L’Ucraina torna a mettere Papa Francesco nel mirino dopo la discutibile critica alla Via Crucis pasquale in cui il Vaticano ha messo, per la seconda volta, fianco a fianco donne russe e ucraine per invitare alla pacificazione nel conflitto scatenato dall’invasione russa. Questa volta è sotto accusa il discorso tenuto da Papa Francesco a una riunione di cattolici russi presso la Basilica di Santa Caterina di San Pietroburgo.
Nel congedarsi dai convenuti Francesco, collegato dal Vaticano in videoconferenza, ha detto:
“Non dimenticare mai il patrimonio. Voi siete gli eredi della grande Russia: la grande Russia dei santi, dei governanti, la grande Russia di Pietro I, Caterina II, quell’impero – grande, illuminato, grande cultura e grande umanità. Non rinunciate mai a questa eredità, voi siete gli eredi della grande Madre Russia, andate avanti con essa. E grazie – grazie per il vostro modo di essere, per il vostro modo di essere russi”
Il Ministero degli Esteri di Kiev è insorto per le parole del Papa, definendo “imperialista” il discorso di Sua Santità. “È davvero un peccato che le idee di una grande potenza russa, che in realtà sono la causa dell’aggressività cronica della Russia, consapevolmente o inconsapevolmente, escano dalle labbra del Papa, la cui missione, a nostro avviso, è proprio quella di aprire gli occhi della gioventù russa sul corso distruttivo dell’attuale leadership russa”, ha scritto su Facebook il portavoce del ministero degli Affari esteri dell’Ucraina, Oleg Nikolenko. Nulla di più falso poteva esser detto.
Il Papa ha citato due sovrani simbolo di modernizzazione e sviluppo del Paese russo. Pietro il Grande avvicinò Mosca all’Occidente, costruendo poi la città di San Pietroburgo come simbolo di una capitale europea e moderna. Caterina è la grande innovatrice, la costruttrice di Odessa, la donna che ha unito i ceppi russi, ucraini e non solo nel grande progetto di sviluppo geopolitico e culturale del Paese. E dire che la Russia sia stata (anche grazie all’Ucraina!) una grande protagonista dello sviluppo culturale, umano e politico dell’Europa per secoli e, da Gogol a Puskin, passando per Tolstoj e Dostoevskij, abbia dato al Vecchio Continente figure protagoniste dello sviluppo della cultura e del pensiero globale non è certamente falso. Quanto all’espansionismo congenito, quale leader del passato si potrebbe non accusare di tali ambizioni? Pietro il Grande e Caterina sono forse diversi da Napoleone, Mehmet II, Luigi XIV, la Regina Vittoria, Federico il Grande e Maria Teresa d’Asburgo? Non ci sembra.
Inoltre, cosa più importante, il saluto del Papa ha oscurato la lettura complessiva del suo discorso ufficiale, pubblicato sul sito ufficiale del Vaticano, che contiene semi di pace gettati direttamente al cuore del mondo russo in cui il Cremlino alimenta la propaganda di guerra. Dice il Papa:
Vi invito a essere costruttori di ponti. Costruttori di ponti tra le generazioni, riconoscendo i sogni di coloro che vi hanno preceduto nel cammino. L’alleanza tra le generazioni mantiene viva la storia e la cultura di un popolo. Auguro a voi, giovani russi, la vocazione di essere artigiani di pace in mezzo a tanti conflitti, in mezzo a tante polarizzazioni che ci sono da tutte le parti, che affliggono il nostro mondo. Vi invito a essere seminatori, a spargere semi di riconciliazione, piccoli semi che in questo inverno di guerra non germoglieranno per il momento nel terreno ghiacciato, ma che in una futura primavera fioriranno.
Il governo di Kiev, con una semplice ricerca sul web, avrebbe potuto trarre un’impressione completamente diversa delle parole del Papa. Ma le ragioni della propaganda, spesso, oscurano la realtà: anche quando si è un Paese aggredito su cui il Papa ha speso più volte parole accorate circa l’insensatezza della guerra, arrivando a brandire in Vaticano una bandiera proveniente da Bucha (teatro di un massacro di civili a inizio guerra), è giusto pensare a quando in diplomazia è giusto seguire quel buon tacere che non fu mai scritto. E che spesso fa differenza tra prospettive politiche realistiche e sicumera. In quest’ottica il governo ucraino è sorprendentemente simile, nel giudizio sulle parole del Papa, al principale avversario della Santa Sede sul perseguimento della pace: il patriarca di Mosca Kiril, “cappellano del Cremlino” che dà della religione una lettura guerresca, diametralmente opposta a quella di Bergoglio.
Il Vaticano prosegue da mesi una missione emancipatrice che invita Russia e Ucraina a partire dalla consapevolezza del comune passato storico e culturale, esponendo spesso verità scomode per i belligeranti, come base di una pace duratura. Questo è il senso dell’offensiva del Papa. Un’offensiva per la Pace che in questo caso è stata condotta al cuore del Paese aggressore in un conflitto in cui la Santa Sede si è mantenuta neutrale pur distribuendo con attenzione torti e ragioni, mai negati. Un’offensiva che non potrebbe non essere ben vista nel Paese aggredito, in cui troppo spesso le pulsioni nazionalistiche stanno, oggigiorno, accecando il realismo politico. Di cui Papa Francesco resta, vox clamantis in deserto, un raro interprete.
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