L’aggravamento della competizione tra grandi potenze, il terzo tempo della Guerra fredda, ha (ri)portato le Americhe Latine al centro delle relazioni internazionali e delle tensioni tra i blocchi. Geografia, politica e geoeconomia sono le tre ragioni alla base dello scoppio dello Scramble for Latin America.
La parte centromeridionale dell’emisfero occidentale è entrata nelle agende estere di Cina, Russia e Iran per motivi che hanno a che fare con la geostrategia, ovvero la creazione di avamposti potenzialmente ostili in prossimità degli Stati Uniti, con la politica, cioè la ricerca di alleati nella transizione multipolare, e con la geoeconomia, ossia le risorse naturali.
I rivali dell’America hanno messo piede nelle Americhe per sfidare l’anziana dottrina Monroe, nella speranza-aspettativa che ciò possa ridurre il pressing a stelle e strisce in Eurasia, per capitalizzare il serpeggiante antiamericanismo che sin dall’Ottocento striscia a sud del Rio grande e per appropriarsi di risorse naturali dal valore strategico, come metalli preziosi e terre rare, che sono in grado di incidere significativamente sulle catene del valore globali.
L’oro bianco delle Americhe
Il litio, il re dei metalli alcalini, è per i cercatori di tesori del Duemila ciò che l’oro e l’argento furono per i conquistadores iberici nel Cinquecento. Il litio è indispensabile e di esso non possono fare a meno una vasta gamma di settori, tra i quali automobilistica, aviazione, ciclistica, medicina, missilistica, nucleare.
L’oro bianco è ovunque, sebbene la consapevolezza sull’ampiezza e la variegatezza dei suoi utilizzi non sia così diffusa: è nelle ceramiche, nei grassi lubrificanti, nelle leghe con alluminio e magnesio di biciclette, treni e aerei, negli schermi dei televisori, negli smalti, nelle stoviglie e nei vetri. È nei propellenti dei razzi e nelle bombe a idrogeno. È nei processi di fusione nucleare, nelle tecnologie per la disidratazione del gas, nei fuochi d’artificio e nei farmaci per il trattamento dei disturbi dello spettro bipolare. È nelle batterie di auto elettriche, cellulari e computer portatili, nelle unità di stoccaggio dell’energia delle centrali elettriche.
Il litio è uno dei metalli-chiave della transizione energetica ed è contenuto principalmente in Latinoamerica, che da sola concentra all’incirca il 60% di tutti i giacimenti identificati a livello planetario e produce quattro dei dieci paesi con le più grandi riserve di oro bianco: Bolivia, Argentina, Cile e Messico.
Argentina, Bolivia e Cile formano l’Abc del litio, altresì noto come il Triangolo del litio, perché insieme posseggono il 56,3% di tutti i depositi attualmente censiti nel mondo. Il che significa che chi ha le chiavi del Triangolo del litio, controlla il destino della transizione energetica.
Guerra mondiale nel Triangolo del litio
La corsa all’oro bianco è alla base dei venti di instabilità che avvolgono il cono sud dalla seconda metà dello scorso decennio. Venti che hanno provocato, in un clima che ricorda da media distanza i turbolenti anni Settanta, cadute di governi, colpi di stato, omicidi e sedizioni.
In Bolivia, il principale forziere di litio del globo – 23,7% delle riserve mondiali -, la corsa all’oro bianco è stata una delle ragioni nascoste delle violenze sociopolitiche di fine 2019, culminate nella destituzione di Evo Morales e nell’entrata in carica di Jeanine Áñez, giacché il presidente boliviano aveva attirato su di sé l’ostilità delle grandi corporazioni occidentali e degli Stati Uniti cancellando un accordo con la tedesca ACISA per lo sfruttamento del litio presente nei pressi di Potosí.
La detronizzazione di Morales, già inviso a Washington per la vicinanza al triangolo Cuba-Nicaragua-Venezuela e per le simpatie provate verso Russia e Cina, era stata benaccolta da uno dei più importanti attori del litio: Elon Musk. Ma il nuovo equilibrio non era destinato a durare: il pugno duro dell’Áñez nei confronti dei manifestanti, emblematizzato dai massacri di Sacaba e Sentaka – 20+ morti e 170+ feriti –, le avrebbe alienato consensi nelle stanze dei bottoni, spianando la strada al ritorno al potere del Movimento per il Socialismo.
Una volta rientrato in Bolivia, dopo un’assenza di un anno, Morales ha proceduto a riaprire immediatamente la partita del litio. Le trattative, a inizio 2023, hanno portato alla firma di un accordo tra la boliviana YLB e le cinesi BRUNP, CATL e CMOC da un miliardo di dollari. A meno di sorprese, alla luce di quanto accaduto nel 2019, il patto tra La Paz e Pechino dovrebbe permettere l’estrazione annuale di cinquantamila tonnellate di litio. Col risultato complessivo di rafforzare ulteriormente la dominanza cinese nelle catene del valore dell’oro bianco.
Il Dragone ha fame di litio
La Cina, all’inizio degli anni Venti, controllava indirettamente più della metà delle riserve di litio del pianeta in ragione delle posizioni quando monopolistiche e quando oligopolistiche rivestite nelle varie fasi della sua catena del valore. Posizioni conquistate grazie a lungimiranza, pressioni diplomatiche e dispiegamento di cifre monstre, come i sedici miliardi di dollari investiti nel Triangolo del litio fra il 2018 e il 2022.
Nel Triangolo del litio, in particolare in Bolivia e in Argentina, i giganti cinesi stanno rilevando aziende minerarie locali, stanno mappando il territorio alla continua ricerca di nuovi giacimenti e hanno costruito e stanno costruendo le infrastrutture necessarie alle attività di estrazione e di raffinazione del metallo.
L’attivismo cinese nella regione ha (quasi) estromesso dalla partita gli Stati Uniti, che di importazioni regolari e a prezzi stabili di oro bianco hanno bisogno per esigenze militari, essendo la loro industria della difesa dipendente dagli accumulatori agli ioni di litio, e di mercato, dato che Argentina e Cile provvedono in media a soddisfare il 90% della domanda americana di litio.
L’Aquila e il Dragone non possono convivere nel Triangolo del litio: la sicurezza dell’uno è la debolezza dell’altro. Ed è per questo che gli Stati Uniti, nell’impossibilità di fronteggiare la Cina sul piano della liquidità, hanno iniziato a fare pressing sui paesi più vulnerabili, come Cile e Messico, convincendoli a nazionalizzare le loro industrie. Perché è meglio trattare con una fonte (vera) che con una fonte ridotta a intermediario.
Penetrare nel Triangolo del litio, che rappresenta per la transizione energetica ciò che il Medioriente ha significato per le società a benzina, potrebbe realisticamente consentire al Dragone di avere le chiavi della rivoluzione verde – di tutti. I bracci di ferro tra Stati Uniti e Cina potrebbero però, alla lunga, convincere Argentina, Bolivia, Cile e Messico a dare vita a una forza autonoma: un cartello del litio in stile Opec.
La nuova Battaglia dell’Atlantico è appena cominciata. È una questione di litio, cobalto, combustibili fossili, terre rare e minerali critici. Ed è anche una questione di geostrategia. Perciò l’America Latina è uno dei luoghi in cui si scriverà il destino del Duemila.
FONTE: https://it.insideover.com/energia/in-america-latina-e-guerra-mondiale-per-il-litio.html
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