È un edificio bianco e squadrato, situato al 1450 di Laguna Street. Impossibile non riconoscerlo: sopra il terrazzino che si affaccia sulla porta d’ingresso svettano lo stemma e la bandiera della Repubblica popolare cinese. Siamo a San Francisco, negli Stati Uniti, precisamente nello Stato della California, e il Consolato cinese di questa megalopoli è nuovamente finito al centro di una misteriosa notizia di cronaca.
Lo scorso 9 ottobre, intorno alle 15:00 di un normalissimo lunedì pomeriggio, un’auto si è schiantata contro l’ufficio visti della sede diplomatica di Pechino. La polizia è subito intervenuta sul posto trovandosi di fronte una scena surreale: una vettura, una Honda Civic blu, aveva appena sfondato l’atrio del consolato.
Gli agenti hanno quindi sparato al conducente del mezzo, armato, prima di arrestarlo e condurlo in un vicino ospedale, dove l’uomo è deceduto. Al momento dell’assalto, c’erano circa 20 persone nella sala d’attesa dell’ufficio visti. I testimoni hanno descritto l’autore del folle gesto come un trentenne. “Questo ragazzo esce dall’auto chiedendo a gran voce: ‘Dov’è il Pcc (abbreviazione per Partito comunista cinese ndr)? “, ha raccontato al San Francisco Standard uno dei presenti.
L’assalto al consolato cinese
L’autista, dopo aver sfondato l’atrio della sala visti con la sua auto, ha provato a risalire a bordo del mezzo. A quel punto, il personale di sicurezza lo avrebbe trattenuto consentendo alle altre persone di lasciare l’edificio in attesa dell’arrivo della polizia. Perché mai qualcuno dovrebbe lanciare un simile assalto contro il consolato cinese?
La sede diplomatica cinese di San Francisco ha dichiarato in un comunicato che l’autista si è schiantato in un’area in cui vengono gestiti i documenti consolari, “costituendo una seria minaccia per la vita e la sicurezza del personale e delle persone sul posto”. “Condanniamo severamente questo attacco violento e ci riserviamo il diritto di perseguire le responsabilità legate all’incidente”, ha proseguito il consolato.
Dopo qualche giorno, le autorità hanno diffuso il nome dell’assalitore: Zhanyuan Yang, 31 anni, di San Francisco, ma non il movente. Stando a quanto fin qui emerso, Yang ha effettuato l’irruzione nell’edificio diplomatico cinese con un’auto registrata ad un’altra persona. Era in possesso di un paio di coltelli e di una balestra.
Il ragazzo, originario della provincia cinese dello Shandong, abitava a San Francisco da qualche anno, in una casa di Inner Sunset, insieme ad almeno un coinquilino. Quest’ultimo lo ha descritto come un tipo molto riservato. Ha però aggiunto alcuni particolari inquietanti: Yang aveva in stanza un deposito di repliche di armi da fuoco, insieme ad un libro sugli omicidi politici, cinque pistole vere nonché una pila di altre armi d’assalto, un drone e un coltello. La polizia di San Francisco sta lavorando con il Dipartimento di Stato americano per dare un contesto allo strano incidente. Si è trattato di un semplice raptus di un comune cittadino o l’intera vicenda fa parte di qualcosa di più delicato?
L’edificio dei misteri
L’episodio è avvenuto settimane prima che San Francisco ospitasse il vertice sulla cooperazione economica Asia-Pacifico, dove il massimo leader cinese, Xi Jinping, dovrebbe e potrebbe incontrare il presidente statunitense Joe Biden. Non sappiamo tuttavia se il gesto di Yang sia di matrice politica o se il 31enne abbia sferrato il suo attacco per altre ragioni.
Di certo il consolato cinese di San Francisco non è nuovo a misteri del genere. Nel 2020, nel bel mezzo di una sorta di caccia a presunte spie cinesi, il dipartimento di Giustizia Usa aveva incriminato quattro persone con cittadinanza cinese, accusate di aver nascosto i propri legami con Pechino. Tre erano state arrestate. La quarta rispondeva al nome di Tang Juan, una ricercatrice cinese accusata di possedere un visto falso e di nascondere i suoi legami con l’Esercito popolare di liberazione cinese.
Mentre l’Fbi era sulle tracce di Tang, definita dagli Usa una ricercatrice militare, e forse una spia, la donna aveva trovato rifugio proprio presso il Consolato cinese di San Francisco. In circostanze poco chiare, dopo qualche settimana il suddetto Dipartimento di Giustizia Usa informava che Tang era stata arrestata. Anche in quella circostanza, c’era di mezzo il Consolato della Cina di San Francisco.
La “base operativa” cinese della California è particolarmente importante vista la sua locazione, a due passi dalla Silicon Valley, paradiso di ogni novità tecnologica e delle più importanti compagnie del settore. Grazie a questo edificio operativo a “Frisco”, i diplomatici cinesi sono in grado di gestire le attività in questa ricchissima area per conto del proprio Paese. Sulla scia delle tensioni con Pechino, gli Usa ritengono che sia in corso una campagna sponsorizzata dal governo cinese per rubare informazioni su ricerca e sviluppo delle università statunitensi. Non ci sono prove ma i sospetti di Washington crescono giorno dopo giorno.
Commenti
Posta un commento
Partecipa alla discussione