Nel fine settimana si sono svolte le elezioni della regione autonoma spagnola dei Paesi Baschi, dove come ampiamente previsto si è registrato il trionfo dei partiti autonomisti e indipendentisti, che hanno preso complessivamente più di due voti su tre. A conservare la maggioranza è stato il Partito Nazionalista Basco (PNV), movimento autonomista di ispirazione cristiana con il 34,87% dei voti, mentre ha sfiorato uno storico sorpasso Euskal Herria Bildu, espressione della sinistra indipendentista basca e in qualche modo erede politico dell’esperienza della lotta armata che nei decenni passati fu portata avanti dal gruppo indipendentista dell’ETA. Un legame storico simbolizzato dal presidente del movimento, Arnaldo Otegi, già capo di Batasuna (l’ex braccio politico dell’ETA) che nel 2011 venne condannato a dieci anni di carcere per “banda armata”. EH Bildu ha a lungo cullato il sogno di poter sovvertire l’egemonia del PNV nella regione e in effetti ci è andato molto vicino, ottenendo il 32,6% dei voti e riuscendo ad ottenere il medesimo numero di seggi (27) nel parlamento autonomo.
A sbarrare la strada agli indipendentisti verso il governo regionale ci penserà il Partito Socialista d’Euskadi (emanazione regionale del Partito Socialista Spagnolo (PSOE), attualmente al governo nazionale) che ha già annunciato che i suoi dodici deputati (ottenuti grazie al 14,08% dei voti) appoggeranno un esecutivo guidato dal PNV. In questo modo il Partito Nazionale Basco, pur in sensibile diminuzione di voti (nel 2020 aveva ottenuti il 39,1%) manterrà il governo.
È bene ricordare che quella che può sembrare un’alleanza forzata tra due forze politicamente opposte, in realtà rientra perfettamente nella complessità degli equilibri politici spagnoli, in particolare modo nei contesti regionali. La sinistra nazionale, nonostante condivida alcune cause progressiste, si scontra sul piano indipendentista, finendo spesso per allearsi con gruppi lontani ideologicamente, ma simili per quanto riguarda l’unità nazionale.
Queste elezioni hanno così permesso al premier spagnolo Pedro Sánchez di tirare un sospiro di sollievo, difatti dopo la disfatta elettorale subita alle elezioni regionali del 28 maggio 2023, il fallimento in Galizia di febbraio e il frammentato equilibrio nel governo nazionale, questo risultato ha dimostrato una crescita del 2% rispetto alle elezioni del 2020, collocando il PSE nella posizione di principale forza politica non indipendentista in Euskadi, come si chiama il Paese Basco in lingua basca.
I partiti della destra nazionale, come ci si aspettava e come storicamente è sempre stato nei Paesi Baschi, non hanno ottenuto grandi risultati: il Partito Popolare (centro-destra) si è fermato al 9% (6 seggi), mentre la destra reazionaria e nazionalista di Vox ha ottenuto un residuale 2,01% (1 seggio). Anche la lista della sinistra movimentista Sumar prende appena un seggio con il 3,3% dei voti.
In un contesto politico nel quale ogni partito celebra la propria vittoria, i veri vincitori di questa tornata elettorale sono indubbiamente gli indipendentisti di EH Bildu. La formazione fondata da Arnaldo Otegi è riuscita a scardinare la supremazia politica dei rivali, vincendo in due delle tre province basche (Gipuzkoa e Araba); alzando la percentuale di voto dal 27% del 2020 al 32% odierno, restando alle spalle dei nazionalisti con uno scarto di appena 30.000 voti. Il suo candidato presidente, Pello Otxandiano, al termine delle elezioni ha annunciato, al grido di «Gora Euskal Herria askatuta (Viva il Paese Basco libero)» dal palco allestito a Bilbao, l’inizio di un «cambiamento in atto», in un’elezione che ha tutte le caratteristiche per essere considerata storica.
Difatti, dal 1980 a oggi, escludendo il mandato di Patxi López (PSOE), il PNV non ha mai perso, mantenendosi per quarant’anni come unico caposaldo autonomista nel paese. I conservatori questa volta sono riusciti a vincere grazie ai voti della provincia di Bizkaia, luogo natale del partito e del suo fondatore, Sabino Arana e storica roccaforte nazionalista. Nonostante tutto, anche qui Bildu ha ottenuto nuovo consenso, in particolare modo nelle città della «margen izquierda» (versante di sinistra) della città di Bilbao, baluardo operaio della provincia. Hanno destato clamore, causando probabilmente una fuga di voti verso il PNV tra gli indecisi conservatori, le dichiarazioni a pochi giorni dal voto di Otxandiano pronunciate nel programma “Hora 25” dell’emittente radiofonica Cadena Ser; il candidato, alla domanda diretta del conduttore, si è tenuto lontano dal definire ETA, come una «organizzazione terroristica».
È proprio questo uno degli aspetti sui quali si giocano gli equilibri interni e il futuro di EH Bildu. In un contesto fortemente polarizzato come quello spagnolo, da tempo ormai la compagine indipendentista viene automaticamente associata all’ETA. Nonostante il gruppo che intendeva liberare i Paesi Baschi attraverso la lotta armata abbia riconsegnato le armi nel 2011 e si sia dichiarato ufficialmente dissolto nel 2018, la campagna delle opposizioni a Bildu si gioca innanzitutto su questa eredità. Un fattore che ha ancora il suo impatto sulla società, la campagna elettorale ha difatti dato alla luce un’ondata di rinnovata bascofobia, spesso attraverso le parole di leader come la presidente della comunità autonoma di Madrid, Isabel Díaz Ayuso. L’ossessione mediatica e politica nazionale nei confronti della relazione tra Bildu ed ETA o dell’impegno svolto in passato da parte di alcuni esponenti dello stesso partito, ha celato una delle caratteristiche principali di questa tornata elettorale. Ovvero la quasi totale assenza del progetto indipendentista dalla campagna elettorale basca, con EH Bildu che ha guadagnato i propri consensi facendo campagna elettorale principalmente sulle questioni sociali, come il diritto alla casa e alla sanità pubblica.
Nonostante il contesto basco si caratterizzi per specifiche ed irripetibili peculiarità, questi risultati, proiettano la politica spagnola verso i prossimi appuntamenti elettorali, specie le elezioni autonome catalane del 12 maggio e le europee di giugno. Le ultime elezioni hanno dimostrato un forte aumento di consensi verso l’indipendentismo in tutte le regioni, rappresentato dal BNG in Galizia e da EH Bildu e dal PNV in Euskadi. Sarà interessante vedere se in Catalogna la Esquerra Republicana sarà la chiave di volta verso un’effettiva influenza indipendentista.
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