Il 2023 sarà anno segnato da importanti appuntamenti elettorali che determineranno il futuro di diversi Paesi. E soprattutto permetteranno di capire in contesti critici del pianeta come si stanno evolvendo dinamiche, leadership e questioni politiche di primaria importanza. In attesa che il 2024 offra i voti di Paesi-guida dell’ordine globale come Usa, Regno Unito e India non meno secondari saranno gli appuntamenti elettorali del 2023.
Argentina, l’ombra lunga della crisi sul kirchnerismo
L’Argentina eleggerà il futuro presidente, la metà del Congresso, la camera bassa del Parlamento, e un terzo del Senato. Molto in gioco per Alberto Fernandez, il presidente di Sinistra erede politico di Cristina Kirchner, ex capo dello Stato e sua vice, che deve comprendere se sarà in grado di prendere la guida del Frente de Todos, la coalizione populista e progressista che ha guidato alla vittoria nel 2019. E che ha unito forze ambientaliste, comuniste e socialiste ai tradizionali partiti peronisti subendo però, dopo un biennio difficile segnato dal Covid-19 e dalla recessione, una durissima sconfitta alle elezioni del novembre 2021 per la metà del mandato. Perdendo il controllo del Senato, uscito dall’area peronista per la prima volta dal 1983.
Il Partito Giustizialista di Fernandez è incerto se appoggiarlo o meno. La vittoria della coalizione confermerebbe, dopo l’elezione di Lula in Brasile, una netta svolta a Sinistra del continente che non si vedeva da almeno un decennio. Ma il Frente potrebbe preferirgli Sergio Massa, già candidato dissidente nel 2015 contro il fronte peronista, ex presidente della Camera e da poche settimane Ministro dell’Economia chiamato al risanamento del debito e dell’alta inflazione e al rilancio della produzione di materie prime minerarie e derrate alimentari, cruciali per l’export. Nella corsa alla Casa Rosada, prevista per il 29 ottobre, Juntos por el Cambio, la coalizione di centro-destra dell’ex presidente Mauricio Macri, dovrà scegliere il suo candidato tra Patricia Bullrich, ex Ministro della Sicurezza pubblica, e Horacio Larreta, sindaco conservatore della capitale Buenos Aires. Pronti entrambi a approfittare politicamente delle debolezze di Fernandez.
Grecia, il primo voto dopo l’austerità
Nell’agosto scorso la Grecia ha concluso dieci anni di risanamento strutturale decisi col Fondo Monetario Internazionale, la Banca Centrale Europea e l’Unione Europea e ora il primo ministro Kyriakos Mitsotakis vuole sdoganare appieno la sua agenda per la crescita. Tra Next Generation Eu, tagli alle tasse, rilancio dell’agenda energetica per la centralità nel Mediterraneo orientale Mitsotakis e la destra di Nuova Democrazia vogliono confermarsi in sella al governo.
A favore di Mitsotakis gioca l’ottima performance economica del Paese, ora libero dalle catene del rigore. L’Economist ha ricordato di recente che “la Grecia è il Paese, tra i 34 più sviluppati, ad avere registrato la “miglior performance” in ambito economico del 2022, secondo The Economist. Lo studio del settimanale britannico si basa su una serie di parametri tra cui il Pil, l’inflazione, il debito pubblico e l’andamento del mercato azionario. Nel periodo compreso tra il secondo trimestre del 2021 e il terzo trimestre del 2022 il Pil del Paese mediterraneo è cresciuto del 2,2% mentre i prezzi al consumo in Grecia sono aumentati del 7,8% nei primi 10 mesi del 2022″, meno della media europea.
Contro le prospettive di riconferma di Mitsotakis, l’opposizione di sinistra di Syriza guidata dall’ex premier Alexis Tsipras punta sullo scandalo-spionaggio che da mesi aleggia su Nuova Democrazia per presunte opere di intercettazione di politici rivali e sulle possibili ricadute del Qatargate sul centrodestra. I sondaggi oggi danno Nuova Democrazia al 34-36% contro il 28-31% di Syriza: tutto può ancora succedere.
