Nel 2022 circa quattromila studenti di San Paolo hanno piantato quasi 10.000 alberi nei cortili delle scuole pubbliche e altre otto mini foreste sono previste per il 2023. Il progetto è stato creato dalla ONG Formigas de embaùba. Tra i partecipanti anche gli indigeni del territorio Jaraguà, che hanno aiutato donando semi autoctoni e spiegando come prendersene cura. Il fine del progetto è combattere con la forestazione gli effetti della cementificazione e dell’urbanizzazione, che tra il 1985 e il 2021 è cresciuta del 3,2% ogni anno.
«L’idea è quella della cooperazione, del lavorare insieme» spiega Gabriela Araraki, tra i fondatori della ONG Formigas-de-embaùba, che lavora coinvolgendo bambini e le comunità locali per creare spazi verdi all’interno delle scuole nell’area urbana di San Paolo. L’organizzazione deve il suo nome ad un albero originario della Foresta Atlantica, l’embaùba Cecropia pachystachya. La pianta ha una particolarità: il suo tronco è cavo e funge da dimora per le colonie di formiche, le quali trovano nutrimento e difendono l’arbusto dagli altri insetti e animali erbivori. L’organizzazione è tra i membri dell’Atlantic Forest Restauration Agreement, un patto in collaborazione con 300 proprietari terrieri rurali che prevede di recuperare 15 milioni di ettari entro il 2050.
Oltre all’attività di piantumazione, i ragazzi hanno fatto passeggiate ed escursioni, misurato le temperature nelle aree verdi, raccolto terra e realizzato statuette di argilla. Tra i partecipanti anche gli abitanti dei villaggi indigeni del Jaraguà, i quali hanno donato semi autoctoni e insegnato agli educatori come prendersene cura. Màrcio Bogarim, tra i leader di un villaggio indigeno, ha dichiarato: «Per noi, uno dei Guarani originari della linea Ñandeva, qui nella città di San Paolo la foresta pluviale è un luogo sacro, un luogo dove vivono gli spiriti della foresta, proteggendo le sorgenti, gli uccelli, gli altri animali e anche gli alberi». Secondo Araraki «è impossibile non ricordare la filosofia e la cultura indigena quando si pensa di riportare la foresta pluviale in questo ambiente». L’attivista ha poi spiegato: «Piantare foreste implica non solo idee ambientali. C’è anche la parte artistica, spirituale e politica. Gli indigeni sono i guardiani delle foreste e dei biomi, vogliamo essere ispirati da loro».
Secondo la mappa delle aree urbanizzate in Brasile pubblicata da MapBiomas a novembre, le aree urbane del Paese sono cresciute ogni anno ad un tasso del 3,2% dal 1985 al 2021. La conseguenza è la creazione delle cosiddette isole di calore: le zone urbane più dense con edifici alti e superfici di terreno pavimentate si scaldano maggiormente e aumentano quindi gli effetti delle ondate di calore, che stanno diventando sempre meno sporadiche. Nei campi e nelle foreste invece, il calore viene assorbito dall’acqua e dalla vegetazione per poi venire dissipato durante la notte. Le città americane e canadesi hanno già programmi volti a indirizzare le persone verso i luoghi più freddi durante le giornate di caldo estremo. Molto spesso questi luoghi sono edifici pubblici come scuole dotati di aria condizionata. Ma secondo Denise Duarte, che insegna alla Facoltà di architettura e urbanistica dell’università di San Paolo e conduce studi sui microclimi urbani e strategie di adattamento, c’è un problema: «Ricorrere a una strategia basata sull’aria condizionata come soluzione significa spendere più energia, il che è un circolo vizioso e orribile per il cambiamento climatico perché richiederà più produzione di energia. Il calore risultante rimosso dagli spazi di raffreddamento viene gettato nell’ambiente urbano, aumentando ulteriormente il calore antropogenico e riscaldando la città».
La strategia migliore sarebbe quindi rinfrescare l’ambiente sfruttando soluzioni basate sulla natura. Iniziative simili sono state avviate anche in Italia: a Roma un gruppo di cittadini ha sfidato la cementificazione con la forestazione e riforestazione e grazie alla campagna Foresta Italia sono stati piantati 60.000 alberi. Inoltre, secondo un studio analizzato da L’Indipendente, campagne di questo tipo non aiuterebbero solo il clima, ma anche la salute dell’essere umano.
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