni statali russi immobilizzati». Al punto 7, inoltre, si sottolinea che l’Ucraina, in quanto «vittima di aggressione», ha «il legittimo diritto all’autodifesa in linea con l’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite» e si afferma che «la significativa, sebbene ancora insufficiente, assistenza militare fornita dall’UE, dagli USA e dai partner che la pensano allo stesso modo è concepita per consentire all’Ucraina di difendersi efficacemente da uno Stato aggressore», nonché di «ristabilire il pieno controllo su tutto il suo territorio riconosciuto a livello internazionale». Ad anticipare il voto contrario della sua forza politica al paragrafo 8, ma favorevole alla risoluzione nel suo complesso, è stato il ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani, leader di Forza Italia: «Noi siamo dalla parte della Ucraina. Ecco perché continueremo ad aiutarla politicamente, finanziariamente e anche militarmente, ma non siamo in guerra con la Russia», ha dichiarato.
Questo voto rischia senza ombra di dubbio di costituire un ulteriore tassello verso l’escalation bellica. La settimana scorsa, in un’intervista televisiva ripresa dal canale Telegram del Cremlino, il presidente russo Vladimir Putin aveva dichiarato che, se gli Stati occidentali daranno all’Ucraina l’autorizzazione a utilizzare i missili a lungo raggio per colpire il territorio russo, «ciò significherà che i Paesi Nato, gli Usa e i Paesi europei, sono in guerra con la Russia», annunciando che, in tal caso, «tenendo conto del cambiamento della stessa essenza di questo conflitto», la Russia prenderà «le decisioni appropriate sulla base delle minacce» che le saranno rivolte. A stretto giro, il vice ministro degli Esteri russo Sergey Ryabkov ha rincarato la dose, sostenendo che «gli avversari a Washington, Londra e altri luoghi sottovalutano chiaramente il grado di pericolo del gioco che continuano a giocare» e che la Russia risponderà «in modo brutale». Infine, lunedì scorso il presidente russo Vladimir Putin ha ordinato un aumento di 180mila soldati nelle forze armate regolari russe, portando il totale a 1,5 milioni di militari. Si tratta della terza espansione delle truppe da quando l’esercito è stato inviato in Ucraina, nel febbraio 2022.
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