La malattia denominata come “Morbo di Alzheimer” è uno dei flagelli del nostro tempo. Flagello per le persone afflitte, per i loro propinqui ma anche perché in molti casi mette in evidenza tutte le carenze del sistema assistenziale di prossimità (almeno nel nostro paese) e i problemi legati all’invecchiamento della popolazione e alle esigenze che da ciò emergono. La malattia è dovuta a una diffusa distruzione di neuroni, contraddistinta da un più o meno rapido ma progressivo decadimento delle funzioni mnemoniche, cognitive arrivando fino a quelle di base (deglutizione e masticazione). Le ricerche condotte soprattutto dopo il 1970 a partire da W. H. McMenemey, che riportò all’attenzione del mondo scientifico-medico il Morbo, per lungo tempo comunque ascritto alla demenza senile, lo hanno portato a classificarlo come vera e propria patologia. Ora si sa che è una particolare forma di demenza, la patologia più diffusa tra le demenze (tra il 50 e il 70% delle persone affette da demenza soffrono di Alzheimer). Tipicamente associata alla terza età, ogni anno sono 10 milioni i nuovi casi di Alzheimer. Si stima che nel 2050 ci saranno circa 150 milioni di malati. In Italia allo stato attuale sono circa 1 milione le persone affette e bisognose di assistenza, con una prevalenza di donne. Questa malattia neurodegenerativa irreversibile è caratterizzata da una atrofia della corteccia con la presenza di depositi anomali nel tessuto nervoso, che circondano i neuroni e intasano le sinapsi: placche amiloidi , grovigli neurofibrillari e perdita di connessioni neuronali. La causa, ci sia consentita la brevità, potrebbe essere un malfunzionamento delle proteine, quindi una proteopatia, che prevede un ripiegamento anomalo e un accumulo nelle cellule nervose di proteina β-amiloide in particolare nella corteccia frontale e cingolata.
La demenza era comunque nota fin dall’antichità. Come caratterizzante la senilità era stata ampiamente descritta già da Galeno che la ascriveva a danni cerebrali primari o secondari. Per tutto l’evo medio e moderno la “demenza” era il contenitore in cui finivano tutte le anormalità mentali. Bisognerà aspettare il XVIII secolo, e in particolare la francia napoleonica con i medici Philippe Pinel e Jean Etienne Esquirol, per avere una prima classificazione: la demenza venne divisa in vari tipi a seconda delle caratteristiche che assumeva e poi a seconda dello stato del soggetto (“amente” se il soggetto non era mai stato nel pieno delle facoltà o “demente” se il soggetto era andato incontro ad una perdita progressiva delle stesse). Un ulteriore cambio di passo avvenne nel secolo successivo con gli studi di anatomia patologica e fisiologia. Alla fine del ‘800 erano già stati notati ammassi sclerotici su pazienti epilettici e affetti da demenza senile ma non era stato compiuto un vero studio teorico, rimanendo nell’ambito dell’osservazione e casistica empirica. In questo stesso tempo Ramon y Cajal elaborava il suo modello del tessuto cerebrale
Questo, grosso modo, è il quadro con cui introduciamo il “Ritratto” dedicato al medico psichiatra, a cui si deve la prima osservazione e descrizione sistematica del morbo di Alzheimer, il dottor Aloysius Alzheimer.
Alzheimer nacque il 14 giugno 1864 nella piccola cittadina della Bassa Franconia di Marktbreit sul Meno. Famiglia di lunga tradizione cattolica, il padre Eduard era il notaio del paese. Fu appunto il genitore, vedendo il ragazzo dotato per le materie scientifiche a spingerlo allo studio della medicina. Studiò, dopo il ginnasio, nelle migliori università del paese: Berlino, Tubinga e Wurzburg. Studente prodigioso benché goliardico, si laureò in medicina nel 1887, a soli 23 anni con la tesi “Sulle ghiandole di cerume dell’orecchio”. Nel 1888 accettò l’incarico, che tenne per 14 anni, alla Casa di Cura Municipale per Malattie Mentali ed Epilettiche di Francoforte. Fu un’esperienza umanamente formativa e scientificamente importante. La Casa di cura era diretta da Emil Sioli, il più famoso psichiatra di lingua tedesca dell’epoca, e vi lavorava anche il neurologo ed istologo Franz Nissl, specialista nella tecnica di colorazione cellulare. Furono anni di intensa attività e collaborazione scientifica con una estesa ricerca sulla patologia del sistema nervoso: iniziò così a studiare vari casi di disturbi mentali degenerativi e sindromi arteriosclertiche. Il suo nome divenne noto, dopo anni di partecipazione a conferenze di anatomia e psichiatria, quando nel 1898 pubblicò sul “Mensile di neurologia e psichiatria” l’articolo “Contributi per l’anatomia patologica della corteccia cerebrale e per la base anatomica di una psicosi“. Nel 1894 sposò intanto una ricca vedova Cecille Simonette Nathalie Geisenheimer. Il matrimonio, prima con rito civile e poi, una volta che lei si convertì al cattolicesimo, con rito religioso nel 1895, fu breve ma felice con la nascita di 3 figli e una cospicua eredità. La morte della moglie lo segnò profondamente e nel 1901 lasciò Francoforte per Eidelberga dove si era trasferito anche Nissl, detentore della cattedra di psichiatria. Qui incontrò un’altra figura chiave, Emil Kraepelin, importante psichiatra, che lo invitò come assistente a Monaco di Baviera nel 1903 al Reale Ospedale Psichiatrico. Lì Kraepelin stava conducendo ricerche cliniche sulla psicosi nei pazienti senili. Altro personaggio chiave con cui Alzheimer venne in contatto a Monaco fu l’anatomo patologo italiano, di Udine per la precisione, Gaetano Perusini.
