L’innovazione tecnologica ha “attaccato” anche le strutture convenzionali dell’architettura del sistema finanziario, proponendo reti di finanza decentralizzata (DeFi, Decentralized Finance) per transazioni e interazioni peer-to-peer (P2P) mediante criptoapplicazioni basate su blockchain. Poggiando sul consenso individuale, le contabilità decentrate e criptate sono rivoluzionarie consentendo l’interazione tra agenti distanti e sconosciuti, scambiando e concludendo contratti in sicurezza senza bisogno di terze parti come garanti fiduciari o stanze di compensazione.
Con il consolidarsi di una black-box economy, ossia un sistema economico i cui meccanismi di funzionamento sono sconosciuti a chi cerca di esercitare le funzioni di policy-making, le relazioni tra Stato, mercato e nuove élite governative muteranno con elevata rapidità e risultati incerti.
A fronte di ciò, in maniera assai incosciente, classe politica e classe dirigente (pubblica e privata) vanno di pari passo (talvolta colludendo) reputando l’insieme di tecnologie che definiscono in senso ampio la Quarta Rivoluzione Industriale eccessivamente avanzate e non strettamente necessarie ai loro fini di (presunto) benessere collettivo. In realtà, i timori individuali si traducono a livello aggregato in strategie ostruzioniste guidate da potenti rentier e corporazioni, le quali vedono lo strumento tecnologico come un rischio di dover abdicare dai ruoli di governo dell’umanità per la loro incapacità di gestirlo direttamente.
Da qui lo scopo primario del libro, ossia fornire una guida per viaggiare tra le basi di questi mutamenti, per prepararsi ad affrontarli culturalmente e geopoliticamente, o semplicemente per essere consapevoli di come, e di fronte a cosa, si dovrà soccombere.
Il libro afferma con decisione come il problema richieda un’attenta specificazione che pone il comportamento umano al centro del processo, trasformandolo in uno avente matrice culturale e non fisica-meccanicistica. In tal senso, la decisione degli Autori di aver dedicato il libro al Generale dei Carabinieri Stefano Orlando è un modo di richiamare quello che rappresentava uno dei suoi insegnamenti più ricorrenti, ossia “prima di tutto, l’essere umano”. Nell’evoluzione dell’IA, l’essere umano rappresenta l’anello debole a causa dei suoi pregiudizi che rallentano la diffusione delle nuove tecnologie, incidendo sull’evoluzione e il miglioramento dei sistemi organizzativi. Per questo motivo, occorre porre l’attenzione su di lui, non su come favorirlo bensì su come migliorarlo.
La fisiologica avversione dell’essere umano al progresso tecnologico è dovuta alla modifica consequenziale delle gerarchie esistenti nella società, alla necessità di aggiornare le proprie competenze e cambiare i propri metodi di lavoro. La tecnologia moderna richiede una crescente domanda di nuova conoscenza, implica una forza lavoro minore a parità di produttività, e un continuo aggiornamento delle infrastrutture esistenti. Tutti questi eventi creano una resistenza culturale da parte degli addetti ai lavori. Il rischio maggiore è quello che le innovazioni tecnologiche creino disoccupazione, come risposta alla reticenza umana ad accoglierle, considerandole una minaccia endogena all’organizzazione.
Difendere l’uomo dall’obsolescenza tecnologica diventa un processo difficile se l’uomo stesso non fa nulla per reagire. Una parte considerevole del dibattito sulle innovazioni tecnologiche è incentrata sui loro effetti sulla convivenza umana, contrapponendo il cervello umano al cervello artificiale. Su questa linea si collocano coloro che rifiutano le applicazioni informatiche perché non intendono sottomettere l'essere umano alla volontà di una macchina o correre il rischio di una ribellione dei robot, ignorando che il cervello artificiale nasce dalle applicazioni delle modalità di funzionamento del cervello umano, per potenziarlo e, se questo si ribella, significa che è stato istruito a farlo.
È l'uomo il legno storto dell'umanità, non le macchine che inventa.
I Big Data, ossia gli immensi patrimoni di dati, sono chiave per un secondo Illuminismo aprendo ad usi superiori dell’intelletto umano e liberando la conoscenza umana dall’arbitrarietà soggettiva, anche se questa rimane una finzione discorsiva in mezzo a una realtà di densa compenetrazione tra i dati e i suoi contesti sociali, culturali e politici. Le piattaforme guidate dai Big Data aprono nuove potenzialità per intervenire e rimodellare le architetture di scelta istituzionali che gli attori del mercato devono affrontare in processi decisionali algoritmici.
Parafrasando Federico Il Grande, che commentava che in battaglia “God is always with the strongest battalions”, nell’attuale economia basata sui dati “God is always with the strongest servers”. Il ritmo accelerato dell’innovazione ha inevitabilmente trasformato la percezione di quali economie sono attori dello status quo (quelli tecnologicamente arretrati) e quali sono potenze riformiste (quelle tecnologicamente avanzate).
