«Perugino basta e avanza. L’opera annunciata come Raffaello», ha proseguito, «è infatti una versione, forse autografa, di un prototipo di Perugino conservato a Palazzo Pitti, di cui si conosce un’altra versione alla Galleria Borghese. Difficile che nel 1504, quando, in contrasto con il suo Maestro nello “Sposalizio della Vergine” di Caen, Raffaello, con infinita grazia, dipinge il suo mirabile “Sposalizio”, ora a Brera, che è tanto più libero, nuovo e sciolto di quello del maestro, egli si applichi a fare una copia del Perugino, che in quel momento ha già lasciato alle spalle». L’argomentazione del sottosegretario alla Cultura è lunga: «Altrettanto impossibile è che il Perugino dipinga una copia di Raffaello. Al massimo, dunque, la nuova versione, di collezione privata, è una replica del Perugino. Di cui verificare l’autografia, rispetto a quella certa delle opere conservate nei musei, e di pubblico dominio», ha detto Sgarbi. Per poi concludere con un attacco alla proprietà del dipinto: «Il gioco del privato che possiede un’opera “più autentica” di quella di un museo è già stato tentato, per Raffaello, con l’autoritratto giovanile. Poi la febbre è passata. Ma è evidente che la proprietà privata, e la conoscenza dal vivo di soltanto alcuni studiosi, sono pregiudizievoli per il riconoscimento della autografia».
FONTE: https://www.open.online/2023/09/17/dipinto-inedito-raffaello-sgarbi-smentita/
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