Se da un lato è verosimile che anche questa estate – come ha sottolineato l’Organizzazione Meteorologica Mondiale – abbia segnato l’ennesimo record in fatto di temperature medie globali, dall’altro è evidente quanto nell’informazione mainstream stia prendendo piede l’ennesima deriva allarmistica che non fa altro che aumentare lo scetticismo. A Milano, il 16 luglio, la temperatura era di 29°C, un valore che non si discosta molto da quello registrato negli anni precedenti. Nel 2022, nel 2020, nel 2019 e nel 2013 le temperature erano state simili o addirittura superiori. Questi dati dimostrano che picchi di temperatura, specie in un contesto di riscaldamento globale, non sono poi così eccezionali.
Le osservazioni delle temperature su alcune singole città potrebbero comunque apparire fuorvianti, tuttavia, a venire in soccorso del buonsenso sono stati anche alcuni tra i meteorologi più in vista d’Italia. La puntata di Agorà Estate del 17 luglio su RaiTre ha contribuito a gettare luce su questa questione. Il conduttore Lorenzo Lo Basso ha definito la giornata in questione come la “più calda del secolo”, ma il capitano del servizio meteorologico dell’Aeronautica militare, Stefania De Angelis, ha mantenuto un tono moderato e ha sottolineato che ondate di calore come questa sono già state sperimentate in passato.
È stata poi la volta del meteorologo de La7, Paolo Sottocorona, che con ironia ha smentito gli annunci troppo allarmistici: «E anche oggi non abbiamo raggiunto i 47°C», ha esordito in diretta, prima di aggiungere: «I giornali stranieri parlano di caldo infernale in Italia? Questo dipende dal fatto che leggono i giornali italiani, altrimenti non scriverebbero sciocchezze di questo genere. Il caldo salirà un po’ fino a mercoledì e giovedì uguale ma non penso ai livelli che vengono minacciati, perché quelle non sono notizie, ma minacce».
Dichiarazioni che evidentemente non sono piaciute ai padroni del discorso mediatico. La sua vena polemica lo ha fatto passare nientemeno che per un “negazionista del cambiamento climatico”, accusa dalla quale ha dovuto difendersi in un’intervista a La Repubblica, sottolineando che «La crisi del clima è grave. Ma non serve sparare temperature esagerate», rincarando la dose: «Chi inventa nomi come Caronte e preannuncia che arriveremo a 47°C sapendo che non è vero, solo per avere più clic al proprio sito, andrebbe denunciato per procurato allarme».
Un altro esperto che ha contribuito alla discussione è il celebre colonnello Mario Giuliacci, probabilmente il più famoso meteorologo italiano con un’esperienza pluridecennale, nonché docente di Fisica dell’atmosfera. Secondo Giuliacci, le previsioni di temperature di 50 gradi centigradi in Italia sono infondate e si basano su un errore di interpretazione di un’immagine satellitare dell’ESA. L’immagine mostrava temperature di 46-48°C al suolo, ma si riferiva alla temperatura del suolo stesso e non dell’aria a 2 metri di altezza, che è quella comunemente considerata nelle misurazioni meteorologiche «e che è almeno 10°C più bassa di quella del suolo». Le temperature dell’aria saranno alte, ma non raggiungeranno livelli così estremi come quelli riportati in alcuni resoconti sensazionalistici. Per Giuliacci non esiste neppure alcuna tempesta di caldo in arrivo: «Anche questa è una bufala», dovuta a «un errore nella comprensione dei dati ESA», ha spiegato il colonnello.
In conclusione, affinché i lettori si fidino di quanto dichiarato, una sana informazione dovrebbe evitare un approccio emergenziale. È provato, infatti, che siamo in un contesto di clima che cambia e dove gli eventi metereologici estremi (di cui i picchi di calore fanno parte) aumentano di frequenza, ma “dare i numeri” non aiuta. Ad esempio, è vero che le ondate di calore mettono a rischio le fasce più vulnerabili della popolazione (in Europa sarebbero stati registrati oltre 60mila decessi legati al caldo nel solo 2022). Proteggere i più deboli da un calore eccessivo, e sempre più frequente, dovrebbe però andare di pari passo anche col proteggerli dalla disinformazione. Altrimenti si rischia l’effetto opposto, e sappiamo tutti come è andata a finire la storia di “al lupo al lupo”.
Commenti
Posta un commento
Partecipa alla discussione