I nazisti della Cia: quando Washington arruolò le ex spie di Hitler

ago 17, 2024 0 comments


Di Giuseppe Gagliano

Nel periodo successivo alla Seconda Guerra Mondiale, gli Stati Uniti dovettero affrontare la sfida complessa di integrare ex membri dell’intelligence nazista nei propri servizi segreti, in un contesto caratterizzato dalla nascente Guerra Fredda. Gli americani non erano ignari della questione della continuità del personale nei servizi di sicurezza del Terzo Reich. Numerosi documenti testimoniano che il problema era discusso in ambito militare e di intelligence, sebbene non sempre in modo esplicito. Gli americani non furono ingenui nei confronti dei tedeschi, ma spesso mancarono di una comprensione completa delle dinamiche in gioco, evitando di intervenire direttamente.

Il loro atteggiamento verso le strategie di sopravvivenza dei movimenti del personale ex nazista era chiara: gli americani bilanciavano tra la necessità di utilizzare queste risorse e la consapevolezza delle implicazioni etiche. La loro incoerenza era evidente nel modo in cui affrontavano il problema, alternando tra una valutazione utilitaristica e una insufficiente problematizzazione.

Quasi tutti gli elementi che entravano nell’Organizzazione Gehlen venivano identificati, interrogati e spesso utilizzati come fonti confidenziali. La realtà dell’epoca era che diversi servizi segreti europei facevano a gara per acquisire le migliori informazioni disponibili, spesso provenienti da ex membri degli apparati di sicurezza del Terzo Reich.

Nel contesto del controspionaggio militare americano, la collaborazione con ex nazisti era vista come una necessità pragmatica. La diffidenza iniziale del CIC verso Gehlen si trasformò in una collaborazione più aperta nel 1946, quando si decise di lavorare con lui senza un controllo stretto. Questa decisione era influenzata dalle proteste frequenti contro gli arresti di criminali di guerra, che sottraevano personale prezioso. Ma entriamo nel dettaglio.

Il CIC, acronimo di Counter Intelligence Corps, era un’unità di controspionaggio dell’esercito degli Stati Uniti durante la Seconda Guerra Mondiale. Il suo compito principale era la raccolta di informazioni, il contrasto alle attività di spionaggio nemico e la protezione della sicurezza nazionale contro minacce interne ed esterne.

Il CIC era incaricato di una vasta gamma di attività di intelligence, che includevano in primo luogo il Controspionaggio e cioè Identificazione, la sorveglianza e la neutralizzazione di spie nemiche; in secondo luogo la Sicurezza Militare cioè  la Protezione delle informazioni sensibili e delle infrastrutture militari da infiltrazioni e sabotaggi. In terzo luogo le operazioni di interrogatorio dei  prigionieri di guerra e individui sospetti per ottenere informazioni utili. Infine aveva anche lo scopo di porre in essere indagini sui crimini di guerra attraverso la raccolta di prove contro gli stessi.

Durante la Seconda Guerra Mondiale e negli anni immediatamente successivi, il CIC era diretto da alti ufficiali dell’esercito americano. Uno dei principali leader del CIC fu il Brigadier General John K. Gerhardt che guidò l’unità durante la guerra. Sotto la sua direzione, il CIC svolse numerose operazioni critiche in Europa, compresa la raccolta di intelligence sul campo di battaglia e la conduzione di operazioni di sicurezza nelle zone occupate dagli Alleati.

Nel periodo post-bellico, il CIC giocò un ruolo cruciale nelle operazioni di controspionaggio durante l’occupazione della Germania. Una delle operazioni più note di questo periodo fu l’Operazione Rusty  che prevedeva l’uso di ex membri dell’intelligence nazista per raccogliere informazioni sull’Unione Sovietica. Questa operazione rifletteva le tensioni e le sfide dell’epoca, dove la necessità di affrontare nuove minacce superava spesso le considerazioni etiche.

Non c’è dubbio insomma che Il Counter Intelligence Corps rappresentò una componente fondamentale delle operazioni di intelligence e sicurezza degli Stati Uniti durante la Seconda Guerra Mondiale e nel periodo immediatamente successivo. Diretto da figure come il General John K. Gerhardt, il CIC svolse compiti essenziali nella protezione delle forze alleate e nella raccolta di informazioni critiche, adattandosi alle nuove realtà geopolitiche della Guerra Fredda.

Gli americani, nonostante le riserve morali, sfruttavano la collaborazione con ex nazisti per ottenere informazioni cruciali nella lotta contro il comunismo. Allen Dulles, ad esempio, era favorevole all’inclusione di ex nazisti nell’intelligence americana, ritenendo che la necessità di contrastare l’Unione Sovietica fosse prioritaria.

