Fondatrice e leader dell’organizzazione internazionale Our House per i diritti umani, Olga Karatch – giornalista, politica, attivista – ha fatto parte dell’opposizione a Lukashenko e per questo è stata classificata come “terrorista” dal Kgb bielorusso e inserita nell’elenco dei nemici del regime. Espatriata in Lituania, ha proseguito l’attività pacifista soprattutto a favore degli obiettori di coscienza, disertori, renitenti alla leva bielorussi, con la campagna “No significa No” contro la mobilitazione e la coscrizione militare, per sottrarre braccia e fucili all’esercito di Lukashenko, che si appresterebbe a preparare un secondo fronte contro l’Ucraina, a fianco della Russia di Putin.
“Questa decisione mira a screditarmi come difensora dei diritti umani – dice a caldo Olga Karatch –è un tentativo di costringermi al silenzio anche come femminista e limitare le mie attività per la pace e i diritti di chi rifiuta le armi e l’esercito”.
Consola che il provvedimento di diniego non prevede un decreto di espulsione, estradizione e rimpatrio, proprio in considerazione del fatto che in Bielorussia l’attenderebbe la pena capitale, e anzi le viene rinnovato il permesso di soggiorno in Lituania per altri due anni. In qualche modo lo standard europeo viene rispettato, ma resta il fatto politico, grave, del rifiuto di protezione ad una persona minacciata, che non ha compiuto alcun reato sul territorio del’Unione Europea.
La Campagna di Obiezione alla guerra ha espresso immediata solidarietà e ha garantito le risorse necessarie per la difesa legale e il ricorso alla Corte Suprema e se necessario alla Corte europea per i diritti umani, con il patrocinio dell’avvocato Nicola Canestrini, legale del Movimento Nonviolento, che subito si è messo a disposizione.
Olga Karatch rappresenta una figura di spicco del movimento pacifista europeo, insieme a Yurii Sheliazhenko anche lui proprio in questi giorni sotto attacco, accusato ingiustamente e falsamente di “giustificare la guerra di aggressione russa” e per questo sottoposto agli arresti domiciliari.
La verità è che l’obiezione di coscienza, la diserzione, la renitenza alla leva, sia in Bielorussia che in Russia come in Ucraina, sono ormai un fenomeno di massa che inizia a fare paura ad entrambi i fronti. Sottrarre persone agli eserciti, rifiutare la logica della armi, opporsi alla mobilitazione militare, è la strategia della nonviolenza, che è efficace perché senza soldati che sparano, la guerra non si può fare. È necessaria ora una azione politica che punti ad un obiettivo preciso: chiedere che l’Unione Europea e i governi nazionali (dunque anche al governo italiano) riconoscano lo status di rifugiati politici a tutti quei giovani russi, bielorussi e ucraini che rifiutano di combattere e si tolgono la divisa. La via della pace passa innanzitutto dal ripudio concreto della guerra.
Movimento Nonviolento
Campagna di Obiezione alla guerra
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