Nord Stream si guasta, il prezzo del gas europeo vola, le utilities del Vecchio Continente crollano trascinando le Borse, l’incertezza aumenta e nel pieno della “guerra” economica, psicologica e diplomatica sull’energia tra Russia e Occidente riparte la querelle politica.
Il caso Nord Stream si è aperto lunedì sera quando le autorità danesi hanno parlato di una “pericolosa” fuoriuscita di gas imponendo un blocco ai traffici aerei e marittimi attorno all’isola di Bornholm, a Nord-Est e a Sud-Est della quale sono state rilevate le perdite. “La perdita è pericolosa”, si legge in un avvertimento dei marinai dell’Autorità marittima danese emanato il giorno stesso. Il quotidiano tedesco Tagespiegel, il calo di pressione si starebbe verificando in tre delle quattro tubature che compongono i due gasdotti e che si trovano a 60-70 metri di profondità, a un livello sotto la superficie quindi facilmente abbordabile per un’operazione di questo tipo. Le perdite di gas, fotografate nella giornata del 27 settembre da un caccia F-16 di Copenhagen, sono chiaramente visibili come una grande chiazza bianca che arriva alla superficie del mare.
La Polonia attacca la Russia
La Russia non esclude sabotaggi: “C’è un qualche tipo di distruzione della linea, e prima che ci siano i risultati dei controlli, non possiamo escludere in alcun modo nessuna causa”, ha sottolineato il Cremlino per bocca di Dmitry Peskov, portavoce del Cremlino.
Ma anche l’Europa inizia a ammettere come possibile l’eventualità e per bocca del primo ministro polacco dà la colpa a Mosca. Per Mateusz Morawiecki non ci sono dubbi e le perdite di gas registrate lungo i gasdotti Nord Stream 1 e Nord Stream 2 sono frutto di un’azione volontaria: “Non sappiamo oggi tutti i dettagli di ciò che è avvenuto, ma vediamo chiaramente che c’è stato un atto di sabotaggio”, ha affermato il premier del partito Diritto e Giustizia a Goleniów, vicino Szczecin, durante la cerimonia di inaugurazione del nuovo gasdotto Baltic Pipe. “L’atto di sabotaggio è probabilmente il nuovo livello di escalation che ci troviamo davanti con la crisi ucraina”, ha aggiunto. Parole, queste, che sono apparse musica per le orecchie dell’Ucraina invasa, che ha usato toni simili: le perdite dei gasdotti Nord Stream nel Mar Baltico sono il risultato di “un attacco terroristico pianificato” da Mosca “contro l’Unione Europea”, ha affermato su Twitter Mykhailo Podoliak, consigliere del presidente Zelensky.
Morawiecki lascia intendere che la mossa possa essere voluta per aumentare la pressione sull’Europa per la riduzione delle forniture, far pesare ulteriormente la mancanza di energia al Vecchio Continente, stringere i Paesi rivali in una morsa. E parla non solo con la libertà di chi, avendo subito il bando delle esportazioni russe di gas, non deve temere ulteriori ritorsioni ma anche con la leggerezza di chi anche in futuro sa di non dover sottostare a ricatti: la Polonia con Norvegia e Danimarca inaugurando Baltic Pipe si è dotata gasdotto strategico che consentirà a Varsavia di diventare alla fine completamente indipendente dalle consegne russe. “Oggi apriamo questo gasdotto che era un sogno polacco”, ha affermato il presidente polacco Andrzej Duda in occasione del lancio di Baltic Pipe, che ha una capacità di 10 miliardi di metri cubi di gas all’anno.
Ue cauta, Nato all’erta, Danimarca e Svezia in trincea
Più tiepida invece la posizione dell’Unione Europea, con la Commissione Ue che ha dichiarato essere “prematuro speculare sulle cause”. Dopo il “congelamento” di Nord Stream 2 imposto dallo scoppio della guerra in Ucraina e in seguito alla chiusura dei rubinetti di Nord Stream 1 da parte di Mosca, nessuno dei due gasdotti trasporta attualmente gas naturale verso l’Europa e questo aumenta la fragilità degli approvvigionamenti. Bruxelles prova a gettare acqua sul fuoco schierando Tim McPhie, portavoce dell’esecutivo Ue, che è intervenuto spiegando che l’Ue sta monitorando la situazione e sottolineando che “non c’è alcun impatto sulla sicurezza”.
