Nicola Sturgeon si dimetterà da prima ministra della Scozia, incarico che ricopre dal 2014. Le dimissioni, anticipate da tutti i principali giornali britannici in tarda mattinata, sono state ufficializzate nel corso di una conferenza stampa tenuta alle 11 locali (le 12 italiane) a Bute House, la residenza della prima ministra scozzese a Edimburgo.
Durante la conferenza stampa, Sturgeon ha detto che la sua decisione di dimettersi non è stata una reazione alle pressioni subite da chi recentemente ha criticato il suo operato, ma una decisione maturata col tempo, a cui ha pensato per diverse settimane.
Sturgeon ha detto di non avere le energie necessarie a portare avanti ancora a lungo un incarico che già ricopre da oltre otto anni, e che ne richiede molta date le sfide e le difficoltà che lo aspettano. A questo proposito, Sturgeon ha citato il blocco imposto dalla Corte suprema scozzese alla possibilità per il suo governo di tenere un secondo referendum sull’indipendenza dopo quello fallito del 2014, tema a cui si è sempre detta favorevole e che ha definito in modo molto forte la sua identità politica come prima ministra.
Sturgeon ha anche detto di voler lasciare il proprio incarico a una figura meno divisiva e polarizzante di lei: ha detto che le opinioni su di lei sono diventate «barriere» al dibattito politico, e che con le sue dimissioni spera di «depolarizzarlo». Sturgeon ha aggiunto di essere stata orgogliosa del suo incarico e di essere stata la prima donna a ricoprirlo, e che resterà in carica fino all’elezione del suo successore.
Sturgeon, che è anche la leader dello Scottish National Party (SNP), il partito indipendentista scozzese, era stata nominata per la prima volta prima ministra nel novembre del 2014, dopo le dimissioni dell’allora capo del governo scozzese Alex Salmond, di cui era la vice. Era stata confermata nel ruolo per altri due mandati dopo la vittoria del suo partito alle elezioni parlamentari scozzesi del 2016 e del 2021. È sempre stata molto popolare, soprattutto all’inizio del suo mandato: aveva cominciato a perdere consensi negli ultimi anni, benché ne avesse recuperati molti durante la pandemia, la cui gestione da parte del suo governo era stata molto apprezzata in Scozia.
Sturgeon si è sempre detta favorevole all’indipendenza della Scozia dal Regno Unito, e lo scorso giugno aveva annunciato l’intenzione del suo governo di tenere un secondo referendum sull’indipendenza dopo quello fallito del 2014. La bocciatura della Corte suprema scozzese era stata decisa a novembre: la Corte aveva stabilito che il parlamento scozzese non avesse il potere di chiedere da solo un nuovo referendum e che una richiesta di questo tipo dovesse essere per forza approvata dal parlamento britannico.
La decisione della Corte Suprema non impedisce del tutto che possa essere indetto il referendum, ma rende la questione molto più complicata, dato che al momento nel parlamento britannico non esiste una maggioranza favorevole a concederlo. Lo Scottish National Party è all’opposizione del governo britannico guidato dai Conservatori, e difficilmente troverà una maggioranza in parlamento che sostenga la causa indipendentista.
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