Di Sergio Demuru
Questa è una storia fatta di date, di momenti. E di prime volte. Era il 16 luglio 2001 quando, a livello giovanile, Luigi Datome ha vestito la sua prima maglia della Nazionale Italiana. Tutto il paese cantava le note di “Tre Parole” di Valeria Rossi, ai vertici delle classifiche musicali, e l’ex capitano è abbastanza diretto nell’identificare le tre parole che lui associa all’azzurro. Non sole, cuore e amore, ma «appartenenza, romanticismo, sacrificio». «Ho sempre pensato che la Nazionale fosse la parte romantica del professionismo.” dice Gigi Datome.
«Sacrificio perché si tratta di tanti mesi extra, di un impegno che ti prendi con grande voglia e desiderio perché è qualcosa che vuoi fare. Che ti riempie, ti realizza, ti rende centrato e completa una carriera sportiva». Da quella giornata di Viterbo in cui Datome ha indossato per la prima volta una maglia azzurra al 22 febbraio 2024 ci sono svariati giorni. Tanti, tantissimi, per arrivare a un nuovo esordio, a un nuovo modo di vestire i colori tanto amati. Italia-Turchia, il nostro esordio nelle qualificazioni a EuroBasket 2025, sarà una doppia prima volta ufficiale. Per Datome, la prima partita da capo delegazione azzurro. Per Nicolò Melli, l’amico e compagno di squadra di una vita, la prima presenza da capitano “ufficiale” della Nazionale. Per Gigi e Nick sarà anche la prima volta che un rispettivo esordio azzurro arriva a incrociarsi. Se per il nativo di Olbia dopo il 16 luglio 2001 a Viterbo c’è stato, a livello di Nazionale maggiore, il 2 giugno 2007 a Bari (amichevole contro la Croazia nell’avvicinamento all’Europeo), sono diverse le date per l’odierno capitano dell’Olimpia Milano.
7 luglio 2006 a livello di Nazionali giovanili, Francia-Italia al Torneo dell’Amicizia a Limoges. Proprio quella sfida che, poche ore dopo, a Berlino ha assegnato il titolo Mondiale nel calcio. 13 marzo 2011, invece, a livello di Nazionale maggiore. All Star Game al Forum, proprio in quella Milano che oggi è la sua casa a livello di club. Una prima volta, per Nicolò, anche da compagno di squadra proprio di Datome in quella occasione. Se il ruolo del capitano è sicuramente noto a chi è solito seguire le avventure di una squadra sportiva, diversa è la situazione quando si parla del capo delegazione. Il ruolo che Gigi Datome sta cominciando a vivere in questi giorni, quelli del raduno di Pesaro che precede Italia-Turchia. La veste di un coordinatore, di un punto di riferimento per l’intera macchina azzurra e tutte le anime che la compongono. Di assicurarsi che tutto fili per il meglio, senza intoppi, dal punto di vista organizzativo. E, allo stesso tempo, di rappresentare un ideale testimone tra generazioni azzurre. “I diversi staff devono comunicare in sinergia per far sì che i giocatori possano agire nel migliore dei modi, che si possano allenare bene e che possano giocare al meglio. Ho avuto la fortuna di vivere grandi organizzazioni da giocatore, posso portare questa esperienza nell’aiutare tutti gli staff a dare il meglio possibile” dice Gigi DaTome. Guardando al passato, vengono alla mente due esempi di grandi protagonisti azzurri da giocatore che hanno poi fatto parte della Nazionale in un’altra veste, quella dirigenziale. Uno è Dino Meneghin. Oltre all’indimenticabile argento olimpico di Mosca, l’oro europeo di Nantes e le altre medaglie vinte da giocatore, l’Hall of Famer di Alano di Piave è chiaro nel tracciare la differenza tra i due ruoli. «Da giocatore sei protagonista in campo, devi pensare a vivere bene il gruppo e a cercare di vincere», dice. «Da dirigente cambia completamente la prospettiva, devi interessarti di tutti gli altri facendo in modo che ciascun membro della Nazionale stia bene, a proprio agio. Devi essere a disposizione di tutti: non sei più protagonista, ma aiutante». Dino Meneghin vanta 271 presenze in carriera con la maglia della Nazionale Italiana da giocatore – meglio di lui soltanto Pierluigi Marzorati con 277 – e dopo di lui, nella classifica di ogni epoca, c’è un’altra indimenticabile icona azzurra che in comune a SuperDino ha anche la duplice veste nel rappresentare l’Italia. «Ho rappresentato la Nazionale in un momento in cui ci sono stati diversi esordi di giocatori che oggi sono punti di riferimento di questo gruppo», afferma Roberto Brunamonti, Team Director azzurro nelle gestioni Messina e Sacchetti. «Un ruolo diverso, ma altrettanto importante. Non solo per l’avere conosciuto chi già faceva parte di quella squadra, ma anche per avere aiutato i nuovi a inserirsi nel contesto». «Vivere l’azzurro in abito fuori dal campo è stato chiaramente diverso dal farlo solo da giocatore», continua il nativo di Spoleto. «Ma è stato altrettanto importante e coinvolgente. Nel mio ho cercato di dare un apporto a tutti, indipendentemente dall’esperienza che avevano in Nazionale. Credo di esserci riuscito, aiutando ogni giocatore a capire l’importanza e la fortuna di potere rappresentare il paese in competizioni internazionali».
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