Di sicurezza discutono anche due delle nazioni maggiormente attenzionate, Danimarca e Svezia. Dopo il caso Bornholm, Stoccolma ha aggiunto dettagli nella giornata odierna, affermando che due esplosioni sottomarine sono state registrate nell’area dove sono avvenute perdite di gas dal Nord Stream 1 e 2. Lo ha reso noto l’istituto per il monitoraggio sismico della Svezia, l’Snsn. “Non ci sono dubbi che queste siano esplosioni”, ha detto il direttore dell’Snsn, Bjorn Lund, all’emittente svedese “Svt”.
Un’esplosione ha avuto una magnitudo di 2,3 ed è stata registrata da dozzine di stazioni di monitoraggio nel sud della Svezia, ha affermato Lund.
Varie riunioni di emergenza per la gestione delle crisi sono state convocate in Danimarca e in Svezia dopo la scoperta di fughe di gas lungo la tratta off shore del gasdotto. La ministra degli Esteri svedese, Ann Linde, in contatto con l’omologo danese Jeppe Kofod, ha spiegato, in una intervista ad Aftonbladet, che a Stoccolma prenderanno parte alla riunione diversi ministri e direttori di agenzie del governo. “Non voglio fare speculazioni su quello che è accaduto. Bisogna capirlo con certezza e come influisce sulla nostra sicurezza”, ha affermato. Riunioni sono in corso anche in Danimarca, ha confermato Kofod dopo aver preso parte a un incontro alla Commissione esteri del Parlamento.
Diretto il confronto con l’Alleanza Atlantica. “La Nato sta monitorando attentamente la situazione nel Mar Baltico. Gli alleati stanno esaminando le circostanze delle fughe di gas e scambiando informazioni, anche con Finlandia e Svezia”, fa sapere un funzionario dell’Alleanza Atlantica sentito dall’Ansa in riferimento alle perdite di gas.
Un caso di difficile interpretazione
In quest’ottica la questione si presta a diverse analisi. In primo luogo, si nota l’imprevedibilità di uno scenario ove manca la pistola fumante e in cui si può aprire una battaglia di accuse di tutti contro tutti nel quadro di un contesto totalmente asimmetrico. Se sabotaggio è stato, la mano è ignota. E sicuramente bisogna tenere conto della complessità che una mossa del tipo avrebbe imposto.
Ma al contempo viene sempre da chiedersi: cui prodest? Per che motivo oggi pensare a una politica di sabotaggio del gasdotto baltico? Perché immaginare che possa esser stata responsabile la Russia, che offrirebbe così l’ennesimo gancio per esser definita irresponsabile e provocatoria nelle relazioni internazionali? O qualsiasi Paese europeo, che si tirerebbe la zappa sui piedi in una fase di acuta crisi energetica in cui la dipendenza da Mosca non è rotta?
La posizione polacca sulla possibile manovra di provocazione russa è in tal senso comprensibile. Negli anni passati il governo polacco è stato il più feroce critico della realizzazione di Nord Stream 2, gasdotto originariamente volto a moltiplicare il flusso di gas dalla Russia all’Europa, ed in particolare alla Germania, dichiarando a più riprese di temere che la dipendenza energetica sarebbe stata usata dal Cremlino come uno strumento di influenza e ricatto politico. Dunque accelerare sullo sganciamento da Mosca dell’Europa è obiettivo strategico per Varsavia. Ma per Mosca questo guasto oggi è più un problema che una fonte di vantaggi politici, dato che apre a una possibile nuova fase di sganciamenti energetici e al venire meno di preziosi introiti che aiutano a rinsanguare un bilancio fattosi anemico. Ad ora non vediamo dunque motivi per individuare nel sabotaggio un’ipotesi preferibile a un guasto. Ma c’è un appunto fondamentale da fare: l’ennesimo problema del Nord Stream serve a far comprendere che la sicurezza è un investimento, non un costo, che bisogna programmare e che non sempre l’energia a miglior prezzo è quella che alla fine costa meno in termini politici ma anche economici.
FONTE: https://it.insideover.com/senza-categoria/lombra-del-sabotaggio-sul-guasto-di-nord-stream.html
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