All’interno della CIA, c’erano divergenze significative riguardo all’utilizzo di ex nazisti. Alcuni vedevano la collaborazione come un male necessario, mentre altri erano preoccupati per le implicazioni morali e il rischio di ricatti. La presenza di ex nazisti era vista come un potenziale danno per l’immagine americana, con il rischio di scandali che potevano minare la credibilità degli Stati Uniti.

Con lo scoppio della Guerra di Corea nel 1950, l’attenzione americana si spostò e le preoccupazioni etiche riguardanti gli ex nazisti passarono in secondo piano. Tuttavia, l’evoluzione del contesto geopolitico portò alla fine dell’Operazione Rusty. La responsabilità della gestione degli ex nazisti venne trasferita al nuovo governo tedesco, con la CIA che continuò a monitorare Gehlen e il suo gruppo.

Ma vediamo di analizzare con il maggiore dettaglio le divergenze che sorsero all’interno della CIA.

All’interno della CIA, nel periodo successivo alla Seconda Guerra Mondiale, emersero significative divergenze riguardo all’uso di ex nazisti nell’apparato di intelligence americano. Queste divergenze erano principalmente di natura etica, operativa e politica.

Una delle principali aree di discordia era il conflitto tra le considerazioni etiche e la necessità pragmatica di sfruttare le competenze degli ex nazisti. Da una parte, alcuni membri della CIA ritenevano moralmente inaccettabile collaborare con individui coinvolti in crimini di guerra e violazioni dei diritti umani. Dall’altra, c’era la percezione che, nella nuova realtà della Guerra Fredda, l’urgente necessità di informazioni strategiche e operative giustificasse questa collaborazione.

Un altro punto di frizione era la preoccupazione che gli ex nazisti, noti al nemico e quindi potenzialmente ricattabili, potessero compromettere la sicurezza delle operazioni di intelligence. La presenza di ex criminali di guerra era vista come un rischio, poiché potevano essere sfruttati dall’Unione Sovietica per ottenere informazioni sensibili.

Quali furono i protagonisti di queste divergenze all’interno della intelligence americana? Uno dei principali sostenitori della collaborazione con gli ex nazisti era Allen Dulles, che riteneva che la priorità fosse ottenere qualsiasi vantaggio possibile contro l’Unione Sovietica. Dulles era pragmatico e vedeva l’utilizzo di ex membri dell’intelligence nazista come un mezzo necessario per raggiungere fini superiori.

Dall’altro lato, figure come James H. Critchfield. ufficiale della CIA e Gordon Stewart capocentro Cia  in Germania rappresentavano una voce più cauta e critica. Critchfield, in particolare, era preoccupato per l’impatto morale e politico della collaborazione con ex nazisti. Gordon Stewart,  condivideva queste preoccupazioni e tentava di mantenere un equilibrio tra le esigenze operative e le considerazioni etiche.

Anche i generali Thomas C. Hardy e Clarence Ralph Huebner, insieme all’ Alto commissario della Germania  John J. McCloy erano scettici riguardo alla collaborazione con ex nazisti, riconoscendo i rischi di compromettere la credibilità internazionale degli Stati Uniti.

Le divergenze all’interno della CIA riguardo all’uso di ex nazisti non si risolsero completamente, ma si attenuarono con l’evoluzione del contesto geopolitico. Con lo scoppio della Guerra di Corea nel 1950, l’attenzione si spostò verso nuove priorità. La necessità di affrontare l’espansione comunista in Asia rese meno urgente il dibattito interno sull’utilizzo di ex nazisti. 

Inoltre, con la formazione del primo governo tedesco di Adenauer e il ritiro degli Stati Uniti dall’Operazione Rusty (ribattezzata Zipper), la responsabilità della gestione degli ex nazisti fu trasferita al nuovo governo tedesco, riducendo così le tensioni interne alla CIA. Tuttavia, la CIA continuò a monitorare le attività di Gehlen e del suo gruppo, cercando di bilanciare le necessità operative con la salvaguardia della propria immagine pubblica.

In sintesi, le divergenze all’interno della CIA riflettevano il difficile equilibrio tra pragmatismo e moralità, in un periodo di transizione e di nuove minacce globali. Queste tensioni si attenuarono principalmente con il mutare delle priorità strategiche, ma non furono mai completamente risolte.

FONTE: https://it.insideover.com/storia/storie-di-spie-i-nazisti-della-cia-quando-washington-arruolo-le-ex-spie-di-hitler.html

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