La Food and Drug Administration (FDA), l’ente governativo statunitense che si occupa della regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici, ha approvato l’uso della 3,4-metilendiossimetamfetamina – meglio conosciuta come MDMA – in un piccolo studio clinico sperimentale condotto dall’Università della California su pazienti con schizofrenia. Si tratta di un disturbo che, come spiega l’Istituto Superiore di Sanità, si manifesta con deliri e allucinazioni, ma anche con un appiattimento affettivo, ritiro sociale e anedonia – l’incapacità, totale o parziale, di provare soddisfazione, appagamento o interesse per le consuete attività piacevoli. Tutti sintomi che esprimono l’assenza o la riduzione di un aspetto del funzionamento mentale. A tal proposito, secondo la ricerca, le peculiarità dell’MDMA, sostanza nota per i suoi effetti pro-sociali dovuti probabilmente alla sua relazione con l’ossitocina, un ormone che sostanzialmente migliora l’umore, potrebbero apportare significativi risultati nella gestione e riduzione del disturbo. Gli esperti coinvolti nell’esperimento prevedono di somministrare ai partecipanti 3 dosi separate di 40 mg, 80 mg e 120 mg, valutando – tramite la scala di PANSS, che misura la schizofrenia – e annotando poi i sintomi psicotici dopo 24 ore dalla somministrazione.
L’Istituto Superiore di Sanità spiega che solitamente la malattia si manifesta tra i 18 e i 28 anni e che l’esordio può avvenire anche all’improvviso, o può essere preceduto da un periodo in cui la persona si chiude in se stessa, appare sempre meno interessata al mondo circostante, lascia senza motivo amici e relazioni sentimentali, perde il lavoro o interrompe la scuola. Sulle cause, invece, c’è ancora molta incertezza. La maggior parte degli esperti ritiene che la schizofrenia non abbia una causa unica, ma che dipenda da molti fattori. “In particolare si pensa a una componente genetica, ma anche a traumi al momento del parto che possono creare nel soggetto una sorta di predisposizione a sviluppare la malattia se nell’arco della vita viene sottoposto a particolari situazioni di stress”. Nel mondo ne soffrono circa 24 milioni di persone, su diversi livelli. E il fatto che non sia ancora chiaro cosa possa scatenare la manifestazione del disturbo e come – e se – questo possa essere curato, spinge la ricerca a muoversi su più fronti, nel tentativo di trovare una soluzione.
In generale, l’interesse per sostanze psichedeliche – come la psilocibina, la ketamina e l’MDMA – nel trattamento di disturbi psichici è in forte aumento, soprattutto nei casi di disturbo da stress post-traumatico, disturbo depressivo maggiore e, appunto, la schizofrenia.
Già nel 2021, uno studio clinico condotto dalla Multidisciplinary Association for Psychedelic Studies, un’organizzazione no-profit americana che lavora per aumentare la consapevolezza e la comprensione delle sostanze psichedeliche, aveva dimostrato che i partecipanti con disturbo da stress post-traumatico che avevano ricevuto sia il trattamento con MDMA che sedute di psicoterapia avevano il doppio delle probabilità di riprendersi rispetto a quelli che invece aveva ricevuto un placebo – sostanza con lo stesso aspetto del farmaco, che però non contiene principi attivi – e le sessioni di psicoterapia.
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