Il progetto di sorveglianza epidemiologica ‘Sentieri’ ha reso noto il suo sesto rapporto sullo stato della salute pubblica nei siti più inquinati d’Italia. L’ultima edizione dell’iniziativa dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) ha analizzato 46 siti di emergenza ambientale riconosciuti dal governo, i cosiddetti ‘siti di interesse regionale o nazionale’ da bonificare. Il quadro emerso, in linea con i rapporti precedenti, non è dei più rassicuranti. In primo luogo perché detti siti sono complessivamente abitati da oltre 6,2 milioni di persone, ovvero, circa il 10% della popolazione italiana. In sostanza è emerso che vivere entro i confini di tali aree particolarmente inquinate significa avere un rischio maggiore del 2% di morire di malattia, perlopiù tumori maligni, e un rischio di ospedalizzazione maggiore del 3%. La valutazione ha preso in esame la popolazione adulta, giovanile e in età pediatrica ed ha analizzato quanto i dati epidemiologici registrati si sono discostati dalla media della Regione in cui ciascun sito è localizzato.
Tra i siti considerati, figura la città di Taranto notoriamente contaminata dall’acciaieria più grande d’Europa, la zona portuale di Livorno, la valle del fiume Sacco a cavallo tra le province di Roma e Frosinone, così come alcune aree della città di Brescia, quelle in cui sorge lo stabilimento industriale ex Caffaro e che aspettano una bonifica da oltre due decenni. Nelle isole maggiori vi è poi la cittadina siciliana di Gela, inquinata dalle industrie petrolchimiche, e, in Sardegna, l’area urbana di Porto Torres. In questi e tutti gli altri siti particolarmente critici, i ricercatori coordinati dall’ISS hanno raccolto e analizzato i dati relativi alla mortalità, ai ricoveri ospedalieri, all’incidenza di tumori e ad anomalie congenite nel periodo tra il 2014 e il 2018. Particolarmente investigate dal gruppo di ricerca sono state poi le cosiddette patologie di interesse ‘a priori’, ovvero, quelle per cui vi è già un’evidenza scientifica sulla potenziale correlazione con le fonti di contaminazione presenti in ogni sito. «Questo approccio – ha spiegato Amerigo Zona, responsabile scientifico di Sentieri, in occasione della giornata di presentazione del documento – permette di ridurre i falsi positivi e riconoscere i segnali di un rapporto causale, o con-causale, delle varie fonti di contaminazione nel determinare gli eccessi di mortalità e di malattie che abbiamo osservato».
Nel complesso, è risultato che l’eccesso più frequente di mortalità è legato al tumore maligno del polmone – il mesotelioma della pleura – i tumori della vescica, le malattie respiratorie e altre neoplasie maligne. Tuttavia, fanno notare gli autori del rapporto, questa pubblicazione, a differenza delle due precedenti, non si è potuta avvalere del contributo dell’Associazione italiana dei registri tumori, in parte, a causa dei vincoli imposti dal dover rispettare le nuove norme sulla protezione dei dati personali dell’Unione Europea. Ad ogni modo, il quadro che è emerso è piuttosto esaustivo, oltre che allarmante. Nel documento, infatti, vi sono persino schede puntuali per ciascuno dei 46 siti da bonificare, aree dalle più svariate vocazioni industriali spesso responsabili di esposizioni inquinanti multiple per la popolazione. Il rapporto, infine, si è focalizzato sul concetto di giustizia ambientale, dal momento in cui l’entità dell’inquinamento e, di conseguenza, l’impatto sulla popolazione, non è risultato uguale lungo lo Stivale. Sovrapponendo i dati sull’esposizione ambientale, sullo stato di salute degli abitanti e sulla deprivazione socio-economica, si è osservato, ad esempio – si legge nel testo – “un gradiente di ingiustizia distributiva sull’asse Nord-Sud, con condizioni peggiori al Sud e nelle isole dove le comunità esposte a processi di contaminazione presentano condizioni di deprivazione socio-economica”.
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