Il libro scritto da Paolo Savona e Fabio Vanorio tratta la geopolitica dell’Infosfera, un tema sconosciuto in Italia per l’impostazione che viene data al tema. L’“Infosfera” per gli autori è rappresentata dalla “sfera informatica della Quarta Rivoluzione Industriale, composta da tecnologie digitali come l’Intelligenza Artificiale (IA), l’Internet delle cose (IoT-Internet of Things), i Big Data, il Cloud Computing, la robotica, le piattaforme digitali, i social media, la Blockchain (contabilità decentrate a blocchi autocertificantesi)/DLT (Distributed Ledger Technologies), le Cryptocurrency e le produzioni additive (stampa 3D)”.
L’approccio, dunque, non ha nulla di filosofico ma è esclusivamente votato alla pratica, in maniera concreta e applicativa sia in senso aziendale, sia governativo. Non manca un riferimento all’etica. Nel capitolo V, infatti, si cita “se l’etica e il rispetto di valori morali rappresentano il driver in base al quale favorire o meno l’introduzione dell’innovazione (…), una valutazione di fonti alternative che fanno dell’eticità di un investimento la loro caratteristica fondamentale può essere quanto meno impostata".
Gli autori scelgono il terreno delle criptovalute per introdurre quello che chiamano “arbitraggio basato sull’etica”, un concetto già ripreso da Savona nel suo “Il ritorno dello Stato Padrone”, libro scritto nel 2009 insieme a Patrizio Regola, autore dichiaratosi con uno pseudonimo. Alla base di tale arbitraggio, gli autori distinguono tra investimenti socialmente responsabili (dove il vincolo etico è insito nell’etica umana dei manager) e investimenti guidati da una logica religiosa (dove il vincolo etico è nelle Sacre Scritture, dunque decisamente più stringente). In questa seconda ottica, viene proposta una disamina di una ipotetica “Economics with Cryptocurrencies” in un’ottica di prescrizioni della Shari‘a islamica.
Lo spettro del libro è ampio, diversificato, sicuramente limitato nell’estensione degli argomenti, probabilmente per non appesantire il lettore, sicuramente per non incorrere eccessivamente nel rischio di cadere nell’obsolescenza dovuta all’accelerazione tecnologica in atto, come affermato dagli autori stessi.
Il testo mostra come i progressi della tecnologia abbiano plasmato la vita umana, le società, l'ordine geopolitico e l'equilibrio di potere. L'aumento del ritmo della digitalizzazione ha sviluppato nuove opportunità per il commercio e la governance elettronica, ma ha anche trasformato l'intelligence, la sorveglianza, la ricognizione e le operazioni militari. La maggiore interconnessione ha ridotto le distanze fisiche, mettendo a rischio la stabilità politica, i segreti militari e il benessere economico e sociale. Gli attacchi di cyber-spionaggio hanno evidenziato l’impatto effettivo sulla stabilità politica, economica, sociale e internazionale.
Il Capitolo VIII (“L’importanza della “digitalizzazione” nel Nuovo Ordine Mondiale”) introduce una importante interrelazione tra trasformazione tecnologica e teoria del commercio internazionale. Gli Autori, infatti, evidenziano come “un importante attributo del nuovo ordine” sia “la riconsiderazione dei pro e dei contro associati all’interdipendenza e, in termini relativi, una maggiore tendenza degli Stati sia a trasformarla in un’arma, sia a cercare di ridurre la loro vulnerabilità in tal senso, riportando le produzioni nei luoghi di consumo.”
La globalizzazione digitale riporta, dunque, all’attenzione le caratteristiche geografiche della Terra e dello spazio, importanti nell’identificare minacce, vulnerabilità e rischi correlati. La garanzia che le informazioni ideate, elaborate, archiviate, e diffuse dagli esseri umani non vengano intaccate nella loro integrità e siano disponibili per coloro che hanno il diritto di accedervi, è argomento diffuso nel libro. In particolare, viene posto il confronto tra Big Data per la sorveglianza (con l’esempio del capitalismo di sorveglianza) e Big Data per la rinascita intellettuale (aprendo ad usi superiori dell’intelletto umano e liberando la conoscenza umana dall’arbitrarietà soggettiva).
Geopolitica dell’Infosfera è un libro che si pone come obiettivo proprio l’avvio di un nuovo “Illuminismo informativo”, realizzato a partire da una società metrica. Gli autori, infatti, sembrano spesso sarcastici nei confronti della classe politica e della classe dirigente, pubblica e privata, le quali considerano “l’innovazione tecnologica eccessivamente avanzata e non strettamente necessaria ai loro fini di (presunto) benessere collettivo”. In realtà, dette classi “vedono lo strumento tecnologico come un rischio di dover abdicare dai ruoli di governo dell’umanità per la loro incapacità di gestirlo direttamente”. Un argomento indubbiamente forte che susciterà dibattito, anche se a fronte del quale sembra esserci scarsa evidenza che dimostri il contrario.
