Xi Jinping ha parlato per la prima volta della Global Security Initiative al Boao Forum di Shanghai lo scorso aprile. Il presidente cinese spiegava che la GSI, traducibile come Iniziativa per la Sicurezza Globale, avrebbe fornito un quadro di principi per affrontare al meglio la diplomazia e gli affari globali, così da rendere il mondo “un luogo più sicuro”. I media cinesi descrivevano l’iniziativa come “un altro bene pubblico globale offerto dalla Cina” per contribuire, con “soluzioni e saggezza cinesi”, a “risolvere le sfide alla sicurezza che l’umanità deve affrontare”.
In quei giorni, pochi oltre la Muraglia si sono interrogati su cosa fosse quel concetto, l’ennesimo elaborato dal sistema politico cinese. Un concetto che, di lì a poco, sarebbe diventato un perno fondamentale del nuovo disegno ideologico-diplomatico proposto da Pechino. Già, perché la GSI ha trovato spazio nel rapporto di lavoro steso in occasione del XX Congresso del Partito Comunista Cinese (PCC), andato in scena a ottobre.
“Un antico filosofo cinese ha osservato che tutti gli esseri viventi possono crescere fianco a fianco senza danneggiarsi a vicenda, e che strade diverse possono correre in parallelo senza interferire l’una con l’altra. Solo quando tutti i Paesi perseguiranno la causa del bene comune, vivranno in armonia e si impegneranno nella cooperazione per il reciproco vantaggio, ci sarà prosperità sostenuta e sicurezza garantita”, dichiarava Xi, fresco di un inedito terzo mandato nel ruolo di segretario del Partito, spiegando che la Cina aveva lanciato la GSI seguendo questo spirito.
Il 21 febbraio è arrivata la consacrazione definitiva dell’iniziativa, quando Pechino ne ha diffuso il concept paper in concomitanza – per altro e non a caso – con l’elaborazione di un documento contenente 12 punti suggeriti per la risoluzione della crisi ucraina. Se confrontiamo China’s Position on the Political Settlement of the Ukraine Crisis con The Global Security Initiative Concept Paper, notiamo che le somiglianze sono numerose e anche piuttosto evidenti.
Detto altrimenti, il documento relativo al conseguimento della pace in Ucraina altro non è che l’applicazione della GSI in un caso concreto e specifico, la guerra in Ucraina appunto. Ma, se è davvero così importante per la Cina, che cos’è e cosa comprende l’Iniziativa per la Sicurezza Globale avanzata da Xi?
La sicurezza “con caratteristiche cinesi”
La GSI fa parte della diplomazia cinese elaborata, o meglio aggiornata, in concomitanza con l’ascesa di Xi Jinping. L’attuale presidente ha più volte posto l’attenzione sulla necessità di costruire una “Comunità umana dal futuro condiviso“, concetto in verità menzionato per la prima volta durante il rapporto dell’allora presidente Hu Jintao al Congresso del Partito del 2012.
Può sembrare una perifrasi d’altri tempi collegata ad un lessico marxista estraneo all’Occidente. In realtà, questo concetto indica la volontà cinese di costruire una coesistenza pacifica, intesa come nuova struttura globale rispondente a regole e principi in rottura con quelli incarnati dagli attuali equilibri internazionali, considerati dalla leadership di Pechino eccessivamente “americanocentrici”. La Comunità umana dal futuro condiviso, poi, si declina in più ambiti, dall’economia alla salute fino alla sicurezza.
“Come i passeggeri a bordo della stessa nave, i Paesi devono lavorare in solidarietà per promuovere una Comunità di sicurezza condivisa per l’umanità e costruire un mondo libero dalla paura e che goda di sicurezza universale”, si legge nel concept paper in fase di presentazione della GSI. Detto altrimenti, poiché oggi i problemi e le crisi internazionali riguardano ogni governo, per superare questi ostacoli la Cina ritiene che sia necessario affidarsi ad una cooperazione tra Stati che trascenda vantaggi di parte e differenze culturali-ideologiche. Anche per quanto riguarda la sicurezza, un termine che non deve essere inteso soltanto in relazione alla Difesa e all’ambito militare, visto che nell’accezione dell’iniziativa cinese comprende anche alte issue come cibo, clima, energia, catene di approvvigionamento e commercio.
