Nell’isola di Ustica, nel Villaggio dei Faraglioni, è stata scoperta una fortificazione che risale a più di 3.000 anni fa che irrobustisce l’ipotesi di un sistema difensivo articolato e che getta nuova luce sulle tecniche di costruzione difensive dell’epoca. La scoperta è tutta italiana, è avvenuta con tecniche non invasive ed è stata inserita in un nuovo studio sottoposto a revisione paritaria e pubblicato sul Journal of Applied Geophysics. La ricerca ha coinvolto geologi, geofisici, architetti e archeologi ed è partita dall’esigenza di studiare alcune strutture che emergono a tratti nella zona. Alla scoperta hanno collaborato il Parco archeologico di Himera, Solunto e Iato della Regione Siciliana, l’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli, l’Associazione Villaggio Letterario di Ustica, il Laboratorio Museo di Scienze della Terra di Ustica, l’Università di Siena, il Dipartimento di Matematica e Geoscienze dell’Università di Trieste ed il ministero della Cultura.
Il Villaggio dei Faraglioni è un insediamento risalente all’età del Bronzo medio situato ad Ustica, in Sicilia. Fu popolato da una comunità evoluta la cui vita è stata interrotta da un evento improvviso la cui origine è ancora misteriosa. È protetto da un lungo muro ad arco di 250 metri rafforzato da contrafforti e copre un’area di circa 7.000 metri quadrati. Prosperò tra il 1400 ed il 1200 avanti Cristo ed è ritenuto uno degli insediamenti mediterranei meglio conservati della sua epoca. Nonostante le numerose campagne archeologiche iniziate già dagli anni ’70 però, il sistema difensivo non è ancora stato indagato completamente e numerosi aspetti, tra cui assetto generale, funzioni, tecnica costruttiva e cronologia necessitano di essere approfonditi e studiati. I ricercatori hanno studiato alcune strutture semi-sepolte che emergono a tratti sul terreno esterno al muraglione difensivo con lo scopo di indagare l’esistenza di una seconda struttura muraria in profondità. È stata eseguita un’analisi non invasiva tramite un tracciato di Tomografia a Resistività Elettrica (ERT), una tecnica che consente di acquisire informazioni tramite misurazioni di resistività elettrica, e di Ground Penetrating Radar (GPR), un metodo che utilizza impulsi radar per acquisire immagini del sottosuolo.
Le evidenze raccolte hanno permesso non solo di convalidare le ipotesi, ma «suggeriscono nuovi spunti e considerazioni sul complesso quadro del sistema difensivo che caratterizza questo insediamento». Il villaggio scoperto è un caso di studio se si guarda al contesto Mediterraneo dell’età del Bronzo «poiché dimostra che già a quei tempi doveva esistere un piano urbanistico con il compito di distribuire ordinatamente capanne e vie di accesso, e di progettare un lungo e alto muraglione difensivo assieme ad altre strutture antemurali, come quelle scoperte ora grazie alle indagini geofisiche», si legge nella nota stampa dello studio. Franco Foresta Martin, direttore del Laboratorio Museo di Scienze della Terra di Ustica, associato all’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia e coautore della ricerca, ha aggiunto: «La nostra scoperta apre una nuova finestra sulla comprensione di questo antico villaggio, suggerendo una complessità difensiva che va oltre le aspettative. La tecnologia geofisica ci ha permesso di svelare stratificazioni nascoste della storia, aprendo la strada a ulteriori indagini senza l’uso invasivo degli scavi». Infine, i ricercatori hanno annunciato l’intenzione di condurre ulteriori indagini non invasive che “si spera risponderanno ad ulteriori domande sull’evoluzione di questo prezioso insediamento situato nel cuore del Mar Mediterraneo”.
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