Turchia, Erdogan per il sorpasso su Ataturk
Tra i leader più attesi anche Recep Tayyip Erdogan, che nell’anno del centenario della repubblica turca in primavera vorrà la riconferma quinquennale alla presidenza per poter chiudere ogni dualismo con Mustafa Kemal Ataturk e incidere il suo nome nella storia del Paese.
Erdogan se la vedrà con i kemalisti del Chp, nazionalisti laici e desiderosi di approfittare dei problemi strutturali del suo governo: inflazione, crisi economica, recessione, perdita di consensi del governo nella metropoli più importante del Paese, Istanbul, e nella capitale Ankara.
Muharrem İnce, sfidante di Erdogan nel 2018, è in corsa. Ma i kemalisti hanno messo ancora in campo le loro critiche a Erdogan senza scegliere un candidato esplicito. Il favorito potrebbe essere Kemal Kılıçdaroğlu, capo del partito dal 2010 e già vicepresidente dell’Internazionale Socialista.
Polonia, elezioni all’ombra della guerra d’Ucraina
In ottobre andrà al voto la Polonia, Paese in cui Diritto e Giustizia vuole diventare la prima forza politica dopo la fine del comunismo a consolidarsi al potere per tre legislature di fila. PiS governa dal 2015: i cattolici, conservatori e nazionalisti di destra del premier Mateusz Morawiecki e del leader Jaroslaw Kaczynski hanno messo in campo tutto il massimo del loro armamentario politico nel 2022 sdoganando la rivalità a tutto campo con la Russia dopo l’invasione dell’Ucraina.
A inizio dicembre per la prima volta un sondaggio ha dato quattro punti di vantaggio sul PiS a Coalizione Civica, gruppo di partiti guidato da Piattaforma Civica dell’ex premier Donald Tusk che va dal centro al centro-destra. Queste forze puntano sul rifiuto del “settarismo” di cui accusano il PiS, ultra-conservatore soprattutto su diritti civili, aborto e Lgbt e sostanzialmente anti-europeista in nome della difesa dell’alleanza con Washington. Ma nella media le rilevazioni danno il PiS avanti, seppur non più coi vantaggi in doppia cifra di mesi fa.
Baviera, un test per Scholz e la Germania che verrà
Quinta e ultima elezione di peso è quella della più importante autorità locale dell’Europa continentale: il governo del Lander della Baviera, “Stato nello Stato” in Germania ove da decenni governa la Csu, gemella di Monaco della Cdu, il partito di Angela Merkel di orientamento democratico-cattolico. Una filiale più conservatrice della Cdu nazionale ma che nel 2018 ha ceduto in parte terreno, scendendo sotto il 40% per la prima volta dalla riunificazione del Paese. Markus Soder è stato comunque eletto governatore.
Il test bavarese nel voto dell’8 ottobre sarà decisivo sia per la Csu-Cdu, che capirà l’attrattività della componente più conservatrice del centrodestra tornato di opposizione, che per il governo di Olaf Scholz guidato dai socialdemocratici Spd e allargato a Verdi e Liberali. Col 17,6%, nel 2018, i Verdi fecero un vero boom nel Lander bavarese: qualora dovessero confermarsi su queste cifre in un territorio a loro a lungo ostile potrebbero dirsi capaci di giocare a lungo un ruolo nazionale. E se restassero seconda forza allargando il divario con l’Spd, sceso sotto il 10% nel Lander cinque anni fa, aumenterebbero il loro potere negoziale a Berlino. Come del resto già i sondaggi nazionali lasciano intendere stia accadendo.
FONTE: https://insideover.ilgiornale.it/politica/le-cinque-elezioni-da-guardare-nel-2023.html
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