Isteria e arroganza avevano posseduto gli Stati Uniti in egual misura dopo gli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001. L’amministrazione George W. Bush aveva deciso che la minaccia di simili calamità future richiessero una “guerra globale al terrorismo” che prendesse di mira un miscuglio di nemici. Questo “GWOT” mal concepito si è ritorto contro in molteplici modi, influenzando negativamente in particolare il Medio Oriente.
Un elemento centrale della guerra, cioè la decisione di Bush di invadere l’Iraq, si distingue per la mancanza di una preparazione ponderata e per le conseguenze devastanti. Se Bush avesse fatto una scelta diversa, migliaia di soldati americani e decine di migliaia di iracheni sarebbero ancora vivi. Gruppi terroristici come lo Stato Islamico dell’Iraq e della Siria (ISIS) probabilmente non sarebbero mai emersi, ed è possibile che i movimenti della primavera araba del 2011 non si sarebbero verificati o sarebbero andati diversamente. Anche l’Afghanistan avrebbe potuto ottenere un destino migliore se gli Stati Uniti e la comunità internazionale fossero stati capaci di concentrarsi sullo sviluppo del paese invece di dirottare risorse e attenzione verso l’Iraq.
Tra le conseguenze strategiche più ironiche e negative c’è stata che l’invasione ha eliminato un vecchio, seppur ridotto, nemico, il regime baathista di Saddam Hussein, e ha dato potere a un altro avversario statunitense molto più potente, la Repubblica Islamica dell’Iran. È stata l’invasione statunitense dell’Iraq a creare il collegamento vitale nell’odierna “mezzaluna sciita”, composta da Iran, Iraq, Siria e Libano.
L’Iran ha sfruttato il caos della guerra in Iraq per estendere la sua influenza, attingendo ad antichi legami religiosi ed etnici così come al più recente adescamento degli sciiti e dei curdi iracheni presi di mira da Saddam Hussein. Anche se molti iracheni si risentono per questa influenza, non sono riusciti a ridurla.
Molti degli iracheni su cui l’amministrazione Bush contava per creare un ordine post-Saddam vivevano in Iran o nella Siria, alleata dell’Iran, durante la guerra Iran-Iraq del 1980-88. Altri, come il defunto Ahmed Chalabi, che trascorse gran parte della sua vita adulta a Londra, erano opportunisti che capivano ciò che Bush e molti dei suoi consiglieri apparentemente non capivano: che nessun sistema duraturo post-Saddam avrebbe potuto essere creato senza la benedizione di Teheran. Chalabi aveva entusiasmato i neoconservatori americani nel periodo precedente all’invasione dell’Iraq con quella che si rivelò essere una “intelligence” fittizia sulle presunte armi di distruzione di massa di Saddam.
Chalabi ha anche promesso un nuovo Iraq democratico che sarebbe un modello per la regione, con tanto di riconoscimento di Israele. Nel 2004 tuttavia le forze statunitensi hanno fatto irruzione nel complesso di Chalabi a Baghdad alla ricerca delle prove che indicassero interferenze dell’Iran, senza tuttavia trovarle: era evidente che Chalabi aveva costruito ad hoc un’impalcatura per spingere gli Usa in un conflitto con la Repubblica Islamica.
Chalabi ha anche guidato un’epurazione draconiana degli ex baathisti, che ha ulteriormente spinto la minoranza sunnita irachena alle tensioni e ha contribuito a incitare sanguinosi conflitti settari.
FONTE: https://www.notiziegeopolitiche.net/iraq-errori-e-sottovalutazioni-degli-usa-per-il-dopo-saddam/
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