Riducendo gli esseri umani a dati, i Big Data rendono l’umanità leggibile. Ma se qualcosa può essere reso leggibile, può anche essere manipolato.
Riemerge, dunque, in una forma nuova di biosupremazia, l’eterna lotta tra Stato e individuo. Biosupremazia è il potere monopolistico sul comportamento umano nell’era digitale. Mentre il potere monopolistico tradizionale dà allo Stato e alle imprese la capacità di escludere i concorrenti da mercati specifici mediante il meccanismo dei prezzi, la biosupremazia permette di esercitare il controllo su ampie fasce di comportamento umano, modificando le norme sociali, e ottenendo un’influenza che attraversa interi settori dell’economia e della collettività.
Lo Stato impone, in tal modo, un nuovo ordine mondiale stabilito su basi cognitive, alle quali l’individuo si ribella tentando di ostacolare o manipolare lo sviluppo dell’Infosfera, ma trovandosi schiacciato nel conflitto tra il potere digitale delle imprese e il potere di sorveglianza automatizzata dello Stato, trasformando le relazioni tradizionali Stato-mercato/individuo in Stato/mercato-individuo, in cui il mercato non è più una somma di comportamenti individuali, ma un assetto sociale che tende a stabilire un rapporto di dominio in cui i beneficiari individuali restano pochi e ben professionalizzati.
Gli algoritmi sono il prodotto di una conquista dell’intelligenza umana, intrinsecamente destinata all’espulsione dell’essere umano stesso da ogni processo decisionale. La seconda fase dell’IA, infatti, ha come punto terminale la c.d. “singolarità”, ossia il momento in cui la macchina supera le prestazioni dell’uomo, producendo ragionamenti e logiche che non è in condizione di produrre senza di essa. Nel secolo scorso, il matematico John von Neumann affermò che il progresso tecnologico ci avrebbe guidati verso un momento essenziale nella storia dell’umanità, oltre il quale le attività non avrebbero più potuto essere considerate come a noi note. Egli fu il primo a chiamare questo evento, “singolarità”, uno status che rimuove l’uomo dal ciclo decisionale nel momento in cui l’IA produce un feedback loop: quando ciò che viene ingegnerizzato è l’intelligenza cerebrale umana, cioè la base dell’ingegneria, l’IA migliora sé stessa autonomamente.
Come difendersi da tutto ciò?
La transizione da supremazia tecnologica a supremazia cognitiva diventa essenziale. Le modalità di conflitto nella sfera cognitiva sono basate su idee, storie, narrazioni, e virus evolutivi. Nuovi tipi di guerra cognitiva sono stati deliberatamente progettati per confondere gli analisti e le forze sociali, per sfruttare le debolezze dei governanti e degli analisti stessi, delle istituzioni e delle società nel loro complesso. Il warfare cognitivo integra capacità cibernetiche, informative, psicologiche e di ingegneria sociale per raggiungere i suoi scopi. Sfrutta Internet e i social media per seminare il dubbio, di introdurre narrazioni contrastanti, di polarizzare l’opinione, di radicalizzare i gruppi, e di motivarli ad atti che possono interrompere o frammentare una società altrimenti coesa.
L’obiettivo è cambiare ciò che la gente pensa, nonché come pensa e agisce per modellare e influenzare i comportamenti individuali e di gruppo per favorire fratture e frammentazioni sociali, in modo da annientare le volontà collettive di resistenza alle intenzioni di un avversario. Fake news, deep fakes, trojan horse e avatar digitali aiutano a creare nuovi sospetti che chiunque può sfruttare, riducendo la capacità degli esseri umani di mettere in discussione qualsiasi dato/informazione presentata, con una tendenza crescente verso il pregiudizio a scapito di un processo decisionale libero.
Se la mente umana diventa il campo di battaglia, è inaccettabile la sua atrofizzazione in quanto sarebbe assimilabile ad una resa. Ma da solo l’essere umano non può farcela. Ecco, dunque, che la costruzione di sistemi di IA che, come gli organismi biologici, siano dotati di autonomia introduce la c.d. “intelligenza integrata” della Quarta Rivoluzione Industriale. La simbiosi uomo-macchina di Licklider, unica modalità per evitare che l’uomo venga posto out-of-the-loop, non è solo un’opportunità di evoluzione dell’umanità, ma è soprattutto un dovere morale verso le future generazioni.
Se pensiamo a cosa significano sia il metaverso, cioè la trasformazione di tutte le realtà in virtualità nell'infosfera, sia i chatbot, cioè il Q&A algoritmico, il problema si sposta sul piano educativo, un problema che stiamo affrontando da secoli; almeno dall'inizio della rivoluzione industriale che ha cambiato modi di vita e organizzazioni sociali.
Le innovazioni tecnologiche possono essere ritardate, ma non eliminate. Ci sarà sempre qualcuno che le porterà avanti. Abbiamo, invece, bisogno di scienziati e imprenditori, ma anche di altrettanti educatori. Sarà sull'istruzione e non solo sulle macchine che si fonderà il futuro dell'umanità.
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