L’Europa si trova a essere sempre più oggetto di colossali investimenti da parte delle maggiori aziende americane dell’industria tecnologica. Con i produttori di schede grafiche, semiconduttori e prodotti strategici di questo tipo in prima fila.
Coperti in patria dai sussidi e dagli stimoli di iniziative come l’Inflation Reduction Act e il Chips Act, i produttori americani di tecnologie critiche stanno riversando i loro investimenti sull’Europa per un’ampia serie di motivi. In primo luogo, il sostegno all’idea del friend-shoring che mira a rimodulare le catene del valore in direzione di Paesi alleati e affidabili. In secondo luogo, l’ampia disponibilità in Europa di garanzie per un’occupazione di qualità legata alle eccellenze accademiche, di ricerca e industriali e la presenza di un tessuto sicuro per finanziare operazioni complesse in conto capitale; infine, ultima ma non per importanza, le strutturali lentezze del piano comunitario di rilancio dell’autonomia strategica e industriale europea che vede come ottimo sostituto i piani industriali americani.
Il grande gioco di Intel
A farla da padrona è, in questa fase, Intel che ha messo sul piatto una serie di investimenti dal valore di oltre 60 miliardi di euro per l’arena euro-mediterranea.
Tra cui i 33 miliardi di euro previsti per la nuova, grande struttura produttiva di Magdeburgo, nell’Est della Germania, a cui il governo di Olaf Scholz ha recentemente dato via libera con un cospicuo sussidio: “L’aiuto pubblico varrà all’incirca 10 miliardi di euro: è una cifra molto più alta di quella precedentemente concordata, ossia 6,8 miliardi, ma che era stata richiesta da Intel per compensare l’aumento delle spese per i lavori (una conseguenza anche dell’aumento dei prezzi dell’energia)”, nota StartMag. La fabbrica costruirà, nei prossimi anni, complessi sistemi d’assemblaggio e sviluppo di wafer, Mems, schede grafiche e altri componenti chiave per lo sviluppo dei microprocessori.
Magdeburgo farà il paio con un maxi-impianto in Israele che Intel, primo datore di lavoro privato nel Paese, vuole sviluppare entro il 2027 mettendo 25 miliardi di euro sull’intera filiera, e al servizio di entrambe ci potrà essere una nuova struttura concordata in Polonia vicino all’antica città di Wroclaw, nell’Ovest del Paese. L’impianto, che potrebbe catturare parte dei fondi del Chips Act europeo a sostegno dello sviluppo di un colosso Usa, dovrà fornire subfornitura e semilavorati per accorciare la catena di approvvigionamento dei produttori di componenti finali. Il valore stimato è di 4,5-5 miliardi di euro, paragonabile a quello dell’impianto veneto di Vigasio negoziato da Intel ai tempi del governo Draghi e che l’esecutivo italiano di Giorgia Meloni intende sbloccare in tempi brevi.
Microsoft e Amazon rendono il cloud europeo a stelle e strisce
Gli investimenti previsti da Intel per l’Ue, pari a circa 38 miliardi, si sommano a quelli che Microsoft vuole mettere a terra fino alla fine del decennio per conquistare il mercato del cloud e che saranno pari a 12 miliardi di euro entro la fine del decennio in tutta Europa. Dopo aver costruito di recente il suo primo data center spagnolo a San Sebastian de los Reyes, vicino Madrid, la compagnia fondata da Bill Gates ha annunciato 1,5 miliardi di euro di investimenti in Italia per avviare la sua cloud region con tre data center basati su Milano e un miliardo addizionale sulla Grecia.
A tal proposito gli investimenti di Microsoft sono da vedere in parallelo con i programmati piani da 2,5 miliardi di euro di Amazon Web Services per il 2023-2024 e mostrano come il big tech americano non si limiti a entrare nella filiera europea dei chip, ma voglia anche giocare da protagonista su quel cloud sovrano lanciato nel 2019 col progetto Gaia-X e che le imprese europee non possono realizzare tecnicamente senza i colossi di oltre Atlantico.
Il futuro della partnership
L’Europa vede l’entrata in forza degli investimenti miliardari dei colossi Usa sul suo territorio, e questo mostra chiaramente i rapporti di forza interni al sistema occidentale. Ma chiaramente per un’Europa che è inferiore rispetto agli Usa nella capacità di creare economie di scala e strutture efficaci sull’industria tecnologica c’è un’America che ha bisogno del sapere, delle competenze e del ghiotto e consolidato mercato europeo.
L’istituzione nel 2021 del Consiglio per il commercio e la tecnologia Usa-Ue (Ttc) può in prospettiva guidare tale partnership verso sinergie che aiutino lo sviluppo di entrambe le gambe dell’Occidente euroatlantico. Eit Digital in un suo rapporto mostra che nel 2021-2022 lo stock degli investimenti diretti esteri americani in Europa è cresciuto del 13,5% oltre 3,2 trilioni di dollari. E in futuro, dall’intelligenza artificiale al calcolo quantistico, dall’auto elettrica alla fusione nucleare ci sarà bisogno di una sempre più consolidata sinergia Usa-Ue. I capitali americani possono conquistare il Vecchio Continente, ma al contempo gli Usa devono pensare all’Europa come a un partner per contenere l’ascesa di rivali sistemici come la Cina e non, come spesso le parole di Washington lasciano pensare, a un satellite da egemonizzare. Dalle ricadute degli investimenti strategici dei colossi Usa capiremo quanto Washington sia matura per consolidare la sinergia euroatlantica in nome del mantenimento di un’egemonia che non può, volenti o nolenti che siano gli Usa, trascurare la perla dell’impero americano, l’Europa.
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