L’Italia si allontana sempre di più dall’influenza economico-commerciale della Cina e giura, per l’ennesima volta, fedeltà a Washington. La premier Giorgia Meloni, in occasione del G20 tenutosi a Nuova Delhi, ha infatti ufficializzato la sua intenzione di archiviare la partecipazione italiana alla “Nuova Via della Seta“, progetto di sviluppo economico condiviso e promosso da Pechino a cui il nostro Paese aveva aderito nel 2019, ai tempi del governo Conte I. Contestualmente, la premier ha sottoscritto l’accordo per il corridoio economico India-Medio Oriente-Europa, che vede anche la firma degli Usa e che il Presidente americano Joe Biden ha definito «un grande investimento».
Era il 2013 quando il presidente cinese Xi Jinping presentò, dalla capitale del Kazakistan Astana, l’intenzione di inaugurare una nuova “cintura economica lungo la Via della Seta”. Un disegno estremamente ambizioso per il Dragone, che ha tuttora l’obiettivo di collegare in un solo grande mercato il continente euroasiatico, facilitando la penetrazione della potenza economica cinese dell’area Mediterranea e del Baltico. Il cuore del progetto, che intende rivalutare le antiche rotte commerciali della Via della Seta attraverso la “Cintura economica della Via della Seta” e la “Via della Seta Marittima del 21° secolo”, vede la realizzazione di un nuovo network di ferrovie, porti, oleodotti, reti elettriche e autostrade, al fine di trasportare merci tra Oriente e Occidente e velocizzarne il transito.
Il piano cinese ha ovviamente incontrato la forte ostilità degli Stati Uniti d’America, desiderosi di mantenere il proprio dominio economico sul continente europeo. A destare un forte allarme era stata, in particolare, la decisione di un tradizionale alleato degli Usa come l’Italia – sotto l’Esecutivo Conte I e su spinta del Movimento 5 Stelle (allora azionista di maggioranza nel governo) – di sottoscrivere un memorandum di intesa con la Cina sul progetto. Esso non aveva giuridicamente il valore di un accordo internazionale, dunque non prevedeva impegni vincolanti, ma andava ad individuare una serie di principi e modalità di collaborazione tra i contraenti. Nello specifico, l’accordo ha promosso la cooperazione bilaterale in sei diverse aree: trasporti, infrastrutture, commercio, cooperazione finanziaria, connettività tra le persone e cooperazione allo sviluppo verde. L’Italia è stato l’unico degli Stati del G7 a firmare. Ad ogni modo, le intenzioni a proseguire su questa strada si erano già ridimensionate con l’avvento del Governo Conte II e l’entrata del PD al posto della Lega come azionista di minoranza nell’Esecutivo, per poi inabissarsi con l’arrivo del governo Draghi e dell’Esecutivo guidato da Giorgia Meloni dopo la netta vittoria elettorale di Fdi nell’autunno dello scorso anno.
La premier italiana ha sostenuto che la ragione dietro la scelta di abbandonare il progetto sarebbe stata «puramente di convenienza economica», negando ingerenze degli Stati Uniti d’America. Convenienza che dovrà sicuramente essere approfondita, se solo si pensa che la Cina è il primo esportatore nel globo e che, da sola, rappresenta oltre il 20% dell’economia mondiale. La Cina riveste per l’Italia un ruolo fondamentale anche nelle importazioni, che si sono triplicate in poco più di un anno e hanno raggiunto il record di 3,3 miliardi di dollari.
Nelle stesse ore in cui partecipava al bilaterale con il premier cinese Li Qiang, Meloni firmava l’accordo, insieme a Stati Uniti, Arabia Saudita, Ue, India, Germania, Francia ed Emirati Arabi Uniti, sul grande progetto infrastrutturale del corridoio economico India-Medio Oriente-Europa come alternativa alla Via della Seta. «Quando abbiamo lanciato il Partenariato per le infrastrutture e gli investimenti globali (Pgii) un anno fa, ci siamo impegnati a costruire infrastrutture migliori per un futuro migliore in nazioni a basso e medio reddito – ha ricordato Meloni in conferenza a margine della firma del memorandum -. Ci siamo impegnati a collaborare con queste nazioni con un approccio egualitario non predatorio per creare nuove opportunità e prosperità». E il nuovo accordo fra India, Medio Oriente ed Europa andrebbe, secondo la premier, «esattamente in questa direzione», avendo la finalità di “rafforzare le interconnessioni globali».
«Voglio ringraziare il primo ministro Modi, il presidente Biden, la presidente von der Leyen e tutti gli altri che lo hanno reso possibile», ha aggiunto Meloni, che ha affermato che «ovviamente l’Italia è pronta a giocare un ruolo decisivo in questo processo, anche perché le compagnie italiane hanno un’esperienza unica nei settori marittimo e ferroviario». La Presidente del Consiglio ha dichiarato che le imprese italiane avranno la possibilità di sfruttare le proprie capacità professionali e saranno agevolate anche dal rafforzamento del partenariato strategico tra India (rivale interna della Cina nel gruppo dei BRICS) e Italia, che è stato confermato dall’incontro avuto da Meloni con il primo ministro Narendra Modi a New Delhi. A esprimere grande soddisfazione è stato il Presidente Usa Joe Biden, il quale ha sostenuto che il corridoio «creerà posti di lavoro e rafforzerà la sicurezza alimentare», costituendo «un investimento che rappresenta un punto di svolta» e per il quale occorre lavorare «insieme uniti».
Giorgia Meloni ha assicurato che l’abbandono del progetto della Via della Seta non porterà alla diminuzione delle relazioni commerciali con la Cina. Il primo ministro cinese Li Qiang ha dichiarato ai giornalisti che una relazione sana e stabile tra Cina e Italia «è in linea con gli interessi comuni di entrambi i Paesi ed è necessaria per un migliore sviluppo di entrambi». «Si spera – ha detto ancora – che l’Italia fornisca un ambiente imprenditoriale equo, giusto e non discriminatorio affinché le aziende cinesi possano investire e svilupparsi in Italia. La Cina continuerà ad espandere l’accesso al mercato per creare maggiori opportunità per i prodotti di qualità di entrare nel mercato».
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