L’ultima mossa degli Stati Uniti ha riscaldato le già bollenti acque del Pacifico. In occasione della riunione dei leader dei Paesi del Pacifico, tenutasi alla Casa Bianca lo scorso 25 settembre, Joe Biden ha annunciato il riconoscimento da parte degli Usa delle Isole Cook e Niue come “Stati sovrani e indipendenti”, spiegando che Washington avvierà regolari relazioni diplomatiche con entrambi.
Questa strategia sembra avere un fine ben preciso: contrastare la crescente presenza (e influenza) della Cina in una regione tanto strategica quanto delicata ai fini della sfida a distanza tra Stati Uniti e Repubblica popolare cinese.
Biden è partito da lontano, ricordando che gli americani hanno usato le piste di atterraggio delle Isole Cook durante la Seconda Guerra Mondiale e che la fumata bianca “ci permettere di allargare questa nostra partnership per affrontare le sfide più importanti, dal contrasto alla pesca illegale, alla lotta ai cambiamenti climatici, per costruire una crescita economica inclusiva e far avanzare una regione Indo Pacifica libera ed aperta”.
Anche per Niue, il presidente statunitense ha parlato di un “rafforzamento della cooperazione“, con l’isola che “svolge un ruolo costruttivo e cruciale nel Pacifico, sostenendo lo sviluppo regionale sostenibile, la sicurezza, la protezione marittima e la tutela degli oceani”.
La mossa di Biden
Biden non ha citato la Cina, che pure era la presenza implicita dell’incontro. Già, perché negli ultimi anni Pechino ha lavorato per incrementare il proprio raggio d’azione nel Pacifico, stringendo accordi e intese con i governi locali. Il caso più eclatante chiama in causa le Isole Salomone, che un anno fa hanno siglato con il Dragone un accordo quadro relativo alla cooperazione in materia di sicurezza.
In quelle settimane, la Casa Bianca aveva avvertito le autorità delle isole del fatto che la loro intesa siglata con il governo cinese avrebbe generato “potenziali implicazioni di sicurezza regionali”. Di tutta risposta il primo ministro locale, Manasseh Sogavare, aveva definito “offensive” tali critiche, precisando che il suo Paese non stava subendo alcun tipo di pressione dalla Cina.
Tornando al presente, Sogavare ha disertato l’appuntamento alla Casa Bianca, dopo aver usato il suo intervento all’Assemblea Generale per lodare la cooperazione allo sviluppo di Pechino come “meno restrittiva, più reattiva ed allineata ai bisogni della nostra nazione”. In ogni caso l’immediata reazione di Washington non è mancata, visto che gli Usa hanno riaperto la loro ambasciata nel Paese, chiusa da 30 anni, hanno aperto quella a Tonga e si preparano ad aprirne una anche a Vanautu.
Lo scontro nel Pacifico
Le Isole Cook sono costituite da 15 piccole isole nel Pacifico meridionale, sono una democrazia parlamentare dotata di autogoverno in libera associazione con la Nuova Zelanda. Lo stesso status di cui gode dal 1974 l’isola di Niue, che si trova sempre nel Pacifico meridionale. Entrambe hanno una popolazione complessiva di meno di 20.000 abitanti, ma formano una vasta zona economica nel Pacifico meridionale. Dopo essere stata considerata per decenni una zona di poco interesse, il citato Pacifico meridionale è diventata un’importante arena per la competizione sino-americana.
Pechino, come detto, ha notevolmente aumentato la sua presenza economica, politica e militare in loco, costringendo gli Usa a fare altrettanto. In questa partita a scacchi, la Cina ha appena varato una partnership strategica con Timor est. L’accordo è stato annunciato in occasione della partecipazione la scorsa settimana del premier Xanana Gusmao alla cerimonia di apertura dei Giochi Asiatici nella città cinese di Hangzhou. Riconoscendo le Isole Cook e Niue, Biden ha alzato un primo argine di fronte al dinamismo diplomatico cinese che promette di non fermarsi. L’ennesimo testa a testa Usa-Cina sta per entrare nel vivo.
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