La GSI può quindi essere descritta come un’iniziativa attraverso la quale la Cina proverà a proporre un’architettura di sicurezza, prima regionale e poi globale, alternativa all’esistente. E che, con il passare del tempo, potrà smarcarsi dal sistema di alleanze e partnership create dagli Stati Uniti al termine della Seconda Guerra Mondiale.
Per quanto riguarda i contenuti, riassunti nel concept paper, la Global Security Initiative appare alquanto sfumata, e questo perché la Cina intende modellare le proprie iniziative – come del resto è accaduto e sta accadendo alla Belt and Road Initiative – al susseguirsi degli eventi, così da poter adattare i piani all’evolversi della situazione globale.
Nella GSI sono elencati “sei impegni” da perseguire in politica estera: mantenere l’impegno per una sicurezza globale, cooperativa e sostenibile; rispettare la sovranità e l’integrità territoriale di tutti i Paesi; rispettare i principi della Carta delle Nazioni Unite; prendere sul serio le legittime preoccupazioni in materia di sicurezza di tutti i Paesi; risolvere pacificamente le controversie attraverso il dialogo; e mantenere la sicurezza in entrambi i domini tradizionali e non tradizionali. Ricorda qualcosa? Esatto: i punti proposti da Pechino per la risoluzione della crisi ucraina.
Le preoccupazioni degli Stati Uniti
Se per la Cina la GSI è un’iniziativa volta a migliorare il mondo, gli Stati Uniti la considerano una possibile minaccia. Già, perché, tra le linee, la nuova sfida lanciata da Pechino a Washington non riguarda tanto lo scontro ideologico tra i due Paesi, quanto il modo di concepire l’ordine globale. In altre parole, Xi intende fare leva sui concetti contenuti nella GSI – cooperazione, relazioni tra pari e via dicendo – per scardinare le certezze statunitensi in regioni geopoliticamente rilevanti quali l’Asia-Pacifico, l’Africa e l’America Latina, e cioè nel sud del mondo, dove la maggior parte dei governi fa parte dei cosiddetti Paesi in via di sviluppo.
Per ogni regione, sottolinea Asia Times, il documento concettuale promuove ruoli di primo piano per le organizzazioni internazionali che sono guidate dalla Cina o escludono l’influenza degli Stati Uniti, come l’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai, la Conferenza Cina-Corno d’Africa per la pace, la governance e lo sviluppo e la Comunità dell’America Latina e Stati dei Caraibi.
Più in generale, la pubblicazione del concept paper sulla GSI rientra nella campagna di Pechino volta a placare i timori internazionali sul fatto che la Cina voglia diventare una grande potenza a discapito di altri Paesi. Serve, inoltre, anche per finalità interne: per dimostrare al popolo cinese che, sotto il governo del Partito guidato da Xi, l’importanza e il prestigio internazionale del Paese stanno aumentando di anno in anno, mentre sempre più governi stranieri riconoscono la superiorità della civiltà cinese.
Scendendo nei dettagli, c’è un estratto del paper sulla GSI che ha fatto scattare diversi campanelli d’allarme in Occidente. Tra le piattaforme e i meccanismi di cooperazione proposti per raggiungere la sicurezza globale si legge che “la Cina è disposta a fornire ad altri Paesi in via di sviluppo 5mila opportunità di formazione nei prossimi cinque anni per formare professionisti che affrontino problemi di sicurezza globale”.
C’è chi ha tradotto tutto questo nella volontà di Pechino di addestrare 5mila unità nei Paesi in via di sviluppo per aumentare la propria influenza sulla sicurezza globale. Nel documento si fa presente che Pechino incoraggerà maggiori scambi e cooperazioni tra le accademie militari e di polizia a livello universitario, rafforzando i legami di Difesa con l’Asia, l’Africa e, in generale, con i Paesi in via di sviluppo, fornendo addestramento militare e condividendo informazioni di intelligence, anche legate all’antiterrorismo.
Per la Cina, al contrario, non c’è niente di cui preoccuparsi. La GSI mirerebbe semplicemente ad “eliminare le cause profonde dei conflitti internazionali” e a portare “pace e sviluppo durevoli nel mondo”. La visione ufficiale del Dragone per le future relazioni estere, in più, include un forte sostegno alle Nazioni Unite, definite il “nucleo” del “sistema internazionale”.
La GSI, accanto alla diffidenza mostrata da gran parte del blocco occidentale, deve però fare i conti con un problema non da poco: la vasta rete di legami militari precedentemente instaurata dagli Stati Uniti con vari Paesi del mondo.
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