La “Giornata delle Nazioni Unite per i Diritti delle Donne e per la Pace Internazionale” fu istituita nel 1977 dall’ONU attraverso la risoluzione 32/142 1977. Da allora l’8 marzo è diventato ufficialmente il giorno della riflessione sulla condizione femminile.
L’origine del Woman’s Day risale in realtà ai primi del ’900. La sua genesi infatti è strettamente collegata al clima sociale e politico di inizio secolo che contribuì alle rivendicazioni dei diritti da parte delle donne, in particolar modo il diritto di voto. Originariamente dagli Stati Uniti (portavoce fu il Partito Socialista Americano) e dalla Danimarca (dopo la Conferenza internazionale delle Donne Socialiste) partì l’idea di una giornata dedicata all’importanza delle donne all’interno della società.
In Italia, sempre agli inizi del ‘900, furono le operaie delle fabbriche le protagoniste più attive di questo nuovo vento di rinnovamento femminile fatto di azione finalizzata alla liberazione dalle mansioni cui la donna era tradizionalmente destinata, fatto di lotta contro i salari bassi, fatto di primi importanti scioperi.
In questo periodo molte donne erano mosse da disperazione, rabbia, ma anche coraggio, desiderio forte di riappropriarsi dell’identità femminile negata. Inoltre, nel recente passato, tante donne avevano dato un contributo fondamentale durante l’epopea risorgimentale, ma i loro sforzi non furono riconosciuti dallo Stato Liberale che continuava a relegarle al ruolo di “regine del focolare domestico”.
Dall’avvento della Costituzione agli anni ’70 si ebbe il vero cambiamento nella forma mentis della donna la quale, gradualmente, iniziò a combattere il patriarcato e la cultura oscurantista che l’avevano condannata a un ruolo subordinato e subordinante rispetto a quello dell’uomo. Le donne italiane, al pari di tutte quelle dei Paesi industrializzati, dal ‘68 in poi rilanciarono una nuova questione femminile. Si trattò di un fenomeno di protesta che inizialmente fu sottovalutato dalle forze politiche, ma in grado di trasformare radicalmente la società italiana. Le donne miravano al superamento del tradizionale modello familiare ereditato dalle generazioni precedenti, e sentirono che non bastavano più il malcontento o il dialogo pacato, era ormai il tempo delle piazze piene, dei gesti e degli striscioni provocatori per affermare un’intelligenza tutta femminile accantonata dal maschilismo imperante. La Legislazione fu disegnata secondo un nuovo modello di famiglia, diritto di famiglia Legge 151 del 1975, secondo un nuovo modello lavorativo, Legge 903 sulla parità salariale del 1977, e da questa strada già tracciata da altri importanti traguardi come la Legge 66 del 1966 che permetteva l’ingresso delle donne nella magistratura ordinaria, si giunse finalmente nel 1981 all’abolizione del delitto d’onore e del matrimonio riparatore creatura mostruosa, partorita dal Codice Rocco, negli anni della dittatura.
Il ‘900 ha raccolto buoni frutti in fatto di diritti per le donne, questo è innegabile, ma il percorso per giungere a una vera e concreta parità di genere è ancora lungo e complesso, pur avendo fissato la scadenza al 2030.
È opportuno per tale motivo che vi sia un forte impegno tanto sul fronte dell’azione interna, quanto su quello dell’attività di sensibilizzazione e cooperazione internazionale.
Per quanto riguarda l’Italia, è giusto ricordare che è certamente ampio lo spazio che la Costituzione dedica al riconoscimento dei principi di uguaglianza e delle pari opportunità tra uomo e donna. Bisogna solo continuare a costruire sulle fondamenta giuridiche rappresentate dalla nostra Carta costituzionale, nella consapevolezza che si tratta comunque di un percorso faticoso e complesso perché l’attualità ci narra ancora vicende tremende fatte di discriminazioni quotidiane, in casa e nel mondo del lavoro, fino ad arrivare ad una brutale violenza che aumenta il gap comunicativo, emotivo e pratico tra uomo e donna.
