Il poeta brasiliano contemporaneo Augusto de Campos disse che trattava le parole come Pelè trattava il pallone. Questo per dire la grandezza del musicista, pur nella sua semplicità di voce e chitarra. E nulla più.
La sua genialità consistette anche in questo, nell’aver rinnovato profondamente la musica brasiliana con apparente semplicità, fondendo il samba, la musica etnica, con le suggestioni provenienti dal jazz, dallo swing e dal melodico europeo. La sua genialità consistette nell’aver portato al mondo la bossanova. Parliamo del musicista e cantante Joao Gilberto.
Joao Gilberto Prado Pereira de Oliveira nacque a Juazeiro nello stato di Bahia il 10 giugno 1931 sesto di sette figli di Joviniano Domingos de Oliveira, un ricco mercante, e Martinha do Prado Pereira. Il severo padre voleva che tutti i figli si diplomassero e ci riuscì con tutti tranne che con Joaozinho. Il ragazzo, complice anche il fatto che il padre amasse suonare il sassofono e il cavaquinho (un cordofono a 4 chiavi di origine lusitana), era appassionato di musica e una volta ricevuta una chitarra in dono dal nonno fondò, nel 1946 con gli amici di scuola (nel cui coro ha sempre cantato), gli “Enamorados do Ritmo”, con grande disappunto del padre. Nel 1949 partì per Salvador de Bahia: erano gli anni in cui il Brasile scopriva le sonorità nord-americane e il giovane cantante si esibiva nel cast di Radio Sociedade da Bahia. Dato il discreto successo formò il quintetto Garotos da Lua nel 1950 a Rio de Janeiro, cuore pulsante del mondo culturale carioca. L’esperienza fluminense fu però turbolenta: dedito ai bagordi, all’alcol, alla marjuana, spesso saltava le prove e le esibizioni live. Insomma fu espulso dal gruppo nel 1952. Per i successivi tre anni visse come artista di strada, suonando nei night club (principalmente al Casablanca), incidendo dischi di mediocre successo ed entrando a far parte del gruppo Quitandinha Serenaders.
Il 1955 fu l’anno della svolta personale. Conobbe a Porto Alegre, dove si era trasferito con l’amico Luis Telles, fratello della cantante Sylvia, il compositore, pianista e musicologo Armando Albuquerque con il quale per otto mesi studiò armonia e composizione. Dopodiché decise di ritirarsi nello stato di Minas Gerais, a Diamantina, dalla sorella cui era più legato, Dadainha. Stette lì sette mesi vivendo da eremita, meditando, componendo, suonando, cantando e studiando i ritmi del samba. Una vita asociale tale da preoccupare la famiglia, che lo fece tornare a Juazeiro per farlo ricoverare una settimana nell’ospedale psichiatrico di Salvador de Bahia. Non era matto, semplicemente, ricercando un proprio stile che lo distinguesse dal melodico brasiliano, aveva inventato la bossanova. Alla fine del 1956 con il nuovo bagaglio di esperienze ritornò a Rio de Janeiro. Qui incontrò due personaggi chiave della musica brasiliana, il compositore e pianista Antonio Carlos “Tom” Jobim e il poeta Vinicius de Moraes, con i quali stringerà un sodalizio che sarebbe durato una vita. In quegli anni aveva composto con tecniche nuove due brani, “Bim Bom” e “Ho ba là là”: la mano destra suonava accordi, non note, producendo armonia e ritmo allo stesso tempo. Inoltre, utilizzava tecniche di respirazione yoga, che gli permisero di allungare le frasi melodiche senza perdere il respiro.
Le nuove sonorità, con l’uso di accordi invertiti suonati in blocco, con le dissonanze tonali sul collo della chitarra nella costruzione degli accordi, con il ritmo sincopato, invertendo sul debole la cadenza del samba, stuzzicarono Jobim. Era un linguaggio sonoro che non aveva precedenti in Brasile, un timbro baixinho, sussurrato, senza vibrato, che catturava gli elementi dal jazz, rimanendo legato alla spiritualità della musica che risalente alle radici africane del samba. La voce era uno strumento al pari della chitarra, con le sue sonorità, date anche dallo schiocco della lingua o delle labbra o del respiro. Jobim era a quel tempo collaboratore della casa discografica EMI e aveva scritto due pezzi con de Moraes, “Chega de Saudade” e “Outra Vez”, pezzi pensati per essere dei samba-cancao. Gilberto accettò di fare delle cover di questi brani nell’ LP “Chega de Saudade” che conteneva, oltre ai due brani di Jobim e de Moraes anche le sue composizioni. E così nel 1958 nacque la Bossa Nova (letteralmente Nuovo Pallino) che fu subito di moda nei club carioca e tra i giovani del paese. Joao Gilberto ebbe per la registrazione un’altra intuizione. Poiché il Brasile non aveva studi moderni, generalmente si usava un microfono solo, settato e vicino alla voce, per rendere maggiormente il lirismo delle canzoni. Gilberto invece volle due microfoni, uno per la voce e uno vicino alla chitarra per riprodurre ogni singolo tocco di corda. In questo modo si originavano due registrazioni parallele e contemporanee, in cui una sfumava quella dell’altra. L’orchestra suonava solo brevi intermezzi sullo sfondo.
