La sfida di Pechino a ChatGpt: un’intelligenza artificiale socialista

apr 15, 2023 0 comments


Di Roberto Vivaldelli

Dalla via cinese al socialismo alla via socialista all’intelligenza artificiale. Come riportato nei giorni scorsi, Pechino ha infatti da poco annunciato l’introduzione di una “valutazione di sicurezza” alla quale dovranno essere sottoposte e conformarsi, ad esempio, le chatbot sul modello della statunitense ChatGpt. Per essere resi pubblici, tali servizi dovranno superare l’ispezione di sicurezza del governo cinese. In tal senso, secondo la bozza circolata nei giorni scorsi, la fornitura di prodotti deve “rispettare la moralità sociale, l’ordine pubblico e il buon costume e soddisfare i seguenti requisiti” come “i valori fondamentali del socialismo e non deve contenere sovversione del potere statale, rovesciamento del sistema socialista”.

Del resto, ChapGpt è visto con grande sospetto in Cina anche in ottica di competizione geopolitica. Secondo il China Daily, c’è il rischio che il governo degli Stati Uniti utilizzi strumenti come ChatGpt per “diffondere disinformazione” in Cina e “manipolare le narrazioni globali” per i propri interessi geopolitici. Come accade chiedendo a ChatGpt dello Xinjiang che, secondo le autorità cinesi, seguirebbe pedissequamente la linea politica di Washington. “Molte prove dimostrano che ChatGpt è uno strumento politico degli Stati Uniti”, aggiunge a tal proposito un editorialista dell’Henan. “È come l’oppio, un veleno”.

Da Alibaba la risposta cinese a ChatGpt

Abbiamo da una parte, dunque, la stretta del governo cinese sui chatbot occidentali, percepiti come una minaccia per la sicurezza nazionale del regime: dall’altra lo sviluppo della versione cinese di ChatGpt, Tongyi Qianwen, sviluppato dal colosso Alibaba. Da quando la startup OpenAi supportata da Microsoft ha presentato ChatGpt lo scorso novembre, infatti, molte aziende cinesi hanno annunciato i loro piani per lanciare i loro chatbot nel 2023. Proprio come ChatGpt di OpenAI, Tongyi Qianwen immagazzina i dati per generare nuovi contenuti e può comunicare sia in cinese che in inglese. Tale tecnologia, ha dichiarato il Ceo Daniel Zhang, “porterà grandi cambiamenti nel modo in cui produciamo, nel modo in cui lavoriamo e nel modo in cui viviamo la nostra vita”.

Secondo gli esperti, la sua integrazione nell’ecosistema di Alibaba, inclusi DingTalk e Tmall Genie, porterà a una rivoluzione nelle comunicazioni quotidiane: non a caso Alibaba Cloud prevede di aprire Tongyi Qianwen ai propri clienti, consentendo loro di creare i propri modelli personalizzati. Ma non c’è solo Alibaba: il gigante della ricerca cinese Baidu mira al completamento dei test interni del suo chatbot chiamato Ernie Bot a breve, mentre altre aziende come Tencent e JD.com, sono al lavoro.

“La censura sopprimerà la crescita dei chatbot”

Come spiega Govind Dheda, analista di Open Ai Master, c’è una differenza sostanziale tra ChatGpt e Tongy Qianwen: quest’ultima, infatti, “si concentra principalmente su attività relative alla comunicazione aziendale come la stesura di proposte commerciali e piani di campagne promozionali attraverso semplici suggerimenti”. D’altra parte, la base tecnologica di ChatGpt, GPT-4, “viene invece utilizzata da Microsoft per migliorare i risultati di ricerca di Bing”.

Secondo il commentatore politico Shi Shan, citato da Asia Times, alla fine la censura promossa dal regime cinese sopprimerà la crescita dei chatbot, per via dell’obbligo a censurare tutte le informazioni “politicamente sensibili”. Questo, secondo Shan, comprometterà la capacità di fornire risposte intelligenti e complete come ChatGpt. Con fonti limitate, la loro funzione ne risentirà notevolmente.

Le implicazioni sulla società cinese dell’IA

In occidente, i timori – tra i vari innegabili benefici che una rivoluzione come quella dell’intelligenza artificiale può apportare – sono quelli che l’Ai e la conseguente automatizzazione sostituisca molti posti di lavoro, a cominciare da quelli nel settore dei servizi. Considerando che nella Repubblica Popolare il settore agricolo contribuisce per il 7,9% del Pil, quello industriale per il 39,4% e quello relativo ai servizi per 53,3%, è inevitabile che la rivoluzione dell’IA porti a dei profondi cambiamenti sociali anche in Cina.

Secondo gli analisti di Pcw, l’intelligenza artificiale e le tecnologie correlate, come robot, droni e veicoli autonomi, potrebbero soppiantare circa il 26% dei posti di lavoro esistenti in Cina nei prossimi due decenni. Una cifra enorme. D’altro canto, però, secondo le stesse stime, lo sviluppo dell’Ai potrebbe creare anche nuova occupazione, portando 90 milioni nuovi posti di lavoro, oltre a un aumento della produttività e una crescita dei redditi.

Sviluppo dell’Ai e socialismo, convivenza possibile?

Rimane una questione di fondo da affrontare: ma è davvero possibile coniugare socialismo e sviluppo della Tecnica? La risposta è tutt’altro che scontata e semplice. Il filosofo Emanuele Severino in un articolo pubblicato sul Corriere della Sera il 1° novembre 2014, ammoniva: “Alla guida dell’agire del mondo si pone la tecnica, l’ideologia vincente che sostituisce il capitalismo alla guida del mondo e ha come scopo l’incremento indefinito della capacità di realizzare scopi. L’ultimo Dio”. Se vale per il capitalismo, questo assunto vale anche per il “socialismo cinese”. Le diverse ideologie, illudendosi, pensano di utilizzare la tecnica come mezzo per realizzare i loro scopi, quando si assiste, in realtà, a un’inversione del mezzo-scopo.

Dibattito filosofico a parte, secondo Shaoshan Liu, amministratore delegato di PerceptIn, la domanda chiave è però un’altra: cioè se se l’Ai alla fine porterà “un cambiamento al contratto sociale tra lo stato e le persone” in Cina. Nel nuovo contratto sociale, osserva, “le persone consentiranno allo stato di possedere il motore di intelligenza artificiale monopolistico”, affideranno allo stato “i propri dati e, di fatto, la “loro vita quotidiana”. In cambio, lo stato fornirà loro “la sicurezza” affinché le persone possano “vivere una vita dignitosa, con o senza lavoro”. In altre parole, si chiede su The Diplomat, “l’intelligenza artificiale sarà abbastanza potente da trasformare la Cina in un vero stato socialista?”.

FONTE: https://it.insideover.com/tecnologia/cina-sviluppera-intelligenza-artificiale-socialista.html

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