Di Alessio Cuel
L’attacco terroristico di venerdì 22 marzo alla Crocus City Hall di Mosca avrebbe provocato la morte di almeno 140 persone. Sebbene l’attacco sia già stato rivendicato dall’Isis, Vladimir Putin, fin dalle prime ore successive all’attentato, ha fornito la propria versione dei fatti cercando di addebitarne le responsabilità all’Ucraina.
“Chi sta dietro questo attacco terroristico verrà punito”, ha dichiarato il numero uno del Cremlino in un videomessaggio televisivo, paventando l’ipotesi che proprio a Kiev fosse stato preparato un salvacondotto per i quattro esecutori materiali dell’attacco.È una ricostruzione, quella di Putin, che pare non convincere le cancellerie europee e internazionali, e che peraltro la stessa Farnesina si affretta a ridimensionare. “Speriamo che Putin non strumentalizzi un drammatico episodio di terrorismo per alzare la tensione: noi tutti ci dobbiamo impegnare per collaborare nella lotta al terrorismo, affinchè non si ripetano più episodi simili”, ha dichiarato il ministro degli Esteri Antonio Tajani in un’intervista del 24 marzo al Corriere della Sera.
Anche gli Stati Uniti ritengono che la rivendicazione da parte dell’Isis sia attendibile e pertanto non credono alla “pista ucraina”. Un’ipotesi, quella che sia stato il governo ucraino il mandante dell’attacco terroristico alla Crocus City Hall, che potrebbe essere mirata a giustificare, sul piano nazionale e internazionale, un’ulteriore escalation di violenza ai danni dell’Ucraina. A quel punto, potrebbe essere lo stesso Putin ad avere buon gioco nel non parlare più di “operazione militare speciale”, bensì apertamente di “guerra difensiva” contribuendo a diffondere, nell’opinione pubblica nazionale e internazionale, l’idea della Russia come paese sotto attacco.
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