Nel 1959 sposò Astrud Evangelina Weinert, conosciuta tramite la cantante Nara Leao. Astrud, sua prima moglie, fu per lui una partner musicale importante, che coinvolse nei suoi album in inglese, dato che lui lo parlava a fatica. Quelli tra il 1959 e il 1963 furono gli anni dei grandi successi in patria e del preludio all’internazionalizzazione della bossanova. Al trio Gilberto, Jobim, de Moraes si devono pezzi dallo straordinario valore musicale: Desafinado, Corcovado, Samba de uma nota so, Garota de Ipanema, O Pato, Ela E’ Carioca. In quegli stessi anni i diversi jazzisti americani scoprirono la bossanova di Gilberto nelle loro tournée brasiliane. Stiamo parlando in particolare di mostri sacri del jazz, quali Dizzy Gillespie, Charlie Byrd, Kenny Dorham, Herbert Solomon e soprattutto Stan Getz. Nel 1963 Joao e Astrud si spostarono negli States, esibendosi in concerti e dando vita al disco “Getz/Gilberto” in cui un ruolo di assoluta protagonista lo ebbe anche Astrud che cantò alcuni brani di bossa in inglese tra cui il singolo “The Girl from Ipanema”. Il disco, registrato nel 1963 ma lanciato sul mercato nel 1964, ebbe un successo clamoroso: la registrazione di “Garota de Ipanema” diventò il singolo più ascoltato dalla radio americana; vinse 4 Grammy Awards (tra cui quello di miglior album del 1964); fu il secondo più venduto dell’anno. Separatosi da Astrud, nel 1965 sposò Miucha, compositrice e cantante, sorella di Chico Buarque de Hollanda.
Era ormai un personaggio di caratura mondiale: nel 1963 compì la prima tournée europea, nel 1966 incise l’album “Getz/Gilberto #2”. Visse poi tra Messico e USA per tutti gli anni ‘70 e ‘80 incidendo album di successo come “Amoroso” (1977) ,”Joao Gilberto” (1973), “The Best of Two Worlds” (1976) ed esibendosi soprattutto a New York in diversi concerti, suonando con musicisti del calibro di Chet Baker, Toots Thielemans, Michel Petrucciani.
Ritornò in Brasile nel 1980, a Rio de Janeiro, anno in cui per altro pubblicò l’album “Brazil” con Gilberto Gil, Caetano Veloso e Maria Bethania.
Nel 1992 si ricompose il duo Gilberto-Jobim i quali non si esibivano assieme dal concerto alla Carnegie Hall del 1962. Joao, dopo i primi anni di Rio, che avrebbero anche potuto portarlo alla perdizione, ha sempre vissuto isolato, lontano dai riflettori e poco compiacente verso gli eventi mondani, suonando le sue Di Giorgio. Straordinario e clamoroso successo ebbe in Giappone. Certo lo ebbe anche in Europa al Montreux e all’Umbria Jazz Festival, ma alcuni aneddoti sul suo tour nipponico meritano d’essere raccontati: al primo tour del 2003 ricevette 25 minuti di applausi che lui ricambiò con un silenzio di 20 minuti sul palco, dicendo, il giorno seguente che, con quel silenzio, aveva ringraziato a uno a uno, mentalmente, tutti gli spettatori; al secondo tour si commosse quando la folla gli tributò 40 minuti di applausi ad Osaka.
Morì nel 2019, nella sua casa a Rio de Janeiro e se per altri generi l’attribuzione dell’invenzione è incerta, la bossanova ha inequivocabilmente un padre, anzi due: una voce e una chitarra, quelle di Joao Gilberto.
FONTE: https://osservatorioglobalizzazione.it/dossier/ritratti/joao-gilberto-il-pele-della-musica
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