Il 6 agosto del ’45 la prima delle due bombe atomiche cadeva sul Giappone a Hiroshima. La strage si sarebbe ripetuta tre giorni dopo a Nagasaki. La storia, che viene scritta sempre dai vincitori, racconta che fu deciso di usare l’atomica per evitare il prolungamento della guerra e risparmiare vite, anzitutto quelle dei militari americani.
Brett Wilkins su Antiwar racconta tutt’altra storia, anzi la fa raccontare ai protagonisti dell’epoca.
Il Giappone voleva arrendersi
Così Wilkins: “I giapponesi, prima che venissero sganciate le bombe atomiche, per mesi avevano cercato un modo di ottenere una resa onorevole e i leader statunitensi lo sapevano. Il Giappone non poteva più difendersi dalla feroce e implacabile offensiva degli Stati Uniti; anni di intensi bombardamenti avevano distrutto la maggior parte delle città giapponesi, compresa Tokyo. Il generale Curtis ‘Bombs Away’ LeMay, comandante del bombardamento strategico, si era persino lamentato del fatto che non fosse rimasto altro da bombardare se non i ‘bidoni della spazzatura’”
“Gli Alleati, grazie a un’apparecchiatura segreta di decrittazione chiamata Magic, avevano intercettato e decodificato messaggi segreti inviati da Shigenori Togo, il ministro degli Esteri giapponese, all’ambasciatore a Mosca Naotaki Sato nel quale esprimeva il suo desiderio di porre fine alla guerra. ‘Sua Maestà è ansioso di far finire la guerra il prima possibile’, aveva comunicato via telegrafo a Sato il 12 luglio”.
“In una nota segreta datata 28 giugno, il sottosegretario alla Marina Ralph A. Bard scrisse che ‘il governo giapponese sembra che stia cercando una qualche opportunità da sfruttare per arrendersi’. In un’intervista del 1960, Bard ha ribadito che ‘i giapponesi erano pronti a fare la pace e si erano già avvicinati ai russi’ offrendo la resa”.
Più in là , Wilkins riporta anche le dichiarazioni dell’ammiraglio William Leahy, capo di stato maggiore di Truman: “I giapponesi erano già sconfitti e pronti ad arrendersi a causa del blocco marittimo e ai successi dei bombardamenti con armi convenzionali”.
L’unica condizione reale posta dal Giappone, scrive Wilkins, era che l’imperatore non subisse ritorsioni (cosa peraltro concessa anche dopo le bombe).
“Il 26 luglio [del ’45], i capi di Stato degli Stati Uniti, della Gran Bretagna e della Cina, con la Dichiarazione di Potsdam, chiesero la resa incondizionata del Giappone, minacciando, altrimenti, una ‘distruzione rapida e totale'”. Dieci giorni prima, ricorda Wilkins, gli Stati Uniti avevano testato l’atomica.
La bozza della dichiarazione specificava che l’imperatore Hiroito non sarebbe stato rimosso dal trono, ma “il Segretario di Stato James Byrnes cancellò” tale rassicurazione, rendendo più difficile la resa.
FONTE E ARTICOLO COMPLETO: https://www.piccolenote.it/mondo/hiroshima-nagasaki-le-atomiche-inutili
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