Golpe in Gabon. Si ripete lo scenario nigerino sul quale nell’ultimo mese si è concentrata l’attenzione internazionale, anche perché il Gabon, come e forse più del Niger, partecipa della Françafrique, così che l’influenza francese in Africa è scossa da un’ulteriore criticità.
La lunga dinastia dei Bongo
Incerto il futuro, dal momento che i militari hanno annullato le recenti elezioni e dichiarato sciolte tutte le istituzioni, ma garantito il rispetto degli impegni internazionali – a differenza del Niger dove sono subito partiti strali verso la Francia – certo, però, è il passato, che con il golpe vede la fine – almeno per ora – di un regime predatorio che dura da oltre cinquant’anni, quello della dinastia dei Bongo.
Ma prima di dipanare alcuni cenni storici, la cronaca. I golpisti hanno dichiarato che la loro azione è volta a tutelare il benessere del popolo, compromesso dal presidente deposto, attualmente agli arresti – come il suo omologo nigerino Bazoum – perché accusato, tra l’altro, di aver frodato le elezioni che si sono svolte lo scorso sabato, nella quali è stato rieletto con oltre il 60% dei voti, risultati dichiarati insieme all’oscuramento di internet e all’imposizione del coprifuoco in tutto il Paese.
Un esito ovviamente contestato dalle opposizioni, le quali si erano unite nel sostenere un unico candidato alla presidenza e che avevano già accusato Bongo di manipolare il processo elettorale in vari modi, tra cui il cambiamento, avvenuto all’ultimo minuto, di una norma più che importante.
Interessante la storia del Gabon, che fu una delle poche colonie francesi rimaste legate alla repubblica di Vichy (alleata dei nazisti), ma fu riconquistata nel novembre del ’40 dalle forze di De Gaulle.
Tornata così in seno all’Africa equatoriale francese, nel 1960 ottenne l’indipendenza grazie alla suddivisione dell’amministrazione coloniale transalpina in quattro stati: Gabon, appunto, Ciad, Repubblica Centrafricana e Repubblica del Congo (da non confondersi con la più vasta Repubblica democratica del Congo).
Omar Bongo, già vice del primo presidente gabonese Léon M’ba, salì al potere nel 1967 grazie ai legami con l’ex padrone coloniale, governando incontrastato fino al 2009 quando, alla sua morte, vinse le elezioni il suo ministro della Difesa e degli Esteri, Ali Bongo Ondimba, che casualmente era anche suo figlio, il quale da allora ha retto le sorti del Paese.
Certo, questi ha avuto qualche problema, in particolare nelle elezioni del 2016, quando fu eletto con soli 5.000 voti in più del suo competitor e dovette sedare con la forza le opposizioni che denunciavano brogli, ma sembrava che potesse spuntarla anche stavolta grazie ai buoni uffici dei padroni d’oltralpe.
Il bacio di Macron
Non per nulla lo scorso marzo Macron era sbarcato in Gabon per presenziare un summit sulla tutela delle foreste pluviali, ospite d’onore di Alì Bongo Odimba. Una visita che aveva suscitato le ire degli oppositori di Bongo, che lo avevano accusato di sostenere apertamente l’odiato presidente (Africa news).
Una prossimità indebita denunciata, dopo il golpe, anche dal leader de La France Insoumise, Jean-Luc Mélenchon, il quale ha accusato Macron di non aver ascoltato i tanti segnali di allarme e di “aver nuovamente compromesso la Francia sostenendo l’insopportabile fino alla fine”, cioè Bongo; e aggiungendo, significativamente, che “il Gabon è finalmente riuscito a liberarsi del suo fantoccio presidenziale solo grazie all’intervento dei suoi militari […]. Gli africani stanno voltando pagina”.
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