Per Pechino l’estate del 2023 è stata una stagione scandita dalle visite dei più alti rappresentanti dell’amministrazione Biden. Dopo mesi di incomprensioni e tensioni il segretario di Stato Anthony Blinken e le responsabili del Tesoro Janet Yellen e del Commercio Gina Raimondo sono atterrati nella capitale cinese per mandare un chiaro segnale: mettiamo da parte le divergenze e torniamo a parlare. L’operazione di public diplomacy ha segnato la riapertura di un canale di comunicazione tra la Casa Bianca e Zhongnanhai, quartier generale del Partito-Stato, in un momento in cui, dal Mar Cinese Meridionale a Taiwan, dall’Africa al Medio Oriente, si moltiplicano i punti di scontro, per ora solo verbale, tra Washington e Pechino.
Il direttore dell’Fbi Christopher Wray lancia ora un ulteriore allarme svelando una guerra di spie in corso tra gli Stati Uniti e la Cina che definisce più intensa di quella svoltasi ai tempi della Guerra Fredda. Entrambi i Paesi, infatti, sono impegnati in una sfida nell’ombra per cercare di intercettare le mosse dell’avversario, e di sfuggire alla trappola di Tucidide impedendo così lo scoppio di un conflitto tra potenze nucleari. Qualche anno fa Graham Allison nel suo libro “Destined for war” esponeva la tesi secondo la quale nella storia quando una potenza emergente minaccia, come in questo caso la Cina, di prendere il posto di quella dominante il risultato più plausibile è il confronto militare. Se condotte con efficienza le operazioni di spionaggio possono rivelarsi utili nell’impedire un’escalation. Se gestite male però rischiano di raggiungere il risultato opposto provocando crisi diplomatiche o veri e propri conflitti. La realizzazione, appunto, della trappola di Tucidide.
Un esempio di queste dinamiche si è avuto a febbraio quando un pallone spia cinese il cui obiettivo era la sorveglianza delle basi americane di Guam e le Hawaii è andato “alla deriva” finendo per sorvolare il territorio Usa. L’incidente, che aveva anche causato un’isteria per avvistamenti di oggetti non identificati nel nord America, aveva portato alla ben più rilevante cancellazione della visita prevista in quei giorni di Blinken a Pechino e ad un generale raffreddamento nei contatti tra i due Paesi.
In un’inchiesta pubblicata dal New York Times si apprende come Xi Jinping abbia approvato l’innalzamento del livello di spionaggio nei confronti della potenza rivale ma che non sempre venga aggiornato sulla situazione sul campo. Nel caso del pallone spia l’Esercito Popolare di Liberazione (ELP) avrebbe informato il presidente cinese solo quando la sonda era ormai entrata nello spazio aereo americano.
Secondo le analisi degli operativi Usa la Cina avrebbe potenziato le capacità di raccolta d’intelligence attraverso i satelliti, le intrusioni informatiche e l’uso dell’intelligenza artificiale. Quest’ultima adoperata in particolare per individuare la posizione dei sottomarini e per affermare la supremazia nello spazio.
Anche l’attività più tradizionale delle spie di Pechino ha raggiunto un’aggressività senza precedenti. In questo settore, in apparenza, Il Paese del dragone starebbe puntando ad infiltrare agenti nel governo, nelle aziende della difesa e in quelle tecnologiche americane. Nell’ultimo anno sono stati individuati almeno una dozzina di tentativi di accesso a basi militari Usa ad opera di cittadini cinesi. La principale struttura di intelligence del gigante asiatico, il Ministro per la sicurezza dello Stato, sfrutterebbe inoltre social media come Linkedin per reclutare risorse da impegnare nell’acquisizione di informazioni di prima mano.
L’allarme lanciato da Wray non è isolato. Nelle ultime ore in un raro intervento pubblico Ken McCallum, il direttore dell’MI5 (i servizi segreti interni di Sua Maestà), ha parlato di una campagna di spionaggio su “scala epica” che avrebbe portato sospetti agenti cinesi a tentare di “agganciare” oltre 20mila persone nel Regno Unito.
Il direttore dell’Fbi conferma che gli Stati Uniti non sono rimasti comunque inermi di fronte alle spregiudicate mosse del loro nemico strategico. Washington ha infatti ingrandito i centri anti-spionaggio e aperto migliaia di indagini su possibili sospetti nel Paese. La Cia avrebbe invece assunto più esperti di affari cinesi, incrementato il budget e intensificato operazioni in “città di frontiera” come Bruxelles, Abu Dhabi e Singapore.
Uno dei dossier più sensibili sui quali gli agenti Usa cercano di reperire informazioni è quello relativo a Taiwan. Secondo quanto comunicato lo scorso marzo dalla direttrice della National Intelligence Avril Haines in un’audizione al Congresso, gli Stati Uniti sono convinti che al momento “Pechino ritiene di trarre più benefici preservando la stabilità delle relazioni con gli americani”. Nel frattempo però gli 007 cinesi continuano ad infiltrarsi nel governo di Taipei e a minacciare l’isola ribelle. La posta in gioco è troppo alta per abbassare la guardia.
FONTE: https://it.insideover.com/difesa/usa-cina-in-corso-una-guerra-di-spie-senza-precedenti.html
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