Il figlio del presidente Usa Joe Biden, Hunter Biden, ha annunciato oggi l’intenzione di dichiararsi colpevole di due episodi di evasione fiscale commessi nel 2017 e nel 2018, quando non aveva dichiarato una serie di compensi per centinaia di migliaia di dollari ricevuti per consulenze.
Lo speaker repubblicano della Camera, Kevin McCarthy, ha tuttavia bollato l’iniziativa di Hunter Biden come un escamotage per distogliere l’attenzione della giustizia da grane ben più grosse che coinvolgerebbero anche il padre presidente, tant’è che per la prima volta ha pronunciato in un suo intervento alla Camera la parola “impeachment”.
Di mezzo vi sarebbero infatti i rapporti di due fonti dell’Agenzia delle entrate che indicherebbero fior di milioni di dollari dirottati verso la famiglia Biden, denaro on proprio limpido proveniente dall’estero: pochi giorni fa il senatore Chuck Grassley ha reso note informazioni classificate dell’FBI, diffuse nonostante le forti proteste da parte dell’ente governativo, da cui risulterebbe che il fondatore di Burisma Mykola Zlochevsky avesse pagato due tangenti di 5 milioni di dollari all’allora vicepresidente Joe Biden e al figlio Hunter Biden per far licenziare il procuratore ucraino Viktor Shokin.
Burisma è una holding ucraina con sede a Limisso (Cipro) e fondata nel 2002 che si occupa di gas e petrolio, e in base alle risultanze il figlio di Biden era nel consiglio di amministrazione dell’azienda con uno stipendio di 50mila dollari al mese. In particolare Zlochevsky avrebbe inteso di utilizzare l’influenza politica di Hunter Biden per fermare le indagini di Shokin sul riciclaggio di denaro che interessavano la holding, ed anche nel 2020 i funzionari ucraini avevano sequestrato una tangente in denaro di 6 milioni di dollari.
Sempre in base ai documenti forniti, Zlochevsky avrebbe conservato diciassette registrazioni segrete con Hunter e Joe Biden come polizza di “assicurazione”.
Va notato che già nel 2018 Joe Biden aveva ammesso di aver fatto pressioni sul presidente ucraino Petro Porosenko per far licenziare Shokin, che stava indagando sulla società energetica ucraina di cui era consigliere suo figlio, ricorrendo persino alla minaccia di trattenere una garanzia di prestito statunitense da 1 miliardo di dollari.
Un affaire poco chiaro e che rischia di investire Biden nel pieno della “sua” guerra in Ucraina, per quanto difficilmente l’impeachment passerebbe al Senato dove i democratici hanno la maggioranza.
Nel 2020 Donald Trump aveva passato indenne la richiesta di impeachment della Camera: il caso era l’Ucrainagate, dove Trump era accusato di abuso di potere e di ostruzione per aver inviato il noto avvocato Rudy Giuliani a fare pressioni sul presidente ucraino Voldymyr Zelensky al fine di avviare un’inchiesta ufficiale su Joe Biden e il figlio Hunter proprio sul caso Burisma. Nel 2019 una talpa aveva trascritto e reso nota la telefonata di Trump all’allora collega Zelensky, in cui veniva formulata la richiesta di far partire le indagini volte a screditare l’immagine di Biden, e a metterlo fuori gioco in vista della corsa alle presidenziali.
Alla luce dei recenti fatti sussiste la possibilità che Trump non vi avesse visto sbagliato, e che il caso Burisma possa rappresentare il tallone d’Achille della famiglia Biden.
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