Il presidente del Cile, Gabriel Boric, ha dichiarato di avere l’intenzione di nazionalizzare il litio, risorsa della quale il Paese dispone delle più grandi riserve al mondo. La decisione, ha spiegato Boric, intende garantire tutele all’ambiente e alle comunità locali, assicurando una distribuzione più equa delle risorse e la fine dello sfruttamento indiscriminato dei territori. Non si tratta del primo Paese che manifesta intenzioni simili: la Quarta rivoluzione industriale sembra infatti segnata da una inversione di tendenza rispetto al passato, con i Paesi ricchi di risorse che cercano di liberarsi del giogo di dinamiche coloniali per poter conquistare la piena sovranità sulle proprie ricchezze.
Fondamentale nella transizione ecologica e nel processo di evoluzione tecnologica che sempre più caratterizza il nostro tempo, il litio è una risorsa della quale le multinazionali del settore hanno necessità primaria. Più del 70% del litio estratto in tutto il mondo, infatti, è utilizzato per la produzione di batterie. E, come per tutte le risorse fondamentali per lo sviluppo dell’industria (allo stesso modo delle fonti fossili, nel passato come ancora nel presente, ma anche di molte materie prime delle quali i Paesi del Sud del Mondo abbondano), la necessità di approvvigionamento mette in moto meccanismi dall’intrinseca connotazione geopolitica. Da qui, il replicarsi di dinamiche di dominio di matrice coloniale, che vedono governi e multinazionali occidentali saccheggiare i Paesi ricchi di materie prime con le loro politiche di estrattivismo indiscriminato, spesso senza il minimo accenno a politiche di tutela dei territori e delle comunità locali.
Con questa decisione, il Cile intende invertire la tendenza. Nel comunicare la decisione del suo governo, infatti, il presidente Boric ha sottolineato come l’intento sia la tutela tanto dell’economia del Paese quanto della biodiversità e delle comunità indigene, da attuare anche grazie a un’equa redistribuzione delle ricchezze. In questo modo, il controllo delle operazioni sul litio in Cile passerebbe dalle mani dei giganti dell’industria a una compagnia di proprietà dello Stato creata appositamente. Della sua realizzazione verrà incaricata la società statale Codelco, la più grande produttrice di rame al mondo. «Questa è la migliore occasione che abbiamo per passare a un’economia sostenibile e sviluppata. Non possiamo permetterci di sprecarla» ha dichiarato Boric in un discorso alla nazione.
In Cile operano principalmente le aziende SQM (Sociedad Quimica y Minera de Chile) e Albemarle, rispettivamente il primo e il secondo produttore di litio al mondo, i cui contratti scadranno rispettivamente nel 2030 e nel 2043. Entrambe si occupano di rifornire Tesla, LG Energy Solution Ltd e altre aziende del settore. Quando la politica di nazionalizzazione diventerà una realtà concreta, i futuri contratti per il litio saranno stipulati solamente in forma di partnership pubblico-privato con il controllo dello Stato. Secondo gli analisti, la mossa non è esente da rischi di tipo economico, con gli investitori che potrebbero spostare la loro attenzione verso Paesi quali l’Australia, ad oggi il più grande produttore al mondo di litio.
Prima del Cile, già il Messico (al decimo posto al mondo in termini di riserve di litio) aveva deciso di procedere in questa direzione, con il percorso iniziato nel 2022 dal presidente Andrés Manuel López Obrador per la nazionalizzazione del metallo, concretizzatosi quest’anno. E in questa direzione si sta muovendo anche lo Zimbabwe, il sesto al mondo per la grandezza delle riserve. A ciò vanno poi aggiunti i processi di nazionalizzazione di risorse di altro tipo in atto (si prenda l’esempio del Ciad e dei beni della multinazionale petrolifera Exxon).
Il procedimento non sarà immediato: come prima cosa, Boric dovrà cercare di ottenere l’approvazione del Congresso, il cui esito si avrà nella seconda metà dell’anno. Il percorso, comunque, è ormai avviato.
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