Si è concluso il viaggio di due giorni della presidente del Consiglio Giorgia Meloni, accompagnata dal Ministro degli Esteri Antonio Tajani, negli Emirati Arabi Uniti. L’obiettivo era ricucire i rapporti tra i due Paesi, precipitati ai minimi storici con Giuseppe Conte a Palazzo Chigi. Il successo del riavvicinamento politico, avviato già dal governo Draghi, è stato formalizzato mediante la firma di diverse intese. Ad Abu Dhabi si è parlato infatti di ambiente, difesa ed energia, sottoscrivendo due dichiarazioni di intenti sul partenariato strategico e sulla cooperazione nell’ambito della COP28, che si terrà a Dubai dal 30 novembre al 12 dicembre 2023 tra non poche perplessità . A rafforzare le relazioni bilaterali tra Italia ed Emirati Arabi Uniti è stato poi l’accordo di cooperazione raggiunto tra ENI e l’azienda petrolifera nazionale, la Abu Dhabi National Oil Company (ADNOC).
Di ritorno dal viaggio in India, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha fatto tappa negli Emirati Arabi Uniti per incontrare lo sceicco Mohamed bin Zayed Al Nahyan e rilanciare i rapporti tra i due Paesi. Prima la vicenda Alitalia-Etihad, carica di accuse reciproche per la mancata cessione della compagnia nazionale italiana al colosso emiratino, poi la limitazione di Palazzo Chigi all’export di armi verso Abu Dhabi e infine la chiusura della base militare italiana nel Golfo hanno contribuito al deterioramento delle relazioni negli ultimi anni. A sopravvivere durante il periodo di tensione sono state la forte cooperazione dal punto di vista scientifico, con numerosi ricercatori italiani negli Emirati, ed economico, vista la presenza di oltre 600 imprese italiane nel regno del Golfo. «Mi pare che ci sia ampia disponibilità da parte dello sceicco Bin Zayed di dare una mano nella piena volontà di recuperare un rapporto di amicizia per gli interessi nazionali dell’Italia», ha commentato Giorgia Meloni. Un do ut des che stende un velo di indifferenza sulla situazione dei diritti umani negli Emirati Arabi Uniti – tema utilizzato al solito a geometria variabile e solo contro i rivali geopolitici da parte degli stati occidentali – 134esimo nel Democracy Index 2021, nonché sul suo coinvolgimento nella guerra in Yemen, per perseguire i propri interessi nel campo della difesa, dell’ambiente e dell’energia.
Un leitmotiv in continuità col governo guidato da Mario Draghi che, in seguito all’invasione russa dell’Ucraina e alle sanzioni occidentali, ha cercato nuove fonti di approvvigionamento energetico tra le dittature africane e mediorientali, come Congo, Egitto o Qatar. Una tendenza che in realtà affonda le radici nella storia contemporanea non solo italiana ma del mondo occidentale, che da un lato condanna e dall’altro stringe accordi. «A differenza di alcuni viaggi in Africa del governo precedente», commenta l’ex dirigente ENI Salvatore Carollo, interessati da una certa «polvere di propaganda», la visita negli Emirati ha una natura «strategica», vista l’importanza acquisita da Abu Dhabi nell’ultimo decennio, soprattutto nelle tecnologie e nella ricerca relative alla produzione energetica.
Roma è presente con ENI negli Emirati Arabi Uniti dal 2018 attraverso operazioni di esplorazione, sviluppo e produzione di idrocarburi. Adesso, la multinazionale guidata da Descalzi ha firmato con ADNOC un Memorandum of Understanding che delinea un quadro di cooperazione per futuri progetti congiunti in ambito di transizione energetica, sostenibilità e decarbonizzazione. La dimensione temporale dell’accordo è traslata verso un futuro sfumato dal momento in cui ENI produce 60mila barili di olio equivalente al giorno (kboed), sfruttando cinque giacimenti, negli Emirati Arabi Uniti, un Paese che basa l’85% della propria economia sull’esportazione di risorse naturali, petrolio e gas naturale in primis. Dall’altro lato non fa ben sperare la posizione del ministro dell’Industria e delle Tecnologie Sultan Al Jaber, a cui è stata affidata la presidenza e dunque la definizione dell’agenda climatica della COP28, che in passato ha dichiarato: «la transizione ecologica dovrebbe essere effettuata con pragmatismo e prudenza in quanto non possiamo semplicemente staccare la spina al sistema di oggi». Una posizione di attesa e temporeggiamento, che stride con gli impegni assunti dal Paese in materia, come la creazione della MASDAR, società specializzata nello sviluppo di energie rinnovabili presieduta proprio da Al Jaber.
Sul tavolo degli incontri tra la delegazione italiana e quella emiratina è apparso anche il dossier della difesa e della sicurezza. Temi dibattuti già durante il viaggio del Ministro della Difesa Guido Crosetto ad Abu Dhabi, risalente al mese scorso. Anche in questo caso l’obiettivo è rilanciare “la cooperazione bilaterale nel settore”. Nessun riferimento all’export di armi italiane verso Abu Dhabi o alle limitazioni, ammorbidite dal governo Draghi nel 2021, introdotte per non alimentare il conflitto in Yemen. Giorgia Meloni si è limitata a definire gli Emirati Arabi Uniti un partner strategico per la stabilizzazione del Nord Africa e in particolare della Libia (per via del canale diretto con il generale Khalifa Haftar), Paese con cui l’Italia ha di recente rinnovato il Memorandum in ambito migratorio.
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