Durante il sonno il cervello non solo consolida il ricordo delle esperienze passate, ma cerca anche di anticipare quelle future: ecco perché capita a volte di svegliarsi con in mente la soluzione ad un problema che fino a poche ore prima sembrava irrisolvibile. È ciò che emerge da un nuovo studio pubblicato sulla rivista scientifica Nature e condotto da scienziati della Rice University e dell’Università del Michigan. La ricerca ha indagato il comportamento di alcune aree dell’ippocampo dei ratti, i quali sono stati inseriti in una particolare scatola “labirinto” e sono stati analizzati durante il sonno. Il merito della scoperta va all’utilizzo di un nuovo approccio statistico basato su un algoritmo di apprendimento automatico, il quale ha permesso agli autori di capire quali porzioni del percorso veniva rappresentata da ciascun neurone e, di conseguenza, di inferire in quale posto l’animale stava sognando di trovarsi.
Già nel 2002, gli scienziati scoprirono che i neuroni degli animali addormentati che prima avevano esplorato un nuovo ambiente si attivano in modo da riprodurre le traiettorie percorse durante l’esplorazione. Ciò portò gli esperti a spiegare che durante il sonno le esperienze vengono cristallizzate in ricordi stabili, svelando i meccanismi che regolano il nostro cervello durante l’elaborazione di ciò che è stato vissuto in passato. Alcuni ricercatori della Rice University e dell’Università del Michigan, però, hanno voluto indagare ulteriormente e hanno scoperto che mentre sogniamo cerchiamo anche di pianificare il futuro. Gli scienziati hanno studiato il fenomeno nei ratti, i quali sono stati privati di acqua poche ore prima dell’esperimento e sono stati poi inseriti per un’ora all’interno di una scatola “labirinto”, ovvero una pista rialzata che prevedeva come “ricompensa” acqua alle due estremità. In seguito, le cavie sono state riportate all’interno del loro ambiente standard per permettergli di riposare 10 ore e infine sono stati riesposti nella stessa scatola per un’altra ora.
Il tutto è avvenuto sotto attenta osservazione degli scienziati che hanno monitorato l’attività cerebrale dell’ippocampo e, attraverso un calcolo statistico basato su un algoritmo di apprendimento automatico, hanno potuto stabilire in quale posizione l’animale stava sognando di trovarsi. «Per la prima volta in questo articolo, abbiamo osservato come questi singoli neuroni stabilizzano le rappresentazioni spaziali durante i periodi di riposo», ha affermato Caleb Kemere, neuroscienziato della Rice University e coautore, il quale ha aggiunto che i ricercatori hanno «immaginato che alcuni neuroni potessero cambiare le loro rappresentazioni, riflettendo l’esperienza che tutti abbiamo avuto di svegliarci con una nuova comprensione di un problema». Ha poi spiegato che «dimostrare questo, tuttavia, ha richiesto di monitorare il modo in cui i singoli neuroni raggiungono la sintonizzazione spaziale, cioè il processo attraverso il quale il cervello impara a navigare in un nuovo percorso o ambiente. Ho pensato a lungo a come valutare le preferenze dei neuroni al di fuori del labirinto, ad esempio durante il sonno. Abbiamo affrontato questa sfida mettendo in relazione l’attività di ogni singolo neurone con l’attività di tutti gli altri».
Tale metodo non solo ha confermato le scoperte precedenti riguardo alle rappresentazioni spaziali che si formano durante l’esplorazione del nuovo ambiente, le quali rimangono stabili per diverse ore di sonno in seguito all’esperienza vissuta, ma ha permesso ai ricercatori di andare oltre: «La capacità di tracciare le preferenze dei neuroni anche senza uno stimolo è stata per noi una svolta importante. La cosa che mi è piaciuta di più di questa ricerca e il motivo per cui ero così entusiasta è che non è necessariamente vero che durante il sonno l’unica cosa che fanno questi neuroni è stabilizzare il ricordo dell’esperienza. Possiamo vedere questi altri cambiamenti che si verificano durante il sonno e, quando rimettiamo gli animali nell’ambiente una seconda volta, possiamo verificare che questi cambiamenti riflettono davvero qualcosa che è stato appreso mentre gli animali dormivano. È come se la seconda esposizione allo spazio avvenisse effettivamente mentre l’animale dorme».
Kemere ha concluso affermando che la scienza e lo studio del cervello sono quindi pronti a compiere passi significativi in futuro, aggiungendo: «È del tutto possibile che se avessimo iniziato questo lavoro oggi, non saremmo stati in grado di fare questi esperimenti e ottenere questi risultati. Siamo decisamente grati che l’opportunità sia stata lì».
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