La legge approvata dal governo prescrive che il canale tv di Al Jazeera non sia più visibile in Israele e che i suoi siti non siano più raggiungibili. Nella legge inoltre viene ordinata la chiusura degli uffici israeliani di Al Jazeera e la confisca di tutte le attrezzature utilizzate dal suo personale israeliano, tranne telefoni e computer. Ogni 45 giorni il governo dovrà decidere se rinnovare o meno la misura.
Al Jazeera è uno dei più seguiti media al mondo e uno dei pochi media rimasti operativi nella Striscia di Gaza, invasa ormai da mesi dall’esercito israeliano. Al Jazeera non è un’entità unica: ha sia un canale in lingua araba che uno in inglese (i due maggiori), che hanno dirigenze, giornalisti, uffici e programmi diversi. Pur affermando di seguire la stessa linea editoriale, usano toni e approcci anche molto differenti. Da quando è stata fondata (in Qatar, nel 1996) è stata al centro di numerose polemiche: negli anni ha guadagnato credibilità e influenza, certificata tra l’altro da alcuni premi internazionali per alcuni suoi servizi ma al contempo è stata spesso accusata di avere un approccio più benevolo nei confronti del Qatar, che la finanzia parzialmente, e più in generale dei movimenti islamisti, anche radicali.
Il Likud, il partito di Netanyahu, la definisce uno «strumento di Hamas» dal 2008, e negli ultimi mesi si era già parlato della possibilità che potesse essere chiusa in Israele. La decisione potrebbe complicare i rapporti internazionali tra Israele e il Qatar, che negli ultimi mesi ha lavorato spesso per cercare di mediare tra il governo israeliano e Hamas per cercare di ottenere un cessate il fuoco.
Il voto è stato possibile perché il parlamento israeliano il mese scorso aveva approvato una legge che permette al governo di chiudere temporaneamente eventuali media stranieri nel caso in cui il governo ritenga che mettano in pericolo la sicurezza nazionale.
Non è chiaro come l’ordinanza influenzerà il lavoro che i giornalisti di Al Jazeera portano avanti nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania, che si sofferma in maniera molto concreta soprattutto sulle sofferenze e sulle difficoltà quotidiane dei civili palestinesi. Negli ultimi mesi era già stato particolarmente difficile, anche perché alcuni di loro hanno subito personalmente delle perdite pesanti: la moglie e i tre figli del caporedattore di Al Jazeera a Gaza, Wael Dahdouh, sono stati uccisi dall’esercito israeliano durante un bombardamento.
Un giornalista di Al Jazeera e un funzionario israeliano hanno raccontato a Reuters che domenica la polizia israeliana ha fatto irruzione in una camera dell’hotel Ambassador, nel quartiere di Sheikh Jarrah, che l’emittente utilizzava, di fatto, come redazione. Sono circolati online alcuni video che mostrano alcuni agenti in borghese mentre entrano nella stanza e confiscano una parte dell’attrezzatura.
La chiusura di Al Jazeera in Israele è stata criticata da diverse organizzazioni per i diritti umani e la libertà d’espressione. Per esempio, l’Association for Civil Rights in Israel (ACRI) ha detto di aver presentato una richiesta per annullare il divieto alla Corte Suprema israeliana, mentre la Foreign Press Association, un’organizzazione senza scopo di lucro che rappresenta i giornalisti che lavorano per organizzazioni giornalistiche internazionali in Israele, ha chiesto al governo israeliano di riconsiderare la sua decisione, dicendo che la chiusura di Al Jazeera nel paese è un «motivo di preoccupazione per tutti i sostenitori della libertà di stampa». La decisione del governo israeliano è stata criticata anche dall’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani (OHCHR).
FONTE: https://www.ilpost.it/2024/05/05/israele-chiude-al-jazeera/
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