Per secoli colonia spagnola, successivamente occupata per ben due volte dall’esercito degli Stati Uniti, che intervenne nel 1916 e nel 1965 per rovesciare governi ritenuti pericolosamente socialisti. Nonostante sia storicamente, più per forza che per necessità, un alleato di ferro degli interessi americani nei Caraibi, il governo della Repubblica Dominicana ha approvato la creazione di una società mineraria a totale proprietà statale per esplorare e gestire le risorse minerarie presenti nella nazione, incluse le terre rare. La decisione è stata formalizzata attraverso l’emanazione del decreto 453-24 da parte del Presidente Luis Abinader, nel quale si precisa che l’attività mineraria dovrà essere svolta in modo «sostenibile e responsabile» e con l’obiettivo primario del «progresso economico e sociale del Paese».
Nel 2020, il settore minerario nella Repubblica Dominicana ha registrato una vera e propria impennata, generando – secondo i calcoli della banca centrale del Paese – un’attività economica per un totale di oltre 1,5 miliardi di dollari, pari al 2,0% del PIL e rappresentando il 46% delle complessive esportazioni. Eppure, l’attività mineraria ha contribuito solo al 3,7% delle entrate statali di quell’anno, un dato che ha certamente spinto il governo a voler cambiare marcia. Tra le miniere presenti nella Repubblica Dominicana, la più importante è quella di Pueblo Viejo, situata nell’area centrale della nazione. Gestita da Barrick Gold, produce circa 15 tonnellate di oro all’anno. Sempre nel cuore del Paese si trova la miniera di ferronichel Falcondo della Falconbridge Dominicana, nei pressi di un deposito di rame e zinco gestito dalla Corporación Minera Dominicana. Se il nord ospita minerali industriali come argille, sabbie silicee e calcare per la produzione di cemento – molto presente anche nell’est del Paese – a sud sono invece disseminate varie e ricche riserve di gesso, sale, marmo, travertino e silice. Mentre la maggior parte delle attività minerarie sono operazioni a cielo aperto, nel marzo 2021 la Dominican Mining Corporation ha inaugurato una miniera nella provincia di Monseñor Nouel, focalizzata su concentrati di rame e zinco, che costituisce un progetto di estrazione sotterranea. La creazione della nuova società mineraria statale da parte del governo rappresenta, insomma, un significativo passo avanti nel consolidamento del controllo sulle risorse naturali, al fine di garantire che i profitti derivanti dall’estrazione mineraria rimangano nel Paese. Emidom avrà anche il compito di gestire la riserva mineraria di Avila, situata nella provincia meridionale di Pedernales, al confine con Haiti, dichiarata nel 2018 area da esplorare per possibili progetti sulle terre rare.
Negli ultimi anni, sono cresciuti esponenzialmente, sia nel continente americano che in Africa, i Paesi che, lanciando la sfida alle multinazionali, hanno deciso di riprendersi pezzi di sovranità nella gestione delle proprie risorse. Il Cile ha nazionalizzato il litio, risorsa della quale il Paese dispone delle più grandi riserve al mondo. Il Messico si è posto in scia, con la firma del Presidente Andrés Manuel López Obrador al provvedimento con cui si è avviata la nazionalizzazione del metallo attraverso la creazione della LitioMX, società pubblica ‘Litio per il Messico’ controllata dal ministero dell’Energia. Nel gennaio del 2022 – dopo 25 anni di privatizzazioni forzate inaugurate sotto la guida dell’ex dittatore sostenuto dagli Stati Uniti, Alberto Fujimori – l’azienda nazionale peruviana di idrocarburi, Petroperú, ha assunto il controllo diretto di un lotto di pozzi petroliferi nella provincia di Talara, nella regione settentrionale di Piura, al confine con l’Ecuador. Volgendo lo sguardo al continente africano, anche lo Zimbabwe si è mosso nella stessa direzione, decidendo all’inizio del 2023 di vietare tutte le esportazioni di litio dal Paese, al fine di creare una industria nazionale per la trasformazione delle materie prime. Lo scorso gennaio, invece, il governo militare del Niger ha nazionalizzato lo sfruttamento dell’acqua potabile, istituendo una nuova Compagnia di Stato – dal nome Nigerian Waters – chiamata a gestire il servizio di produzione e distribuzione dell’acqua potabile in tutti i centri urbani e semi-urbani del Paese. Ora la Repubblica Dominicana si aggiunge alla lista.
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