Come da pronostico, il centro destra ha vinto le elezioni del 25 settembre e ora aspetta una chiamata dal Quirinale per mettere le mani, oltre che sul Parlamento dei prossimi cinque anni, anche su Palazzo Chigi. Con il 44% dei consensi, la coalizione guidata da Fratelli d’Italia ha conquistato la maggioranza assoluta (ma non quella dei due terzi) sia alla Camera sia al Senato, sbaragliando la concorrenza, se mai ce n’è stata una. Il centro sinistra si è fermato, infatti, alle soglie del 27%, con il Pd al 19%. La coalizione è stata battuta, oltre che dalla destra, anche dall’altro protagonista delle ultime elezioni: l’astensionismo. Un avente diritto al voto su tre ha infatti deciso di non votare e l’affluenza si è fermata al 63,95%, il dato peggiore della storia repubblicana.
«Dagli italiani arriva un’indicazione chiara per un governo di centrodestra a guida Fratelli d’Italia», dichiara Giorgia Meloni dopo aver saputo i primi risultati delle urne. Il suo partito ha trainato, con il 26,3% dei consensi, la coalizione, con Forza Italia e Lega fermi rispettivamente all’8% e al 9%. Un tonfo rumoroso per Matteo Salvini, che durante le elezioni aveva dichiarato: «La Lega sarà la prima, seconda o terza forza». I risultati hanno invece rivelato lo stato di salute del partito, passato in quattro anni dal 17,5% dei consensi al 9%. Gli elettori non avranno perdonato le promesse mancate e il trasformismo politico di Salvini, che dovrà così accontentarsi di un ruolo secondario all’ombra di Giorgia Meloni. Male anche Noi moderati che non raggiunge l’1% e fa disperdere i voti. Le ultime proiezioni – ancora non definitive – parlano di un centro destra con 240 seggi (su 400) alla Camera e 123 (su 206) al Senato. Raggiunta dunque la maggioranza assoluta ma non quella dei due terzi, necessaria per cambiare la Costituzione bypassando il referendum popolare.
Il centro sinistra non ha tenuto il passo della coalizione guidata da Fratelli d’Italia andando male ovunque, persino nei “fortini rossi” di Toscana (3 collegi uninominali su 13) ed Emilia-Romagna. A poche ore dalle votazioni, si contano così i danni: con la soglia psicologica del 20% lontana, la segreteria di Enrico Letta è a rischio; +Europa non ha raggiunto lo sbarramento ed Emma Bonino ha perso nell’uninominale di Roma, non afferrando (così come Luigi di Maio) il seggio in Parlamento. L’obiettivo del 3% è stato raggiunto dai Verdi-Sinistra Italiana: un risultato che passa comunque in secondo piano rispetto all’andamento generale della coalizione. I voti persi dal centro sinistra hanno arricchito, invece, il bottino di Azione-Italia Viva (7,8%) e M5S (15%), due delle sorprese di queste elezioni. Il partito guidato da Giuseppe Conte ha registrato risultati migliori rispetto ai pronostici, soprattutto al Sud, ricalcando (seppur in modo lieve) il sentiero che nel 2018 lo portò all’exploit. Infine, hanno chiuso in negativo i partiti “anti-sistema”, lontani dallo sbarramento fissato al 3% dalla legge elettorale. Italexit si è fermato al 2%, mentre Unione Popolare e Italia Sovrana e Popolare non hanno superato l’1,5%. Più staccato Vita, fermo allo 0,7%.
Ostacoli al diritto al voto – come nei confronti dei fuori sede – e mancanza di fiducia sono i due fenomeni che spiegano la bassa affluenza e quindi l’astensionismo alle elezioni del 25 settembre, dove ha votato il 63,95% degli aventi diritto. Nel 2018 l’allora dato più basso della storia repubblicana parlava di una partecipazione al 73%, lontanissima dai numeri della Prima Repubblica: fino al 1979 l’affluenza è stata superiore al 90%, raggiungendo il picco del 93,39% il 20 giugno 1976.
Astensionismo a parte, le urne parlano di una vittoria schiacciante del centro destra. Per questo motivo Giorgia Meloni non ha timore di essere smentita quando dice che il prossimo governo «sarà a guida Fratelli d’Italia». L’ufficialità , e dunque la formazione del nuovo governo di centro destra, dovrebbe arrivare a metà ottobre, in seguito alle consultazioni del Presidente della Repubblica con i partiti e al completamento delle “procedure parlamentari”. Il 13 ottobre è, infatti, attesa la riunione di entrambe le Camere per la proclamazione dei deputati subentranti e per l’elezione dei presidenti.
Sulla svolta a destra dell’Italia, confermata alle urne, l’Unione Europea aveva dichiarato di “avere i mezzi” per fermarne un’eventuale deriva, come in Polonia o in Ungheria. Uno di questi è sicuramente il PNRR, la cui seconda rata è stata sbloccata nei giorni scorsi con un “avvertimento” alla maggioranza che verrà : la mancata aderenza alla tabella di marcia, e quindi alle riforme imposte da Bruxelles, o al cosiddetto “Stato di diritto” comporterà la sospensione dei fondi.
Commenti
Posta un commento
Partecipa alla discussione