È con panem et circenses, ovvero pane e giochi, nutrizione e intrattenimento, che stati e imperi si mantengono in vita, distraendo la cittadinanza dai problemi che ne affliggono la quotidianità e stregando e ingannando alleati e rivali.
Le arene sono state sostituite dagli stadi, i tornei tra gladiatori dalle partite di calcio, le corse olimpiche da Olimpiadi e Mondiali, il teatro da televisione, cinema e streaming. Gli imperi vanno e vengono, i giochi circensi cambiano, ma la legge dell’intrattenimento come arma di distrazione (e di influenzamento) di massa è eterna.
Le grandi potenze, in special modo quelle con un’identità imperiale o con aspirazioni egemoniche, conoscono nell’intimità il potere dell’intrattenimento. Perciò l’India ha Bollywood, la Nigeria ha Nollywood, Turchia, Russia e Cina investono in kolossal pedagogici e gli Stati Uniti hanno Hollywood, l’industria dell’intrattenimento più grande del pianeta.
Hollywood, un complesso militare-cinematografico
L’intrattenimento può avere finalità distrattive e pedagogiche. E anche nei prodotti comici può trovarsi molta pedagogia, sebbene in maniera sottile e quasi impercettibile ai più, essendo il senso dell’umorismo lo specchio dei valori dominanti di una nazione.
Hollywood è la prova di quanto il cinema, se prestato agli interessi nazionali, possa educare le masse di una pluralità di paesi. Edificata a inizio Novecento, e originariamente focalizzata sul pubblico domestico per fini distrattivi, Hollywood ha iniziato a subire una radicale trasformazione, che l’ha poi portata ad assumere le sembianze della massima espressione del complesso militare-cinematografico degli Stati Uniti, nel periodo interguerra.
Negli anni Trenta, su input del lungimirante Franklin Delano Roosevelt e nel contesto della sua Politica di buon vicinato (Good Neighbor policy), personaggi come Nelson Rockefeller e John Hay Whitney cominciarono a investire nella produzione di pellicole capaci di migliorare le relazioni culturali e politiche Stati Uniti-Latinoamerica. Whitney, un Kevin Feige ante litteram, era dell’idea che “il potere dei film di Hollywood potesse vincere i cuori e le menti dei latinoamericani e convincere gli americani dei benefici di dell’amicizia panamericana”.
Whitney provò ai superiori di avere ragione. Fu il creatore di una delle sex symbol più amate dell’epoca, la brasiliana Carmen Miranda, i cui film a tema panamericano spopolarono nell’Emisfero occidentale e contribuirono in maniera determinante a portare l’Iberoamerica negli Stati Uniti e gli Stati Uniti in Iberoamerica. Nel secondo dopoguerra, memore dell’era Whitney, Washington avrebbe trasformato Hollywood nel principale proiettore del soft power a stelle e strisce nel mondo. Per creare l’Occidente. E per contenere il comunismo sovietico.
Il potenziale politico-culturale di Hollywood, intuito durante l’era Roosevelt, iniziò a essere capitalizzato appieno durante la Seconda guerra mondiale, che vide la revisione di oltre millecinquecento sceneggiature da parte dell’Office of War Information, e nel corso della Guerra fredda con l’aiuto della neonata Central Intelligence Agency, erede dell’Office of Strategic Services, alla quale la Casa Bianca diede il mandato di sorvegliare i membri dello star system in odore di comunismo e di provvedere consulenti per massimizzare l’impatto di film thriller, storici, di guerra e sull’American Dream.
La trasformazione definitiva di Hollywood, da industria cinematografica ad appendice audiovisiva del complesso militare-industriale, iniziò a cavallo tra la fine degli anni Quaranta e i primordi degli anni Cinquanta. Periodo, breve ma intenso, contrassegnato da cacce alle streghe, audizioni congressuali e censure. Periodo della demonizzazione dei celeberrimi Hollywood Ten, i registi e sceneggiatori Alvah Bessie, Herbert Biberman, Lester Cole, Edward Dmytryk, Ring Lardner Jr, John Howard Lawson, Albert Maltz, Samuel Ornitz, Adrian Scott e Dalton Trumbo, e dell’incarcerazione di alcuni di essi.
Ma Hollywood non doveva limitarsi a censurare. Doveva diventare una fabbrica di prodotti di intrattenimento a scopo pedagogico, volti a formare un’identità comune tra euroccidentali e nordamericani e a esportare i valori statunitensi nel mondo, avendone il potenziale. Parola di Elmer Davis, direttore dell’Office of War Information, che vedeva nell’intrattenimento il mezzo “migliore per iniettare un’idea nelle menti delle persone”.
Tra l’inizio degli anni Cinquanta e la fine degli anni Ottanta, in ottemperanza all’imperativo di arruolare Hollywood nella guerra culturale contro l’Unione Sovietica, consulenti di Langley e Pentagono contribuirono alla scrittura delle sceneggiature di film dall’alto impatto culturale, tra i quali Alba rossa, Berretti verdi, La fattoria degli animali, Top Gun e la saga di James Bond. Col risultato di plasmare l’immaginario collettivo di americani ed europei, divenuti occidentali (anche) grazie a Hollywood, e di diffondere soft power nel resto del pianeta.
Dal dopo-guerra fredda a oggi
La collaborazione tra Langley/Pentagono e Hollywood non è venuta meno nel dopo-guerra fredda. Anzi. La necessità di rendere accattivante il lavoro del soldato e della spia, per esigenze di reclutamento, e il sorgere di nuove minacce, come il terrorismo islamista, hanno fatto sì che le relazioni tra mondo securitario e industria cinematografica diventassero ancor più strette.
Alla ricerca di una replica dell'”effetto Top Gun”, avendo giocato il celebre film con Tom Cruise un ruolo-chiave nella ripopolarizzazione di Air Force e Navy presso il pubblico americano, Cia e Difesa hanno partecipato alla realizzazione di decine di blockbuster negli anni della Guerra al Terrore, tra i quali Argo, The Kingdom e Zero Dark Thirty.
Sovietici e tedeschi dell’est come principali nemici delle pellicole americane durante la Guerra fredda, i serbi durante gli anni Novanta, i terroristi nel corso della Guerra al Terrore, e infine russi, siriani e nordcoreani allo scoppio della competizione tra grandi potenze. Sceneggiature scritte sotto dettato, utili a sensibilizzare gli spettatori sulle cifre distintive dell’epoca in cui vivono e altrettanto importanti per comunicare con le altre potenze, come nel caso de Il ponte delle spie.
Nel calderone della cooperazione tra Cia e Hollywood, oggi, è possibile trovare un po’ di tutto, persino i film Marvel, perché è anche nel divertimento, appunto perché tale, che possono essere inoculati messaggi subliminali su idee che, a differenza dei nemici, che vanno e vengono, devono essere perpetuate e reinventate in continuazione, come l’American dream, l’American exception e l’American way of life.
FONTE: https://it.insideover.com/storia/cia-hollywood-la-love-story-che-ha-cambiato-il-mondo.html
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