La Giornata Mondiale della Donna, pertanto, si trasformerà realmente in una festa solo quando le donne non saranno più oggetto di abusi, discriminazioni e subordinazione, solo quando scompariranno tutti i tipi di prevaricazione, anche quelle più piccole e quotidiane, ma non per questo meno gravi. Il senso dell’8 marzo è anche e soprattutto conoscere storie di donne che hanno contribuito all’emancipazione femminile, hanno cambiato la rotta della società e sono per tale motivo dei fari di speranza e punti di riferimento per molte donne.
Anche quest’anno con la nostra iniziativa Mimose d’Acciaio 2023, giunta ormai alla III edizione, abbiamo scelto di portare nella scuola italiana 5 donne che meritano attenzione e gratitudine perché sono un esempio per la società civile.
Franca Viola, Giovanna Botteri, Samantha Cristoforetti, Eleonora Abbagnato e Bebe Vio sono le mimose che quest’anno ci sentiamo di donare idealmente, attraverso i colleghi docenti, alle studentesse e agli studenti di ogni ordine e grado, affinché la forza, l’intelligenza, il talento, il coraggio, la determinazione e la storia di ognuna di queste straordinarie donne possa essere esempio e guida per le giovani generazioni.
“Io non sono proprietà di nessuno” affermò nel 1965 la diciassettenne siciliana Franca Viola, che rifiutò il matrimonio riparatore, previsto all’epoca dalla legislazione italiana, con l’ex fidanzato il quale l’aveva rapita e violentata per otto giorni. Quel NO della piccola ragazza di Alcamo contribuì certamente al cambiamento della condizione femminile in Italia.
Giovanna Botteri, giornalista italiana ed ex direttore della sede RAI Friuli Venezia Giulia, negli ultimi anni ci ha aiutato a riflettere per “scardinare modelli stupidi, anacronistici che non hanno più ragione di esistere” e per “discutere e far discutere su cose importanti per noi e soprattutto per le generazioni future di donne”.
Samantha Cristoforetti, prima donna comandante della Stazione Spaziale Internazionale, divulgatrice scientifica e ambasciatrice Unicef, ci dimostra che le donne possono accorciare il gender gap molto marcato in ambito scientifico ed eccellere sul pianeta Terra e anche nello spazio.
Eleonora Abbagnato, ex ètoile dell’Opera di Parigi e una delle ballerine più brave al mondo, oltre a tenere alto il nome dell’Italia nella danza classica ci consente di tenere vivo il focus sull’urgenza di una maggiore presenza femminile nel mondo della danza, nel quale la direzione dei teatri e le coreografie degli spettacoli sono affidate quasi esclusivamente agli uomini.
Bebe Vio, campionessa italiana di scherma, simbolo di coraggio per il mondo intero perché ha insegnato a tutti che si può tirare di scherma anche in carrozzina, senza gambe e avanbracci, basta volerlo fortemente.
Il CNDDU, alla vigilia della Giornata Mondiale della Donna, esprime stima, gratitudine, ammirazione e solidarietà per le nostre cinque straordinarie Mimose d’Acciaio che hanno contribuito all’emancipazione femminile dell’Italia e che con il loro vissuto ispirano e sostengono tanti giovani donne. Per tale ragione è stato più complesso del previsto scegliere la Mimosa d’Acciaio 2023.
Alla fine dei lavori all’ UNANIMITA’ il CNDDU ha individuato la donna a cui va la nostra onorificenza. Ecco la motivazione:
Per la sua straordinaria forza morale che ancora riecheggia nella nostra memoria storica; per il grande coraggio racchiuso nel suo giovane cuore; per aver spezzato alcune dinamiche imperanti del peggior patriarcato; per aver contribuito con il suo esempio all’abrogazione del matrimonio riparatore
CONFERIAMO
Il titolo di Mimosa d’ Acciaio 2023 alla signora Franca Viola.
La posizione sociale delle donne determina davvero sia l’emancipazione femminile che il progresso sociale in senso lato, e Franca Viola con il suo NO ha riscattato contemporaneamente la donna e la società civile.
Ora sta a noi proseguire la strada che ha tracciato.
L’Hashtag per la Giornata Mondiale delle Donne 2023 è #MIMOSEDACCIAIO2023
Prof.ssa Rosa Manco
CNDDU
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