Gluten-free, scoperto il “fuoco amico” che scatena la celiachia

ago 12, 2024 0 comments


Di Gianluca Riccio

Pensavate che il vostro intestino fosse dalla vostra parte nella lotta al glutine? Ripensateci. Le cellule che lo rivestono stanno giocando un doppio gioco, e la scienza ha appena smascherato il loro tradimento. Questa scoperta potrebbe cambiare per sempre il destino di chi vive nel mondo gluten-free.

Il ruolo inaspettato delle cellule epiteliali

Recenti ricerche condotte da un team di scienziati della McMaster University in Canada (ve le linko qui) hanno portato alla luce un meccanismo sorprendente nella patogenesi della celiachia. Le cellule epiteliali, che formano il rivestimento interno dell’intestino tenue, sembrano svolgere un ruolo molto più attivo di quanto si pensasse in precedenza nella risposta immunitaria al glutine.

Utilizzando modelli murini e mini-intestini coltivati in laboratorio (i famosi organoidi di cui vi ho parlato qui), i ricercatori guidati dal Dr. Tohid Didar e dalla Dr.ssa Elena Verdu hanno osservato che queste cellule non si limitano a essere spettatori passivi. Al contrario, rispondono attivamente alla presenza di glutine stimolando il rilascio di cellule T CD4+, noti attivatori della risposta immunitaria.

Questa scoperta sfida la comprensione tradizionale della malattia celiaca, aprendo nuove prospettive per potenziali trattamenti che circoscrivano, o forse eliminino del tutto il ricorso ai cibi gluten-free.

Le limitazioni della dieta gluten-free

Attualmente, l’unica gestione efficace della celiachia è una dieta rigorosamente priva di glutine, gluten-free. Tuttavia, questa soluzione presenta numerose sfide per i pazienti.

L’unico modo in cui possiamo trattare la celiachia oggi è eliminando completamente il glutine dalla dieta. Questo è difficile da fare, e gli esperti concordano sul fatto che una dieta senza glutine sia insufficiente.

Elena Verdu, autrice corrispondente dello studio.

Questa affermazione sottolinea la necessità urgente di nuove strategie terapeutiche che vadano oltre le restrizioni dietetiche.

Il ruolo del microbioma: focus su Pseudomonas aeruginosa

Un altro elemento chiave emerso dallo studio della McMaster University è il ruolo del batterio Pseudomonas aeruginosa. Questo patogeno, una nostra “vecchia conoscenza” che normalmente non fa parte del microbioma umano sano, sembra amplificare la risposta delle cellule epiteliali al glutine.

La presenza di P. aeruginosa intensifica i segnali inviati dalle cellule epiteliali alle cellule immunitarie, potenzialmente esacerbando la risposta autoimmune caratteristica della celiachia. Questa osservazione apre nuove strade per la ricerca, suggerendo che il microbioma intestinale potrebbe giocare un ruolo più significativo nella malattia di quanto precedentemente riconosciuto.

Implicazioni per futuri trattamenti

Le nuove scoperte del team canadese offrono diversi potenziali bersagli per lo sviluppo di terapie innovative. Interventi mirati alle cellule epiteliali o al Pseudomonas aeruginosa potrebbero offrire alternative o complementi alla dieta gluten-free.

Inoltre, la possibilità di testare la presenza di P. aeruginosa potrebbe aiutare a identificare i pazienti a maggior rischio di sviluppare la celiachia, aprendo la strada a strategie preventive più efficaci.

Prospettive future per la ricerca sulla celiachia: addio gluten-free?

Questo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista Gastroenterology, rappresenta un significativo passo avanti nella comprensione dei meccanismi alla base della celiachia. Tuttavia, come spesso accade nella ricerca scientifica, solleva anche nuove domande.

Come possiamo modulare la risposta delle cellule epiteliali senza compromettere le loro funzioni protettive essenziali? Quali altri fattori del microbioma potrebbero influenzare la patogenesi della malattia? Come possiamo tradurre queste scoperte in trattamenti sicuri ed efficaci per i pazienti?

La ricerca continua, alimentata da queste nuove intuizioni. Per milioni di persone che convivono con la celiachia e una dieta gluten-free, la speranza di un futuro in cui la gestione della malattia non si limiti a una dieta restrittiva, ma includa opzioni terapeutiche mirate e personalizzate.

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