I Millennial non stanno più nella pelle: gli Oasis tornano insieme! Così, mentre frotte di ex ventenni e di ex trentenni attendono di indebitarsi per accaparrarsi un posto in prima fila all’evento clou del 2025, qualche guastafeste è già pronto a rovinare il mood: “è un’operazione di marketing!”. Non ce ne frega niente. La reunion dei fratelli Gallagher sta al Regno Unito come quella tra Al Bano e Romina Power sta alla Puglia: “Va bene lo stesso!”. Poco importa se torneranno a insultarsi e prendersi a cazzotti (i Gallagher, si intende): il brivido di quel microfono ancora una volta condiviso val bene una messa.
Li ringraziamo per due ragioni. La prima, aver messo dello zucchero in questo mondo che va a rotoli, restituendoci gli anni Novanta: ci basterebbe che la Mulino Bianco rimettesse le sorprese nelle merendine e potremmo morire felici. Ma soprattutto piombano nel Regno Unito più disunito di sempre, appannato, oscurando politici e teste coronate che finiscono alla periferia dei menabò di queste ore.
A-politici, non nel senso di estranei alla politica, ma al di sopra delle baruffe di partito da sempre, oltre quelli che avrebbero gradito farne crooner da campagne elettorali progressiste. La band nasce del resto nel 1991, nel pantano post Guerra Fredda. La lady di ferro è già storia, a Downing Street ha già traslocato John Major (che è un po’ la stessa cosa). Ma è nel 1994 che i fratelli Gallagher fanno irruzione sulla scena britannica: l’11 aprile esce Supersonic, il loro primo singolo. A seguire, inanellano due dischi fondamentali del rock anni Novanta: dapprima Definitely maybe (nel 1994, il cui mixaggio venne eseguito a Manchester nello studio di Johnny Marr, il chitarrista degli Smiths tanto per citarne una…).
Poi fu la volta di (What’s the story) Morning glory? nel 1995. In quell’anno Elisabetta II e il principe Filippo, duca di Edimburgo, visitano l’Irlanda del Nord per la prima volta dopo il cessate il fuoco tra l’IRA e i lealisti entrato in vigore l’anno precedente. A maggio le fortune dei tories continuano a declinare poiché le elezioni amministrative li vedono al controllo di appena otto consigli. A maggio muore il primo uomo al mondo per il morbo della “mucca-pazza”. E proprio oltre il vallo di Adriano.
Scocciati, spesso alterati da una vita sopra le righe, perennemente irascibili, i due fratelli della working class di Manchester non hanno alcun interesse a presentarsi come good guys nonostante siano ossessionati dai Fab Four. Non sono particolarmente attivi dal punto di vista politico ma, come tanti della classe operaia inglese, votano labour. Eppure in questo Regno nebuloso, sospeso tra l’Europa e l’Atlantico, fatto di cieli grigi e formichine operose sempre di corsa avvolte nei paltò, la scena underground brulica. Tanto che i giornalisti delle riviste britanniche specializzate inventano un termine onnicomprensivo per questa sequela di nuove band: britPop, che ben presto sarà sinonimo di Oasis.
I fratelli Gallagher, intanto, danno prova in giro per il mondo di non aver certo studiato dai Gesuiti. I due non soltanto rischiano l’arresto un giorno sì e l’altro pure, ma spesso e volentieri se le danno di santa ragione, portandosi in tour i segni delle saccagnate fraterne che si scambiano in camere di hotel sempre diverse. Tanto che le loro interviste diventano esse stesse teatro dell’assurdo.
Ma soprattutto spaccano il mondo anglofono. Non se la cavarono certo male negli Stati Uniti, vendettero milioni di dischi, ma il loro successo lì fu limitato rispetto a quello ottenuto in patria e in altre parti d’Europa. Oltreoceano restava difficile raggiungere le vette dei Nirvana orfani di Kurt Kobain o di altri come i Pearl Jam, Smashing Pumpkins, Soundgarden, Foo Fighters, Red Hot Chilli Peppers. L’America clintoniana voleva le ballate, che infatti furono i pochi pezzi del gruppo che realmente sfondarono negli Usa: non fecero mai un vero tour negli States e questo gli americani non glielo perdonarono.
Arriviamo al 1997 britannico. Il quotidiano The Sun , tradizionale sostenitore del Partito Conservatore, dichiara il suo appoggio a Tony Blair e al partito laburista, condannando i conservatori come “stanchi, divisi e senza una guida“. A maggio, i laburisti asfaltano i conservatori in una vittoria storica. Blair, che in tempi non sospetti si era dichiarato fan della band, invita a Downing Street Noel Gallagher e signora. E Liam? Nessun ha mai saputo dove fosse e se fosse stato invitato. Ad ogni modo quel party divenne l’emblema dell’era della Cool Britannia, con tanto di Noel che elogiò Blair ai Brit Awards affermando che “stava dando un po’ di speranza ai giovani di questo Paese“. E negli anni non ha mai negato di ritenerlo “l’ultima persona che avesse avuto un senso…uno davvero fottutamente intelligente“. Il 31 agosto di quell’anno il destino mette il Regno Unito sotto una coperta scura: a Parigi muore tragicamente la Principessa Diana. Blair con i suoi saggi consigli evita ai Windsor uno scivolone di portata storica.
I fratelli Gallagher non nasconderanno mai di non essere fan del fenomeno Diana. Noel in particolare, non le risparmierà parole amarissime a un anno dalla sua morte. Il Millennio svanisce velocemente. L’eclissi, Internet, le Torri Gemelle, quel maledetto tour del 2000 che si traduce in un’altra scazzottata. Iniziano nove tormentati anni in cui dentro e fuori i Gallagher accade di tutto: è l’ottobre del 2009 quando Liam in un intervista, con quel “È finita“, dice tutto. In un certo senso, fu davvero finita: il mito di Londra, i giorni gloriosi della monarchia, la sterlina potente. Il Regno Unito smette di essere l’Eldorado degli anni Ottanta, arrivando sconquassato e maledettamente retrò sino ad oggi.
Due notti fa i fratelli Gallagher hanno messo in ombra perfino i droni e le bombe, restituendoci un po’ di adolescenza. Dovesse durare anche solo il tempo di un tour, noi ci stiamo già preparando…
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