Di Andrea Zotti
L’economia e la psicologia, intese l’una come scienza economica e l’altra come scienza del comportamento, sono discipline che presentano statuti diversi (propri argomenti, metodi e obiettivi). Tale diversità viene per lo più attribuita al fatto che l’economia dovrebbe occuparsi della razionalità della condotta umana, mentre la psicologia dovrebbe limitare il suo raggio d’azione alle cause, vere o presunte, coscienti o inconsce, che riducono la possibilità di sviluppare una condotta razionale.
Molti economisti si sono interessati a comprendere perché gli esseri umani, nelle loro complessità e reciproca differenza, si comportino in determinati e osservabili modi. Per procedere in questa direzione, da un lato l’economia ha teso la mano verso l’interazione con altri ambiti di ricerca, in particolare con la psicologia e le neuroscienze; dall’altro gli economisti hanno sviluppato un rigoroso lavoro di analisi sul campo, che è basato sull’osservazione diretta dei comportamenti in esperimenti controllati.
Che suggerimento hanno apportato le scienze cognitive?
L’ipotesi di fondo è che i soggetti operanti nel mercato siano in grado di rappresentare a sé stessi il mondi in cui vivono, i propri scopi, le proprie interazioni attraverso mezzi e formati che includono pensieri, immagini, schemi e sentimenti; che abbiano sistemi di credenze e opinioni in parte personali, in parte socialmente condivise; che si collochino in un contesto strutturato incerto, ovvero caratterizzato da aspetti fondanti che non sono prevedibili con certezza spesso neanche in termini probabilistici.
L’obiettivo principale della psicologia economica è quello di applicare i modelli dell’economia cognitiva alle situazioni controllate tipiche delle neuroscienze, per tentare di colmare lo scarto esplicativo tra attività cerebrale e varie forme di comportamento economico osservabile.
La psicologia economica ha una duplice matrice di appartenenza: è parte della psicologia poiché ne applica le teorie per studiare il comportamento economico in funzione delle motivazioni, percezioni, delle aspettative e degli atteggiamenti all’interno delle condizioni imposte dall’ambiente economico percepito. È parte dell’economia in quanto cerca di individuare quei fattori che creano variazioni nel comportamento economico e che sono di conseguenza responsabili della difficoltà di prevederlo.
In breve: La psicologia economica da sempre ha cercato di fornire nuove percezioni/sintesi in grado di condurci a condizioni economiche FAVOREVOLI generando un malinteso: anteporre/privilegiare efficienza/efficacia nel lavoro a discapito nella scala delle priorità di riflessioni sul benessere socio emozionale, che andrebbe riportato invece a un livello di ordine primario. Sappiamo come nel mondo della ricerca questa affermazione abbia avuto delle implicazioni di notevole portata, non solo nello studio del soddisfacimento dei bisogni ma soprattutto per disporci a essere più preparati in tutti gli ambiti della società
Cosa comporta questa scelta?
Uno spostamento dell’attenzione in favore delle interazioni sociali e, dunque, una nuova visione dell’economia, supportata dalla psicologia, e che bisogna necessariamente contestualizzare nella realtà.
Per poter organizzare un corpus teorico coerente le ricerche hanno bisogno di risultati, è di fondamentale importanza spostare l’attenzione sulle interazioni. Nasce così a necessità di ricercare una vita secondo scopi importanti e degni di essere perseguiti richieda un approfondimento delle caratteristiche dell’essere umano, quali:
– coraggio;
– intelligenza emotiva e relazionale;
– educazione;
– intrecci familiari;
– formazione carattere e facoltà intellettuale.
è opportuno sottolineare come una sintesi scientifica debba essere in grado di condurre a una più vasta e completa comprensione dei problemi economici e umani, più in generale, possa essere letto come un invito a rivedere il rapporto tra gli aspetti qualitativi del sistema economico e la soddisfazione dei bisogni dell’uomo.
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