Il duo Alzheimer-Perusini condusse per almeno 5 anni approfonditi studi di anatomia patologica e istologia su molti pazienti affetti da demenza. Dopo l’abilitazione all’insegnamento nel 1904, l’anno della svolta fu il 1906. Una delle ultime pazienti che prese in cura a Francoforte nel 1901 fu una tale di nome Auguste Deter, una signora nata nel 1850 a Cassel, moglie di un ferroviere che aveva mostrato sintomi straordinari di demenza precoce a poco più di 50 anni. Quando questa fu ricoverata nel 1901 il decorso era già piuttosto avanzato: per lei tutti si chiamavano Auguste, stava sul letto ore con espressione vacua. I sintomi erano iniziati agli albori del 1901 con gelosia morbosa nei riguardi di suo marito, un calo della memoria rapidamente progressivo ed un pronunciato danno psicosociale. Quando Alzheimer si trasferì mantenne “in cura”, se così si può dire, la paziente e ne seguì il decadimento: nell’ultimo anno di vita divenne completamente apatica, afasica e immobile nel letto con le gambe alzate. Morì nell’aprile del 1906 di setticemia da ulcere da decubito che aveva alla regione sacrale. Alzheimer e Perusini ottennero di poter svolgere una autopsia sul cervello della povera signora Deter. All’ispezione del cervello i due riscontrarono una massiva perdita neuronale e la presenza di placche amiloidi e di grovigli neuro fibrillari. Cose del tutto insolite per una paziente di quella età. Alzheimer presentò il suo caso il 3 novembre 1906 al prestigioso Congresso di Psichiatria di Tubinga, senza però che la cosa suscitasse interesse: non ci furono commenti né discussione. Il dibattito fu invece animatissimo sul tema della masturbazione compulsiva. Convinto di trovarsi di fronte a una patologia specifica, nel 1907 pubblicò la lettera “Una caratteristica di una grave malattia della corteccia cerebrale”
Le indagini del 1906 si mostrarono poi coerenti con altri tre casi clinici studiati da Alzheimer e Perusini di severa e rapida demenza (persone di 47, 63 e 67 anni). Nel 1909 apparve una trattazione a firma del solo Perusini dal titolo “Sui reperti istologici e clinici di peculiari malattie mentali dell’età avanzata”: una lunga trattazione di 59 pagine corredata da più di 70 disegni molto precisi. Le scoperte di Nissl, Alzheimer e Perusini furono pubblicate tra il 1906 e il 1918 nell’opera in 6 volumi intitolata “Studi Istologici ed Istopatologici della Corteccia Cerebrale” a firma dei primi due, che analizzava 170 casi post mortem più i disegni e il trattatello del Perusini.
Questo fu sufficiente affinché Kraepelin dedicasse il capitolo 7 del secondo volume del suo “Trattato di Psichiatria” del 1910 alle “Demenze Senile e Presenile” che chiamò appunto “Morbo di Alzheimer”. Il contributo di Perusini, senza la cui perizia e analisi tecnica la scoperta sarebbe stata molto più difficile, fu fondamentale, tanto che talvolta la malattia è indicata come “Demenza di Alzheimer-Perusini”.
La menzione del capo della scuola neuro-psichiatrica tedesca, che si contrapponeva all’approccio psicoanalitico della scuola di Freud, consacrò Alzheimer e il suo lavoro. Nel 1908 era diventato professore di psichiatria all’Università di Monaco e nel 1912 il Kaiser in persona Guglielmo II lo nominò professore di psichiatria e Direttore dell’Istituto Neurologico e Psichiatrico di Breslavia. Purtroppo nel 1912 andò incontro ad una grave infezione sovrabatterica da streptococco che lo portò dapprima ad essere affetto da endocardite e poi all’insufficienza renale. Passò praticamente gli ultimi 2 anni e mezzo di vita quasi sempre ricoverato all’ospedale di Breslavia dove morì il 19 dicembre del 1915.
Per ironia della sorte, anche il suo amico e collaboratore Perusini morì a dicembre dello stesso anno, il giorno 8 a causa delle ferite riportate in guerra.
FONTE: https://osservatorioglobalizzazione.it/dossier/ritratti/alzheimer-luomo-oltre-il-morbo/
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