Un team di scienziati cinesi ha sviluppato una nuova tipologia di plastica che è in grado di decomporsi autonomamente in un solo mese, a differenza di altre versioni che impiegano fino a 55 giorni per degradarsi. La scoperta è avvenuta grazie all’integrazione di spore batteriche ingegnerizzate che, inserite all’interno della plastica stessa, liberano particolari enzimi che sono capaci di accelerare il processo di decomposizione. Inoltre, tale “plastica vivente” ha superato anche significativi test di resistenza in condizioni estreme, il che la rende un promettente materiale per l’imballaggio. ...
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La nuova plastica è viva, e si autodistrugge in 30 giorni
La nuova plastica che si mangia da sola
Un team di ricercatori cinesi ha tirato fuori dal cilindro qualcosa di davvero inaspettato: una nuova plastica che si autodistrugge in soli 30 giorni. Non è magia, ma pura e semplice ingegneria biologica. Che nasce quasi 10 anni fa, nel 2016, in un impianto di riciclaggio in Giappone.
Lì, per la prima volta, fu fatta una scoperta che ha dell’incredibile: alcuni batteri avevano sviluppato la capacità di mangiare plastica. Da allora, gli scienziati hanno individuato diverse altre specie batteriche con questa straordinaria abilità. E le hanno perfezionate fino allo sviluppo presentato oggi.
Un’alleanza improbabile: plastica e batteri
I ricercatori della Chinese Academy of Sciences guidati dal biologo Chenwang Tang hanno creato una nuova plastica che incorpora direttamente dei batteri mangia-plastica. È come se avessero inserito un piccolo esercito di demolitori all’interno delle mura di un castello, pronti ad entrare in azione al momento giusto.
Come funziona questa plastica “vivente”? Le spore batteriche, come detto, sono state incorporate direttamente nella struttura della plastica PCL (polycaprolactone). Queste spore sono come piccole capsule dormienti, che si “svegliano” quando la plastica inizia a degradarsi. A quel punto, rilasciano enzimi che accelerano ulteriormente il processo di decomposizione. È un po’ come se contenesse il suo stesso sistema di autodistruzione.
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