C’è un aspetto particolare nel libro, quasi un tentativo di risvegliare animi sopiti o spaventati dalla tecnologia. Secondo gli autori, “la Quarta Rivoluzione Industriale arriva a relegare l’essere umano a un ruolo di replicante" e “lo spostamento del ruolo dell’essere umano da innovatore a esecutore comporta verosimilmente nel tempo un abbassamento della soglia del quoziente intellettivo medio a causa di uno sviluppo cognitivo dell’individuo sempre più limitato e focalizzato su poche attività, perlopiù ludiche e disimpegnate.”
Ciò lo stiamo già vedendo con l’esplosione di ChatGPT, in particolare con il suo impiego per sostituire alcune nostre funzioni cognitive vitali, in primis quella della prima redazione di una bozza, momento fondamentale della scrittura in quanto prima espressione di scrittura creativa. A ChatGPT spesso si chiede di fornire idee, riducendo la nostra capacità di innovazione. Questo, a detta degli autori, non fa che accelerare il punto di “singolarità”, “status che rimuove l’uomo dal ciclo decisionale” in quanto “viene ingegnerizzata l’intelligenza cerebrale umana, consentendo all’Intelligenza artificiale di migliorare sé stessa autonomamente”.
Il loop di indebolimento cognitivo dell’essere umano è chiuso dalla transizione, suggerita dagli autori, dal concetto di supremazia tecnologica al concetto di supremazia cognitiva. Nella sfida cognitiva, secondo gli autori, “le modalità di conflitto sono basate su idee, storie, narrazioni, virus evolutivi e attacchi epistemici. Nuovi tipi di guerra cognitiva sono stati deliberatamente progettati per confondere gli analisti e le forze sociali, per sfruttare le debolezze dei governanti e degli analisti stessi, delle istituzioni e delle società nel loro complesso.”
Il “warfare cognitivo”, noto nella stampa di questi giorni a proposito dell’infosfera e citato con i termini più disparati (ma definito sempre nello stesso modo), viene trattato nel libro come integrazione di “capacità cibernetiche, informative, psicologiche e di ingegneria sociale per raggiungere i suoi scopi.” Il warfare cognitivo “sfrutta Internet e i social media per seminare il dubbio, di introdurre narrazioni contrastanti, di polarizzare l’opinione, di radicalizzare i gruppi, e di motivarli ad atti che possono interrompere o frammentare una società altrimenti coesa.”
Secondo gli autori “la mente umana è il campo di battaglia. L’obiettivo è di cambiare non solo ciò che la gente pensa, ma come pensa e agisce. Gestito con successo, modella e influenza le credenze e i comportamenti individuali e di gruppo per favorire gli obiettivi tattici o strategici di un aggressore. Nella sua forma estrema, ha il potenziale di fratturare e frammentare un’intera società, in modo che non abbia più la volontà collettiva di resistere alle intenzioni di un avversario. Fake news, deep fakes, trojan horse e avatar digitali aiutano a creare nuovi sospetti che chiunque può sfruttare, riducendo la capacità degli esseri umani di mettere in discussione qualsiasi dato/informazione presentata, con una tendenza crescente verso il pregiudizio (bias) a scapito di un processo decisionale libero.”
Una simile rappresentazione rende solo individui con intelletti integri o mantenuti superiori (gli “iniziati”, secondo gli Autori) in grado di vedere la Quarta Rivoluzione Industriale come un importante ausilio alla crescita dei loro standard di vita. Analogamente, questa puo’ anche diventare strumento di distruzione cognitiva qualora non fosse impiegata nelle sue forme positive.
Questo dilemma è riassunto dagli autori nell’Introduzione laddove viene fornito lo scopo del libro, ossia “offrire una torcia nel tunnel”, viaggiando nelle diverse sfaccettature della trasformazione digitale, “per prepararsi ad affrontarle culturalmente e geopoliticamente, o semplicemente per essere consapevoli di come, e di fronte a cosa, si dovrà soccombere”.
Grazie alla tecnologia, l’individuo comune è in grado di creare nuovi contenuti, raccontare storie e raggiungere un pubblico che in precedenza non era possibile. In tal senso, il libro “Geopolitica del’Infosfera” non è solo da leggere, ma soprattutto da conservare per riprenderlo ad ogni evoluzione della tecnologia in maniera da poter disporre di una voce imparziale che aiuti a meglio comprenderla. È una chiamata alle armi in questo conflitto in atto metafisico.
* Articolo pubblicato anche su https://www.affaritaliani.it/amp/culturaspettacoli/geopolitica-dell-infosfera-e-l-eterna-disputa-fra-stato-e-mercato-analisi-847888.html
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