L’Europa scende in campo contro le auto elettriche made in China e nella presa d’atto della sfida di Pechino c’è sia la volontà di seguire il trend americano di braccio di ferro con la Repubblica Popolare sui veicoli di nuova generazione sia il timore di rimanere, vaso di coccio tra i vasi di ferro, sguarniti di fronte ai mutamenti industriali che l’Europa dovrà assecondare a livello di mercato visto la svolta al 100% elettrico prevista per il 2035.
Il mercato globale dell’auto elettrica è in rapida crescita, e si prevede che raggiungerà i 1,2 trilioni di dollari di valore entro il 2030, anno in cui l’Agenzia Internazionale dell’Energia prevede che due auto vendute su tre al mondo saranno di questo tipo. Questa crescita sta creando nuove opportunità per le aziende di tutto il mondo, e sta alimentando la competizione tra Occidente e Cina. Ma anche un “derby” tra le due sponde dell’Atlantico che ha pungolato Ursula von der Leyen a seguire Thierry Breton, super-commissario all’Industria, e a prendere di petto la “sfida cinese” sulla transizione energetica. Versione moderna e contemporanea di quella “sfida americana” sulla tecnologia di frontiera persa dall’Europa tra gli Anni Settanta e Ottanta.
Il tema è diventato centralissimo a metà settembre, quando la presidente della Commissione ha incaricato le strutture interne di produrre un rapporto sulla potenziale minaccia di manipolazione del mercato europeo da parte della Cina tramite artificiosi sussidi industriali per inondare il mercato comunitario di veicoli elettrici prodotti sul suo territorio.
Una presa di posizione che segnala la volontà di aprire una sfida industriale a tutto campo. L’Occidente, che ha storicamente dominato il mercato automobilistico, sta cercando di recuperare terreno in termini di tecnologia e produzione. La Cina, invece, ha fatto enormi investimenti in questo settore negli ultimi anni, e ora è il principale produttore di auto elettriche al mondo.
La lotta per la catena del valore globale dell’auto elettrica si sta svolgendo su diversi fronti. Uno dei più importanti è quello della produzione di batterie. La Cina è il maggiore produttore di accumulatori al litio, la forma più diffusa nel mercato, al mondo, e sta investendo massicciamente nella produzione di batterie a stato solido, che sono più efficienti e resistenti. L’Occidente, in questa fase critica, sta cercando di ridurre la sua dipendenza dalla Cina in questo settore, e ovunque le aziende stanno investendo in nuove tecnologie e in nuovi impianti di produzione. Lo stop di Ford a un impianto negli Usa da 3,5 miliardi di dollari del colosso cinese Catl, di recente, ha evidenziato il desiderio di decoupling dell’i.
Un altro fronte importante della lotta è quello della produzione di semiconduttori. I semiconduttori sono essenziali per la produzione di auto elettriche, e la Cina è il secondo produttore mondiale di questi componenti. L’Occidente, che è il principale mercato di consumo di semiconduttori, sta cercando di ridurre la sua dipendenza dalla Cina in questo settore, e sta investendo in nuovi impianti di produzione in Europa e negli Stati Uniti.
Infine, la lotta per la catena del valore globale dell’auto elettrica si sta svolgendo anche sul fronte della tecnologia. L’Occidente ha un vantaggio in termini di ricerca e sviluppo, ma la Cina sta rapidamente recuperando terreno. Le aziende cinesi stanno investendo massicciamente in ricerca e sviluppo, e stanno sviluppando nuove tecnologie che potrebbero rivoluzionare il settore dell’auto elettrica.
Come nota il Financial Times, “mentre gli europei sono alle prese con l’integrazione di batterie costose in modelli più economici, la strategia a lungo termine della Cina di scommettere sulle batterie ha permesso ai suoi giocatori di essere leader nella tecnologia che alimenta i suoi modelli”, storicamente di fascia inferiore rispetto a quelli europei anche se, come riporta Jato Dynamics “il prezzo medio di un veicolo elettrico cinese venduto nell’Ue è stato di 48.581 euro nella prima metà del 2023, rispetto a un costo di 67.607 euro per i marchi non cinesi”, un differenziale di quasi il 29% che però vede la quota più bassa ancora lontana dalla fascia di largo consumo.
Dominare le future catene del valore di batterie e componenti sarà cruciale per controllare le filiere dell’auto elettrica che dal 2035 dovrà rappresentare il 100% del venduto in Europa nel mercato. La Commissione spinge dunque per un decoupling massiccio dalla Cina volendo evitare che, al contempo, l’alternativa sia l’invasione dei modelli prodotti negli Usa. L’Inflation Reduction Act di Joe Biden sta rimodellando le catene del valore della superpotenza a stelle e strisce nei settori più strategici e l’Europa ha bisogno di mettere a terra piani simili per far sì che il disaccoppiamento da Pechino crei un friend-shoring delle catene del valore che non porti gli States a fagocitare l’Europa.
Per la rivista energetica Cobalt puntare sulle batterie in Europa è vitale perché si possa ottenere un’accelerazione di quella “radicale riduzione di costo delle batterie già vista negli ultimi anni e che proseguirà col maggior mercato, e il contestuale aumento della loro densità energetica, che porteranno ad autonomie e costi competitivi delle auto elettriche. In sostanza, una situazione in grado di soddisfare seriamente le aspettative del consumatore” e di incentivare la domanda spingendo le case ad avere, col mix di investimenti pubblici, economie di scala e aumento delle richieste, tutti gli incentivi a anticipare con le programmazioni industriali nei fatti la transizione. Una partita che ha valenza economica, tecnologica e anche geopolitica. E che segnerà i rapporti tra le due sponde dell’Atlantico in termini di gerarchia industriale e tra Occidente e Cina in materia di ricerca della supremazia nei nuovi trand della transizione ecologica.
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